Playlist

Playlist #50: Colapesce e Dimartino olé

– Le uscite discografiche della settimana. La coppia siciliana traduce in spagnolo “Splash” con la complicità dell’astro nascente iberico Rigoberta Bandini
– Le sfide di Cindy Lee e Lynks: l’alter ego del cantautore, chitarrista e drag performer Patrick Flegel scombina ogni sonorità, mentre il misterioso artista mascherato spara contro la Chiesa
– Dopo undici anni, torna Linda Thompson affidando ad altre voci le sue canzoni a causa della malattia che la perseguita. Nuovo brano dei Crowded House, mentre i Water From Your Eyes offrono una valida cover dei Giant Sand
– La svolta di Shabaka. Dalla Puglia un altro interessante cantautore: Cortese. L’etichetta marchigiana Bloody Sound festeggia i primi vent’anni di attività con una raccolta di inediti

“Diamond Jubelee”, Cindy Lee

I suoni arrivano in strane combinazioni; niente è esattamente nel modo in cui li ricordi. Altri frammenti di canzoni, altri segnali emergono come fari lontani sopra una collina, poi scompaiono ancora una volta. O forse questo è Diamond Jubilee, il nuovo album tentacolare e spettacolare di Cindy Lee, è alter ego del cantautore, chitarrista e drag performer Patrick Flegel.

Due ore, 32 canzoni, ognuna come una trasmissione nebbiosa da un mondo sotterraneo rock’n’roll con il suo strascico spettrale di deja vu. Come gran parte del lavoro passato di Lee, il suo centro spirituale è la musica per gruppi femminili, ridotta a una ragazza singola e riflessa attraverso una sala di specchi. Da lì, si estende verso i confini del quadrante radiofonico, e talvolta oltre: il rock classico distorto di Glitz, la discoteca frammentata di Olive Drab, la psichedelia bruciata dalla title track, il synth-pop notturno di GAYBLEVISION

Darling of the Diskoteque suona come Tom Waits e Marc Ribot mascherati da Santo e Johnny; Le Machiniste Fantome come uno spunto da qualche colonna sonora immaginaria di Ennio Morricone per un film sui monaci del IX secolo. Ma anche nella sua mente più idiosincratica, la musica trasmette l’archetipico desiderio del pop. Quasi ogni canzone parla di un amante che se n’è andato, e il sogno che la loro perdita – le notti solitarie al chiaro di luna, la determinazione ad andare avanti, la rassegnazione a oziare per sempre – potrebbe essere romantica quanto l’amore stesso.

“Use It or Lose It”, Lynks

Se segui Lynks da quando hanno fatto irruzione nella scena dei club underground con il loro EP 2020 Smash Hits, Vol.1, avrai un’idea di cosa aspettarti da questo tanto atteso album di debutto: allusioni ironiche e inni pronti per il rave. Dal momento in cui prende il via con Use It or Lose It, diventa chiaro che il misterioso artista mascherato – che non mostra mai il suo volto e preferisce non rivelare il nome del suo governo – non è qui per calpestare i gusci d’uovo. Si distinguono testi spiritosi come I put the ass in blasphemy e Romance ist dead, it’s in a coma / I’m just a dog out, tryingna get a boner. Portano lo stesso fascino sfacciato e la stessa carica sessuale. Tuttavia, è errato riassumere l’album come una versione più forte di ciò che abbiamo già visto da Lynks. Abomination rivela nuovi aspetti dell’artista londinese.

Man mano che la tracklist progredisce, la nozione sessualmente liberata di Lynks sul gay pride è controbilanciata da un’esplorazione della vergogna queer. Punta un riflettore sulle pressioni sociali affrontate dalla comunità LGBTQ+. In Levitico 18 viene letto per intero un versetto biblico contenente sentimenti anti-queer. «Non pensi che sia un po’ ipocrita, puoi amare tutti gli uomini, ma quando lo faccio è imperdonabile», riflette Lynks, rivolgendosi a Dio, prima di decidere di reinterpretare i loro “peccati” come un distintivo d’onore.

“Teenage Summer”, Crowded House

Da sempre artigiano sopraffino di melodie pop impeccabili e mai banali, tre anni fa Neil Finn era ritornato alla discografia con i suoi Crowded House dopo oltre dieci anni d’assenza. Gli ultimi dei quali passati in tour come membro aggiunto dei Fleetwood Mac. E forse è stato proprio il periodo trascorso a fianco di Lindsay Buckingham a fargli comprendere cosa può succedere quando una nuova generazione scopre una grande “vecchia” band. Conosciuti ai più come gli autori di classici come Something So StrongIt’s Only Natural e Don’t Dream It’s Over (cover di Antonello Venditti compresa), la band australiana si dimostra ancora in grado di concepire canzoni sopraffine come questo singolo che annuncia il nuovo album Gravity Stairs, previsto per il 31 maggio.

“Solitary Traveller”, Linda Thompson featuring Kami Thompson

Linda Thompson ha annunciato che Proxy Music, il suo primo nuovo album da solista da Won’t Be Long Now del 2013, sarà pubblicato il 21 giugno. Il titolo si riferisce al fatto che Linda Thompson non è stata in grado di cantare queste canzoni, a causa di una rara condizione chiamata disfonia spasmodica che ha periodicamente influenzato la sua carriera dai primi anni Ottanta. Invece, i compiti vocali sono gestiti da una serie di ospiti all-star tra cui John Grant, The Proclaimers, The Unthanks, Eliza Carthy, Rufus Wainwright e vari membri della talentuosa famiglia allargata di Thompson. 

Il singolo Solitary Traveller è stato scritto con James Walbourne e cantato dalla figlia Kami Thompson (AKA The Rails). «Non ho una spiegazione per il titolo», dice Thompson. «Non sono mai stata una viaggiatrice solitaria. Ma, se hai molte persone nella tua vita, a volte desideri la solitudine. Al contrario, le persone solitarie spesso bramano la compagnia. È un po’ una dicotomia».

“Insecurities”, Shabaka ft. Moses Sumney

Il sassofono tenore di Shabaka Hutchings appare esattamente una volta in Perceive Its Beauty, Acknowledge Its Grace. Soltanto dieci minuti prima della fine dell’album, evocando lo slancio feroce e la grinta della carta vetrata che hanno alimentato band amate come Sons of Kemet, Comet Is Coming e Shabaka and the Ancestors, e hanno contribuito a renderlo uno dei musicisti jazz più celebri dell’ultimo decennio. Ma Shabaka, che ora si presenta solo con il nome, per il resto del disco mantiene fede alla promessa che non avrebbe più suonato il suo strumento. Solo che in Perceive Its Beauty, Acknowledge Its Grace – la cui traduzione significa “Percepisci la sua Bellezza, riconosci la sua Grazia” – Shabaka non ha sostituito uno strumento per un altro; invece, ma ha cambiato la sua musica da zero.

Il lavoro precedente di Shabaka mescolava la musica dance ed il jazz. È passato dall’inebriante electro-funk dei Comet Is Coming ai potenti groove afro-caraibbi dei Sons of Kemet fino allo scambio intercontinentale riccamente stratificato. Perceive Its Beauty, Acknowledge Its Grace, invece, si concentra sulla tranquillità, su un senso di comunione meditativa con una varietà di cantanti e strumentisti ospiti. Shabaka non è l’unico musicista a pensare in questo senso ultimamente. New Blue Sun, l’album di André 3000, che presentava un cameo Shabaka, ha segnalato l’arrivo mainstream di un’onda che si è accumulata costantemente nell’ultimo decennio o giù di lì in cui vari suoni di ricerca degli anni Settanta – da Alice Coltrane e Pharoah Sanders a Steve Reich, Brian Eno – hanno fluttuato influenzando artisti che lavorano nel jazz e intorno al jazz, musica elettronica e altro ancora.

“Warm Storm”, Water From Your Eyes

Valida rilettura di un brano dei Giant Sand da parte de duo di Brooklyn che si è messo in luce per le sue posizioni anti-capitaliste e le crociate per la difesa dell’ambiente, come nel caso di questa cover che parla di una tempesta di caldo in arrivo, ben rappresentata da scariche di chitarre elettriche alternate a sognanti miraggi desertici.

“Splash (màs que mares)”, Colapesce, Dimartino ft. Rigoberta Bandini

Dopo il travolgente successo in Italia di Splash – certificato Disco di Platino e segnalato da Rolling Stone Italia come “miglior brano italiano del 2023” – Colapesce Dimartino arrivano in Spagna con una nuova versione del brano in collaborazione con la cantautrice Rigoberta Bandini, astro nascente del panorama musicale spagnolo.

Per i due cantautori è il secondo brano a varcare i confini italiani, dopo lo straordinario successo di Mùsica Ligera, reinterpretata da Ana Mena e diventata una hit internazionale vincendo ai Los 40 Music Awards 2022 come “Migliore canzone nella categoria Spagna” e conquistando la certificazione spagnola del Doppio Disco di platino. 

“SPID”, Cortese

Una interessante proposta dall’etichetta Indaco Records con questa romantica ballata indie-pop del cantautore pugliese Cortese. Tanto affascinante quanto impenetrabile è la mente della persona a cui è dedicato il brano, dichiarazione d’amore esplicita e ostinata alla ricerca di un qualche codice, una verifica a due fattori o un hacker per riuscire ad entrare in quel cervello come fosse una macchina digitale e decodificarne le informazioni per rivelarne le emozioni e i sentimenti. La location in cui si svolge la storia, come spesso accade nelle canzoni di Cortese che raccontano il suo vissuto, è un posto della notte, questa volta un vecchio bar aperto 24 ore, a pochi chilometri dal mare. 

«La notte per me è sempre stata il tempo ideale per la poesia, un tempo sospeso, nascosto, aspettato per tutto il resto della giornata», spiega il cantautore pugliese. «D’altronde questa canzone parla di un amore che sboccia a notte inoltrata e fiorisce all’alba. Un “ti amo” detto di notte è più magico perché più vicino alla dimensione del sogno, è come dirlo per la prima volta in una canzone che ti svegli il giorno dopo ancora stordito, poco consapevole delle conseguenze di ciò che hai detto ma fiero di averlo fatto».

“Sound Bloody Sound”, Artisti Vari

È la raccolta di inediti per i vent’anni di Bloody Sound, etichetta indipendente marchigiana. Riprende il titolo della prima compilation diffusa dall’etichetta nel 2004, quando ancora operava in forma di fanzine, con lo scopo – poi raggiunto con slancio – di favorire lo sviluppo di una “scena” nel proprio territorio. Oggi, se possibile più di allora, l’etichetta vuole affermare quanto sia importante innamorarsi di ciò che rielabora il canone e sfugge alle definizioni, puntando tutto su qualità e attitudine.

Inoltre, è l’occasione per festeggiare un traguardo importante, una sintesi di quello che è Bloody Sound oggi e per fornire una fotografia dello stato dell’arte dell’underground nazionale, declinato nelle sue molteplici forme: dalla furia noise-core dei Lleroy alle affascinanti trame psichedeliche di Kaouenn e del duo Mattia Coletti / Marco Bernacchia, dal travolgente garage dei CUT e Terenzio Tacchini alle sintetiche atmosfere di Loris Cericola, dalle bordate elettriche di Zolle e Heat Fandango all’alternative-rap di Esseforte, passando per l’avant-folk di Bruno Dorella, le ambientazioni globalgroove dei Māyā e il post-punk psichedelico dei Sapore fino alla schizzata elettronica di Saturday Night Dengue e Tonto. Insomma, ce n’è per tutti i gusti in questi intensi quattordici brani inediti.

Dichiara la label: ‹‹La raccolta è curata da Daniele Nando Luconi e Nicola Amici. È una selezione parziale ma rappresentativa degli artisti con cui Bloody Sound ha avuto il privilegio di collaborare nel corso di questi venti anni e con cui continuerà a collaborare nei prossimi venti e oltre. Ci sarebbe piaciuto averli tutti in questa compilation, ma, per ovvi motivi, non è stato possibile. Il ringraziamento va a tutte le fantastiche persone che hanno reso unica questa avventura sin dai primi giorni e che hanno condiviso con noi un percorso fatto di dedizione, appartenenza e crescita. Ancora una volta, la vostra passione è la nostra benzina».

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