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Minino Garay fra poesia, tango y jazz

– Il musicista argentino con base a Parigi porta in Italia il suo progetto “Speaking Tango”: il 12 e 13 aprile a Roma, il 17 a Catania ed il 18 a Palermo
– Il percussionista ha trasposto nella sua “salsa” il movimento “Spoken Words” dei Last Poets, le tradizioni ritmiche del suo Paese e il suo gusto per il jazz
– «Ci sono testi a volte antichi, altri moderni, li tolgo un po’ dal loro contesto e li “musicalizzo” improvvisando. Ne ho co-composto e co-scritto alcuni»

Gabriel “Minino” Garay è un musicista indipendente argentino con base a Parigi ma sempre in giro per il mondo. Una vita a zigzag, imprevedibile. Nell’epicentro o ai margini del jazz e della world music, in quartetto o solista di prestigio, una versatilità che consente ai suoi tamburi di unirsi a musicisti di diversi generi. Ovunque nel mondo si trovi, sicuramente suona una percussione, suonano tamburi, una scatola e qualche melodia originale, pazza e ballerina. 

Nato 58 anni fa nel quartiere cordovano di Ayacucho, è sinonimo di musica in movimento, per il suo alternarsi tra tutti i ritmi possibili e tutte le epoche. Negli ultimi anni ha dato vita a un progetto originale, lo Speaking Tango, che riassume più di vent’anni di ricerca ed esperienze. Una forma di poesia recitata sullo sfondo di beat e improvvisazioni strumentali, antenato dello slam ed erede delle esplosioni degli Last Poets o di Gil Scott-Heron.

Speaking Tango ha viaggiato da Parigi a Buenos Aires, Rosario e Córdoba, oltre ad alcune zapadas nelle ridotte della capitale, e adesso arriva in Italia venerdì 12 e sabato 13 aprile all’Alexanderplatz Jazz Club di Roma, mercoledì 17 al Teatro Metropolitan ospite della rassegna Catania Jazz e l’indomani, giovedì 18, al Golden di Palermo per Nomos Jazz. 

«Speaking Tango è nato ventidue anni fa mentre ero a New York con un pianista francese», racconta Garay. «Quel pianista ha invitato una cantante americana di nome Dana Bryant, che ha iniziato a declamare, a recitare testi. Lì è stata la prima volta che ho sentito qualcosa del genere, poi ho iniziato a risponderle con testi che conoscevo a memoria. Il pianista mi ha detto che gli era piaciuto quello che avevo fatto. Lì nasce la prima idea, quella di registrare con la cantante. Lei viene da un movimento chiamato “Spoken Words”, nato dal cosiddetto “Last Poets”: sono poeti afroamericani che negli anni Settanta che si mescolavano con i musicisti jazz. Questo movimento arriva in Francia, dove chiama “slam”, anche se non si mescola tanto con il jazz». 

Un movimento che il percussionista argentino ha trasposto nella sua “salsa”, mescolando il suo gusto per il jazz e le tradizioni ritmiche argentine, sotto il nome di “Speaking Tango”, titolo scelto per il suo album registrato tra Parigi e Buenos Aires con prestigiosi musicisti. Undici tracce che parlano di amore, di politica, della vita di tutti i giorni, che Minino Garay fa ballare con una voce profonda, tenera, sensuale o allucinata. Le posa, le proietta, le declama o le accarezza con sincerità senza filtro.

«Ho cominciato a mettere uno o due titoli di poesia parlata su ciascuno dei miei album. Questo è interamente dedicato allo “Speaking Tango”. Ci sono testi a volte antichi come No Son Los Muertos, del poeta spagnolo Gustavo Adolfo Bécquer, che risale al XIX secolo o quello dell’argentino Baldomero Fernandez Moreno En Lo Mas Profundo de Ella. Testi più recenti di autori come Adriana Cattanio o Eduardo Torezani. Li tolgo un po’ dal loro contesto e li “musicalizzo” improvvisando su ritmi di tango e jazz, con alcune onomatopee. Io stesso ho co-composto e co-scritto alcuni titoli».

All’album ha lavorato insieme alla madre Nury Taborda, che «è una letteraria. È stata professoressa all’università. Mi ha fatto conoscere un certo numero di poeti. Ha scritto due testi e abbiamo lavorato insieme su altri tre titoli. Ha persino co-firmato Boca con Boca con la mia compagna Alex Pandev che fa anche le voci nell’album».

Con Speaking Tango, Minino Garay cerca di dare un’immagine più contemporanea al tango che alcuni ritengono un po’ obsoleto. «Spero di raggiungere le giovani generazioni, come avrei voluto che mi fossero venuti a scoprire quando avevo vent’anni…».

Gabriel “Minino” Garay (batteria e voce) sarà affiancato sul palco da tre musicisti e due tangueros: Manu Codjia (chitarra), Cédric Hanriot (piano), Christophe Wallemme (contrabbasso), Maria Belem Giachello (danza, voce) e Sebastian Jimenez (danza).

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