Disco

La macabra danza dei Duran Duran

Esce il nuovo album: 13 tracce – anche il numero è inquietante – fra brani originali e alcune cover appropriate al tema horror. Ma non tutto fila liscio
Simon Le Bon: «È una folle festa di Halloween», alla quale partecipa anche Victoria DeAngelis dei Måneskin in “Psycho Killer” dei Talking Heads
John Taylor: «Mi ricordo quando siamo arrivati a Palermo: eravamo scortatissimi. Non so se per paura della mafia o per altro»
I Duran Duran, a destra John Taylor

«Il vostro Paese è straordinario, anche per l’affetto ed il seguito che ci ha sempre riservato», sorride John Taylor dei Duran Duran. «È vero, in Italia, si può parlare di un fenomeno Duran Duran, che non abbiamo avvertito in altri Paesi. Mi ricordo la tournée quando siamo arrivati a Palermo (nel 1987, nda): eravamo scortatissimi. Non so se per paura della mafia o per altro, ma c’erano poliziotti ovunque, neanche fossimo stati il presidente americano».

Macché mafia, mister Taylor. A quel tempo i Duran Duran erano il mito musicale della generazione dei paninari, idoli per i quali le ragazze facevano autentiche pazzie (Sposerò Simon Le Bon, prometteva un volumetto adolescenziale), e per rintracciare analoga isteria bisognava addirittura risalire ai Beatles. Un fenomeno da settanta milioni di dischi. Come una meteora, sparirono insieme con molti altri protagonisti degli anni Ottanta, fagocitati dalla stessa filosofia dell’immagine (il look, si chiamò da allora). Sembravano destinati a eclissarsi senza lasciare traccia. Non è andata così: i Duran Duran sono usciti vivi dagli anni Ottanta, contrariamente a quando cantavano gli Afterhours di Manuel Agnelli. Sono sopravvissuti a tutto, anche a loro stessi. E adesso si divertono come prima, forse più di prima.  Perché lassù qualcuno li ama. E anche quaggiù.

Cosa resterà di questi anni Ottanta, si domandava parecchio tempo fa Raf. Omar Fantini nel libro Non si esce vivi dagli anni Ottanta fa un lungo elenco, spiegando che se i trentenni di oggi hanno la mania dell’lkea la colpa è di MacGyver, l’uomo che con uno stuzzicadenti riparava un’astronave. Ma anche il tempo ha dato risposte a questo interrogativo: il Mulino bianco, il Calippo, le Timberland e i fuseaux (oggi si chiamano leggings) sono ancora lì, e ancora lì, sul palco, sono pure i Duran Duran, “dei di carta”, divi dell’effimero che importano nella storia della musica contemporanea il motto gattopardiano che «tutto deve cambiare perché tutto resti uguale».

«Per molti siamo stati la fotografia del vuoto cosmico», ricorda il bassista della band, ex sex symbol invidiato per le sue conquiste femminili (dalla top model Helen Christensen all’attuale nota stilista Gela Nash). «I nostri testi hanno raccontato i tempi in cui nascevamo. Gli anni Ottanta erano il disimpegno, oggi viviamo un’epoca dura. Quel che abbiamo in più oggi è la pace e l’equilibrio. Allora eravamo inquieti, smaniosi. Ora sappiamo come maneggiare le cose».

Purtroppo, non sembra così ascoltando Danse Macabre, il nuovo album annunciato come «una folle festa di Halloween» pubblicato alla vigilia della notte di dolcetto o scherzetto? Tredici tracce – anche il numero è inquietante – di brani originali giocosamente scuri e alcune cover legate al tema horror, come Psycho Killer dei Talking Heads e Bury a Frienddi Billie Eilish. 

La copertina

Una versione spettrale di Ghost Town degli Specials sfida le aspettative e funziona davvero. Black Moonlight scivola lungo un sinuoso groove nostalgico – fornito da un riff di chitarra di Nile Rodgers immediatamente riconoscibile – intrecciato con effetti sonori in stile Thriller. Buona anche la versione di Supernature di Cerrone, che rientra nel Dna della band. Ma, per le restanti tracce, non tutto fila liscio. La title track vacilla sull’orlo della stupidità, Spellbound delle Banshees e Psycho Killer di Talking Heads, suonata con il pulsante basso di Victoria DeAngelis dei Måneskin («la più importante bassista elettrica in circolazione in questo momento», secondo John Taylor), sono calate di peso nel suono tipico dei Duran Duran, horror, uno scarabocchio è Paint It Black dei Rolling Stones.

Danse Macabre non è uno spettacolo horror musicale completo. Simon Le Bon, Nick Rhodes, Roger Taylor, John Taylor ed i ritrovati Andy Taylor e Warren Cuccurullo, così come il leggendario Nile Rodgers, dovrebbero attenersi alla propria musica e abbandonare le cover. Halloween può essere l’occasione per fingere di essere qualcun altro, ma i ragazzi di Duran dovrebbero essere solo se stessi.  

2 Comments

  • Daniela Lipari Novembre 1, 2023

    Il finale pessimo è da perfetto giornalista italiano che per farsi leggere mette nel titolo i Måneskin per poi dissacrarli. I giornalisti italiani dovrebbero smetterla di scimmiottare il giornalismo e cominciare a studiare per trovare una nuova dimensione.

  • Cristina Novembre 1, 2023

    Io l’articolo non l’ho finito di leggere. John Niger Taylor era innamorato e aveva una storia con Reneé Simonsen non Helena Christensen (entrambe magnifiche). La Simonsen in quegli anni fece “Sotto il vestito niente” dei Vanzina. Il suo viso su una copertina dei Roxi Music.

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