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La Crus: le nostre “canzoni polietiche”

– Esce “Proteggimi da ciò che voglio”, l’album che segna il ritorno di una delle band che ha fatto la storia del rock italiano negli anni Novanta
– «La sfida è quella di far convivere nelle canzoni due elementi contrastanti: uno sguardo politico e uno poetico»
– Il leader Mauro Ermanno “Jò” Giovanardi, siciliano d’adozione, chiama in rinforzo i quasi conterranei Carmen Consoli, Colapesce e Dimartino
– Un ponte virtuale fra il passato e il presente: «Queste nuove canzoni sono il frutto di lunghe riflessioni e di un sincero amore per la musica»

Anni Novanta. Erano gli anni del walkman riavvolto con la Bic e del floppy disk, del bungee jumping e dei ciucci colorati, di Roberto Baggio e Susanna Messaggio, degli zaini Invicta e delle situation comedy generazionali, da Beverly Hills in giù; gli anni degli Stati Uniti di Clinton e del Sud Africa di Nelson Mandela, dell’omino a cubetti targato Italia ’90 e del Tamagotchi. Anni bui e belligeranti – la Guerra del Golfo, la Strage di Capaci, lo scandalo Mani Pulite –, resi più amari dalle morti di molti miti, da De André a Lucio Battisti, da Sinatra a Kurt Cobain, così come Freddie Mercury e Lady D. Anni in cui si ballava la dance di Corona e si ascoltavano gli Oasis; nascevano le boy band, Take That, Spice Girls e Backstreet Boys, mentre la comparsa dei compact disc segnava la “fine primo tempo” degli album in vinile.

Mauro Ermanno Giovanardi e Cesare Malfatti

In Italia erano gli anni di Max Pezzali che cantava Nord Sud Ovest Est e quelli del Karaoke di Fiorello. Nei garage e nei locali si formavano Afterhours, Cristina Donà, La Crus, Ustmamò, 99 Posse, Scisma, Massimo Volume, Subsonica, C. S. I., Almamegretta, Assalti Frontali, Bluvertigo, Casino Royale, Marlene Kuntz, Mau Mau e altri ancora: tanti nomi, tante proposte dalla differente impronta di genere per soddisfare un pubblico all’epoca particolarmente ricettivo e affamato di novità. 

«Una stagione irripetibile in cui un gruppo di musicisti, me compreso, dopo aver vissuto e imitato certi modelli stranieri, perlopiù anglofoni, ha sentito che era arrivato il momento di parlare al pubblico nella nostra lingua», racconta Mauro Ermanno Giovanardi, il Jò dei La Crus. «Era necessario farsi capire. Scrivere in italiano ed essere credibili. Fu un momento importantissimo, una congiunzione astrale davvero unica. Cambiò tutto nel giro di pochi mesi. C’era la voglia di cercare un dialogo più forte con il pubblico e di affrancarsi da certi cliché».

Una stagione irripetibile quella degli anni Novanta, in cui un gruppo di musicisti, me compreso, dopo aver vissuto e imitato certi modelli stranieri, perlopiù anglofoni, ha sentito che era arrivato il momento di parlare al pubblico nella nostra lingua. Era necessario farsi capire. Scrivere in italiano ed essere credibili. Fu un momento importantissimo, una congiunzione astrale davvero unica. Cambiò tutto nel giro di pochi mesi. C’era la voglia di cercare un dialogo più forte con il pubblico e di affrancarsi da certi cliché

Mauro Ermanno “Jò” Giovanardi

Il successo dei Litfiba e il clamoroso exploit internazionale dei Nirvana convinsero le multinazionali del disco a prestare ascolto alla musica alternativa, fino ad allora sostenuta esclusivamente dalle etichette indipendenti (dalla Vox Pop al Consorzio Produttori Indipendenti, alla catanese Cyclope di Francesco Virlinzi o alla Mescal).

«Tutto questo creò un effetto deflagrante», continua Giovanardi. «Da qualche centinaio di persone, in brevissimo tempo diventarono migliaia che cantavano insieme a noi le nostre paure e i nostri sogni. Un’esperienza pazzesca. Io la chiamo l’“età dell’oro”. Il quinquennio che va dal 1994 al ‘99. E per chi l’ha vissuto in prima persona, (sentimentalismi, retorica, e nostalgie revivalistiche vietate), è stata per davvero una figata. C’era il pubblico, c’erano i club, possibilità economiche, c’erano ancora tutte le Majors, c’era voglia di cambiamento, e soprattutto non erano ancora arrivati Internet, Spotify, social e tutto quello che è successo dopo questa rivoluzione epocale. In poco tempo la musica alternativa stava occupando tutti gli spazi della discografia ufficiale, arrivando persino prima in classifica con i C.S.I.».

La cover dell’album

C’è un po’ di nostalgia nelle parole dell’ex voce dei La Crus nel ricordare quell’avventura, che ha raccontato in musica con La mia generazione – album nel quale rilegge alla sua maniera alcuni brani storici di Afterhours, Marlene Kunz, Subsonica, Neffa, Casinò Royale e tanti altri, accompagnandosi anche con alcuni protagonisti di quella stagione – e che adesso tenta di far rivivere riprendendo il viaggio con i La Crus ma in veste contemporanea. Proteggimi da ciò che voglio è il titolo dell’album che segna il ritorno dei La Crus. 

L’ultima volta era stata una gelida sera di dicembre nel 2008. Era un concerto al Teatro degli Arcimboldi di Milano intitolato A Milano non fa freddo: l’addio dopo quindici anni di musica condivisa, di Mauro Ermanno Giovanardi, Cesare Malfatti e Alessandro Cremonesi. A quindici anni di distanza da quella sera i La Crus avevano deciso di tornare. Una reunion che forse non susciterà lo stesso clamore di quella dei CCCP, ma la loro storia è stata importante nell’evoluzione della scena rock italiana. Il loro stile, che combina le basi classiche del cantautorato con un sound che sfrutta le tecnologie del campionamento e dell’elettronica, ha influenzato molti artisti e ha fatto dei La Crus una band di culto.

«Niente nostalgia», tengono a sottolineare. Anche se la seconda vita dei La Crus comincia con la rilettura Io Confesso, il brano che portarono anche al Festival di Sanremo nel 2011, questa volta insieme a Carmen Consoli. «Di quel brano esisteva già una versione con Carmen fatta nel luglio 2010, poi mai pubblicata», rivela Giovanardi. «Quando abbiamo deciso di rifarlo, ma in una versione completamente nuova, per me è stato naturale chiamarla». 

Conosco Colapesce da ancor prima che iniziasse a cantare. Quando neanche diciottenne faceva il dj nei locali più cool e alternativi di Siracusa, che in quegli anni era il mio rifugio, e mi ha sempre detto che “Dentro Me” era il suo disco preferito dei La Crus. Cesare conosce da tempo Dimartino; c’è stima reciproca e sincera tra tutti, ed è stato molto semplice e naturale pensare a loro per fare qualcosa insieme

Mauro Ermanno “Jò” Giovanardi

La “cantantessa” non è l’unica “special guest” in Proteggimi da ciò che voglio: ci sono anche Slavoj Žižek, illuminato filosofo, sociologo e politologo sloveno, e Vasco Brondi che arricchiscono La Rivoluzione. Con Colapesce & Dimartino si viaggia tra passato e presente per una nuova versione di Come Ogni Volta. «Conosco Colapesce da ancor prima che iniziasse a cantare. Quando neanche diciottenne faceva il dj nei locali più cool e alternativi di Siracusa, che in quegli anni era il mio rifugio, e mi ha sempre detto che Dentro Me era il suo disco preferito dei La Crus», dice Mauro Ermanno “Jo” Giovanardi, una volta siracusano d’adozione. «Cesare conosce da tempo Dimartino; c’è stima reciproca e sincera tra tutti, ed è stato molto semplice e naturale pensare a loro per fare qualcosa insieme».

Il disco è basato su quattro pilastri: il suono dei La Crus, la crescita singola negli anni di percorso personale, l’intervento di Matteo Cantaluppi che ha dato contemporaneità ai suoni e la Mescal che ha creduto nel progetto. «Senza un solo elemento di questi non sarebbe stato possibile realizzare Proteggimi da ciò che voglio», sottolinea Giovanardi.

A far superare divergenze di vedute, oltre ai quindici anni di riflessione, la certezza che «la storia dei La Crus è così bella e importante per finire in un progetto che non abbia un fondamento», spiega Giovanardi. «E proprio per questo l’idea era di ricominciare ma solo se le nuove canzoni potevano dare un senso al nostro ritorno. Così è stato e ne siamo felici. Non c’è niente di studiato a tavolino, perché tutti e tre teniamo troppo alle nostre cose per uscire dalla nostra reale dimensione. Siamo sempre stati un “progetto” più che una band, per muoverci in tutte quelle direzioni dove la creatività chiama».

Alex Cremonesi, Giovanardi, Malfatti

Le nuove canzoni sono otto, nate dalla collaborazione di Mauro Ermanno Giovanardi, Cesare Malfatti e Alex Cremonesi con il produttore Matteo Cantaluppi. «Nel disco ricorrono alcune tematiche come quella del tempo, del lavoro, dell’angoscia e dello smarrimento sempre più diffusi, di una libertà illusoria che ci spinge a desiderare cose da cui invece dovremmo proteggerci», spiega Giovanardi. «La sfida è quella di far convivere nelle canzoni due elementi contrastanti: uno sguardo politico e uno poetico, tanto che fra di noi le abbiamo definite con un po’ d’ironia “canzoni polietiche”. Politiche, poetiche e soprattutto etiche». 

Come nel caso di Mangia dormi lavora ripeti, con un incipit quasi funk, forse «l’ultima canzone socialista possibile», commenta Giovanardi. Oppure La pioggia, dove però la componente poetica prevale su quella politica, mentre un’altra che risponde perfettamente alla definizione è Proteggimi da ciò che voglio. «Sperando che chi ci ha seguiti fin dai primi lavori, e in questi lunghi anni di assenza ci ha continuato ad ascoltare, insieme a un nuovo e ipotetico pubblico, possa condividere questa visione, questa crescita e consapevolezza, che possa apprezzare e continuare ad emozionarsi, perché queste nuove canzoni sono il frutto di lunghe riflessioni e di un sincero amore per la musica. Non sappiamo fare altrimenti».

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