Il duo napoletano che fa danzare il mondo sarà il 16 giugno a Palermo e l’indomani a Catania, per tornare in agosto a Milazzo. «È un un luogo dove le persone, le musiche e le lingue si incontrano e si fondono insieme». «Il ritmo è una componente molto importante della nostra musica. Il dialetto napoletano, al contrario della lingua italiana, ha un flusso molto ritmato, soprattutto perché la fine di ogni parola viene tagliata»
Nel 1975 i Napoli Centrale, gruppo fondato da James Senese e Franco Del Prete, pubblicarono il loro album di debutto omonimo su Ricordi Records. Un mix di radici mediterranee e jazz rock, l’album è stato il primo del suo genere a presentare il dialetto napoletano accanto a suoni afroamericani e sarebbe diventato la pietra miliare di un intero sottogenere della musica napoletana. Prende il nome dalla principale stazione ferroviaria di Napoli, Napoli Centrale, e artisti come Pino Daniele, Toni Esposito, Tullio De Piscopo ed Enzo Avitabile si sono poi passati il testimone nel rappresentare l’importanza della città portuale come luogo di incontro culturale: la continua migrazione ha portato con sé collaborazioni incrociate, che hanno creato suoni nuovi e rivoluzionari.
Eredi di quel “suono napoletano”, il “newpolitan sound”, sono i Nu Genea, alias i polistrumentisti Massimo Di Lena e Lucio Aquilina. Hanno raccolto gli insegnamenti di Napoli Centrale, scavando più a fondo nei suoni locali di Napoli e collaborando con musicisti di tutto il mondo. Il loro album di debutto, The Tony Allen Experiments, ha fuso i ritmi afrobeat di Fela Kuti e Africa ‘70 con il jazz, il funk e la disco napoletani ottenendo un successo mondiale. Nuova Napoli, il primo album del duo con la voce, ha ampliato il loro sound a una band completa che comprendeva i migliori musicisti della città. Avidi cercatori di dischi, i due hanno anche portato alla luce innumerevoli gemme napoletane nei mercatini delle pulci di tutta la zona e nel 2018 hanno collaborato con i colleghi selezionatori DNApoli e Famiglia Discocristiana per lanciare Napoli Segreta, una serie di compilation incentrata sul recupero e la ristampa di musica oscura e dimenticata realizzata a Napoli negli anni Settanta e Ottanta.
In questa Napoli città aperta, segreta e internazionale, i Nu Genea hanno aperto Bar Mediterraneo, titolo del loro terzo album, «un luogo dove le persone si incontrano e si fondono insieme; uno spazio immaginario che lascia le sue porte aperte ai viaggiatori e alle loro vite, sempre esposte ai capricci del destino. Parte di questo può essere sperimentato attraverso la moltitudine di suoni che si uniscono nelle tracce, strati di diversi strumenti acustici, voci e sintetizzatori che si fondono in una miscela musicale unica».
«Beh, Napoli essendo una città portuale al centro del Mediterraneo è sempre stata un luogo di scambio culturale e musicale», commenta Lucio Aquilina. «Il dialetto napoletano, il cibo e la musica, sono stati sostanzialmente tutti plasmati dall’incontro con altre culture. Alcune persone dicono che siamo come cani che non sono veramente di una razza pura. Siamo come meticci. Probabilmente avevamo cinque anni quando abbiamo ascoltato per la prima volta disco e funk napoletano, e quella musica è diventata inconsciamente parte del nostro DNA. Tutte le famiglie di Napoli ascoltano Pino Daniele, uno dei pochi musicisti napoletani che ha collaborato anche con personaggi come Chick Corea, Caetano Veloso e altri. Successivamente, abbiamo scoperto quanta musicalità scorreva per le strade di Napoli e abbiamo iniziato a sperimentare fantastiche jam session in cui musicisti provenivano da background diversi, dalla musica classica a quella jazz. Non solo i musicisti appartenevano a generi diversi, ma venivano anche da altri Paesi. Tutti i diversi tipi di musicisti passavano per Napoli per suonare».
Secondo la troupe di Mystic Jungle, che ha girato il mini-doc Napoli Futura, esiste un vero «modo italiano di fare musica».
«Non sappiamo esattamente cosa intendessero i ragazzi di Mystic Jungle nell’intervista, ma probabilmente c’è qualcosa nell’aria… È un po’ come quando si parla di Mediterraneo», dice Massimo Di Lena. «C’è qualcosa che non è veramente spiegabile in termini musicali o qualcosa di tangibile, ma è più l’aria che respiri. Forse è lo stile di vita: mangi certi tipi di cibo, sei vicino al mare, vivi una vita forse un po’ diversa da quella di altri paesi del mondo… e questo, in qualche modo, influenza sicuramente le ispirazioni e il flusso di lavoro durante la realizzazione musica o musica che ascoltiamo quotidianamente. Comunque, facciamo anche “musica da ballo” e il ritmo è una componente molto importante della nostra musica. Il dialetto napoletano, al contrario della lingua italiana, ha un flusso molto ritmato, soprattutto perché la fine di ogni parola viene tagliata. Ad esempio, in italiano diremmo amor e o passione. In napoletano si dice “ammòr” e “passiòn”».
Ma come funziona il napoletano – oltre al francese, il tunisino e quant’altre lingue mettete in campo – con il pubblico tedesco o inglese?
«Alla grande, c’è gente che ci dice che sta imparando il nostro dialetto, anzi la nostra lingua, grazie alle nostre canzoni. In passato ci è successo di trovare in Russia gente che cantava con noi Je vulesse, storpiando le parole, ma mostrando di amare la musicalità, ancor prima del senso, di quello che abbiamo scritto».
Nell’album c’è un numero incredibile di collaboratori.
«C’è Marzuk Mejiri, che è questo pazzo suonatore di flauto ney, cantante e anche suonatore di darbuka. Viene dalla Tunisia, ma ha vissuto a Napoli negli ultimi vent’anni, e ora parla anche un po’ di napoletano, ma è davvero nel suo mondo. La collaborazione è stata così stimolante per noi perché quando collabori con qualcuno dalla Tunisia, ci sono melodie che non saremmo in grado di ricreare da soli. Con Célia Kameni non abbiamo avuto la possibilità di incontrarci di persona perché era ancora durante il Covid. Celia è la cantante diMarechia’. L’abbiamo incontrata a un festival e le abbiamo detto che dovevamo collaborare… Era bravissima a cantare in napoletano. Ha scritto la sua parte in francese e poi Massimo ha fatto alcune lezioni per insegnarle a cantare in vero napoletano. Alla fine è diventato questo miscuglio di francese e napoletano. Questo è un po’ l’obiettivo per noi, far parlare due lingue diverse».
I Nu Genea venerdì 16 giugno saranno headliner del Beat Full Festival di Palermo ai Cantieri culturali alla Zisa e l’indomani, sabato 17 giugno, parteciperanno alla festa per i venticinque anni dei MercatiGenerali a Catania. Per tornare in agosto ospiti del Mish Mash Festival al Castello di Milazzo.