– Martedì 16 aprile nelle sale l’evento “Dark Matter in the Dark”, che consentirà di ascoltare l’album con l’impianto di amplificazione dei cinema
– La band di Eddie Vedder fa marcia indietro e, dopo il più riflessivo e sperimentale “Gigaton”, torna alle origini, alzando il volume delle chitarre
Quando le rockstar con qualche decennio di anzianità pubblicano un nuovo album, spesso lo annunciano ricorrendo a frasi fatte. O dicono che stanno suonando più forte di quanto li abbiate mai sentiti da anni. Oppure che il disco «è molto più pesante di quanto vi aspettereste». Talvolta aggiungono: «Nessuna iperbole… questo è il nostro lavoro migliore». Queste sono alcune affermazioni che i membri dei Pearl Jam, band di rockstar sulla soglia dei sessant’anni, hanno detto prima della pubblicazione del loro dodicesimo album, Dark Matter, che arriva a quasi trentacinque anni dai loro inizi e che uscirà il 19 aprile, preceduto tre giorni prima, il 16, dall’evento Dark Matter in the Dark, che consentirà di ascoltare l’album con l’impianto di amplificazione dei cinema in 21 sale della catena UCI Cinemas (che trovate in questo link: https://pearljam.com/onenightonly/screenings/?country=IT ).
I Pearl Jam hanno superato da tempo il punto di svolta dopo il quale i loro album sono esistiti puramente per la fanbase irriducibile. Il dubbio è nell’individuare il punto più alto della parabola della band. Secondo alcuni coincide con il periodo che va dal leggendario Ten del 1991 a Riot Act del 2002, indicando nel 2006 l’inizio della fase discendente. Altri preferiscono gli anni medi di ricerca dei Pearl Jam compreso il meditativo e ambientalista Gigaton, l’album del 2020 che segnò il ritorno della band dopo sette anni di pausa. Dark Matter sembra nascere proprio in contrapposizione con quell’album. I commenti che la band ha fatto finora hanno un significato implicito: «Se non ti piaceva l’invecchiamento riflessivo dei Pearl Jam in Gigaton, non preoccuparti, abbiamo rialzato il volume delle chitarre».
Come gruppo che si avvicina agli anni del crepuscolo, i Pearl Jam hanno comprensibilmente rallentato l’attività discografica. Ma se quattro anni non sono un breve periodo di tempo fra un album e l’altro, la scrittura e la registrazione effettiva di Dark Matter è avvenuta a rotta di collo rispetto al più meditato Gigaton. Piuttosto che arrangiamenti elaborati e composizioni più spaziose, la band si è affinata su materiale che, pur portando ancora la loro muscolosità caratteristica e la ruvidezza del marchio di fabbrica del produttore Andrew Watt, scorre in modo più sciolto.
Sebbene non risulti così “heavy”, pesante, come ha suggerito il chitarrista Micke McCready, Dark Matter è sicuramente un album rock rinvigorito. I suoi singoli preliminari Dark Matter e Running sembravano prefigurare proprio un album incendiario, pieni come sono di goffi tentativi di mostrare una ferocia passata. Altrove, il concentrarsi sulla potenza della batteria di Matt Cameron e sulla voce immortale di Eddie Vedder si traducono in argomenti convincenti: il brano di apertura Scared Of Fear o Wreckage sono una continuazione del marchio di grandezza dei Pearl Jam. Ecco un’altra cosa che fanno le rockstar che invecchiano: molti brani nuovi ricordano i classici iniziali. Vedi i Rolling Stones di Hackney Diamonds.
I fan più accaniti dei Pearl Jam possono trovare il modo di collegare una canzone come Wreckage a una ballata di Binaural o dell’era Riot Act, ma le sue chitarre autunnali sono uno di quegli elementi che conducono agli anni Novanta. E ci sono piccoli momenti, in tutto Dark Matter, dal ritornello casualmente antemico che Vedder lancia in Got To Givealle percussioni riverberate che aprono Setting Sun, che rimandano a quel periodo. Una delle tracce più sorprendenti dell’album è Waiting For Stevie: sembra provenire dal 1991, iterazione opportunamente alterata dal tempo ma ancora scintillante.
Agli ascolti iniziali, Dark Matter potrebbe sembrare prevedibile o mezzo cotto, come se la sua gestazione fosse stata un po’ troppo veloce. Tuttavia, se il proclama di Vedder che è il loro miglior lavoro è ovviamente sbagliato, Dark Matter ci presenta una band ancora solida. Alcuni sentiranno una rinascita dopo una serie di dischi imperfetti o scoloriti. Altri avvertiranno una pallida ombra di glorie passate. Altri ancora troveranno tutto ciò di cui hanno bisogno: un nuovo album dei Pearl Jam, consegnato mentre si avvicinano al loro atto finale, suonando come nessuno sa fare, tranne loro stessi.