Disco

Eric Andersen, gli 80 anni del “songpoet”

Il compleanno del cantautore americano festeggiato con la pubblicazione di un “live” registrato nel nostro Paese. «Nella mia esperienza il pubblico italiano ha da sempre un debole per i cantautori. Forse non tutti capiranno ogni tua singola parola, ma tutti comprenderanno il sentimento delle canzoni». Sul palco lo storico incontro con la violinista Scarlet Rivera che collaborò con Bob Dylan
La copertina del disco (foto Renzo Chiesa)

Dolce sorpresa, ogni volta che nella mia stanza si aprono le armonie di Eric Andersen, poeta e uomo fra i più intimi e sensibili, creatore di sensazioni tra le più delicate e vere che i cantautori americani ci abbiano mai donato.

E l’artista è ancora lì, dopo ottanta candeline e trentacinque anni di attività, a rincorrere il treno per la gloria con la saggia consapevolezza della propria meravigliosa fragilità che gli continua a procurare soltanto pochi commossi ascoltatori e che non lo ha reso ricco, famoso e corteggiato dall’industria. Pochissimo importa, perché non tutti sono nati per accedere alla parte più illuminata – e spesso gelida – della scena, e solo pochi hanno il grande dono di saper far salire un brivido o far scendere una lacrima con il calore delle proprie parole. A ognuno, poi, la sua scelta: chi compra i dischi artigianali come Foolish Like The Flowers – Live at Spaziomusica, Italy di Eric Andersen cercandoli come rari reperti negli scaffali di eroici negozi di dischi, e chi ascolta sullo smartphone le canzoni di Sanremo. Poco conta se il suo nome non entrerà nelle alte sfere delle classifiche. Va bene così, se non esistesse gente come lui, nella mia vita avrei decisamente fatto un altro mestiere, e forse anch’io adesso scaricherei le canzoni di Marco Mengoni e Lazza.

Negli ultimi anni Eric non è stato certo molto prolifico in quanto a discografia e per pubblicare questo album ha dovuto trovare una etichetta in Italia, la Appaloosa, che ha registrato il concerto tenuto nel 2019 dal cantautore di Pittsburgh in uno dei locali storici per la musica italiana ed internazionale, lo Spaziomusica di Pavia, costretto a chiudere dopo trentacinque anni di attività per una serie di cavilli burocratici. Nove canzoni, raccolte fra il meglio della sua produzione, che nonostante la inevitabile limitatezza di spazio tratteggiano la sua figura di eccellente songwriter e di sensitivo interprete delle sue emozioni.  Dagli esordi folk al fianco di Bob Dylan nei cafés del Greenwich Village verso la metà anni Sessanta con la ballata Dusty Box Car Wall, compresa nel suo disco di debutto, il pregevole Today Is the Highway pubblicato nel 1965, a brani più recenti, come la sorprendente You Can’t Relive the Past, scritta e incisa insieme a Lou Reed, a dimostrazione di come il cantautore di origine norvegese abbia sempre spaziato nei larghi orizzonti della musica contemporanea, senza rimanere relegato nella “comfort zone” dei suoi inizi, come tanti suoi colleghi.

A un periodo piuttosto dimenticato, la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70, appartiene la ballata ispirata dalla musica brasiliana, We Were Foolish Like the Flowers, che dà il titolo al disco. Di nuovo un passo indietro: incisa da dozzine di grandi nomi, ecco Violets of Dawn, visionaria poesia che fece talmente impressione su Leonard Cohen che dopo averla ascoltata decise di darsi alla musica. Hills of Tuscany e Foghorn sono invece tratte da uno dei dischi più belli in assoluto del “songpoet”, quello della maturità completa, Memory Of the Futuredel 1998. Se infine la delicata e straordinaria Under the Shadows, incisa con la figlia Sari, è una testimonianza della sua longevità artistica, non possono mancare due classici dal disco di maggior fama internazionale, Blue River: Sheila e Wind and Sand che proprio alla nascente Sari fu dedicata.

L’età non ha intaccato la voce di Eric, così vellutata e liscia. La sua arte è nello scrivere canzoni delicate e soffuse e nella capacità di saper trasmettere emozioni e sensazioni anche a un pubblico che non mastica inglese. «Nella mia esperienza il pubblico italiano ha da sempre un debole per i cantautori», commenta Andersen. «Forse non tutti capiranno ogni tua singola parola, ma tutti comprenderanno il sentimento delle canzoni! Sono onorato di essere stato invitato a condividere le mie in questa terra meravigliosa. E ringrazio le persone splendide che hanno contribuito all’uscita di questo album».

Eric Andersen, 80 anni il 14 febbraio, e la violinista Scarlet Rivera (foto di Paolo Brillo)
La band: Eric Andersen seduto, alla sua destra Scarlet Rivera, a sinistra la moglie Inge. E poi Paolo Ercoli (il primo a sinistra) e Cheryl Prashkter (foto Paolo Brillo)

Al suo fianco ritroviamo Scarlet Rivera, “The Queen of Swords”, la violinista zigana che diede a Bob Dylan un sound, newyorchese come Eric. Più di quarant’anni dopo i due sono sullo stesso palcoscenico. Si erano incontrati di persona per la prima volta quando Scarlet si recò a un concerto di Eric a Los Angeles. Affascinata da quanto aveva sentito e visto, espresse il desiderio di collaborare con lui, se ci fosse stata l’occasione. «Non l’avevo mai incontrata prima e non conoscevo la sua musica, ma capii che era davvero brava», racconta Andersen. «Ero alla ricerca di un altro violinista dopo la fine delle proficue collaborazioni con Michele Gazich e Joyce Andersen. Così abbiamo deciso di fare alcuni spettacoli insieme. Alla gente piacquero molto. Di lei amai subito i toni profondi che sa far scaturire dal suo violino». Nella stessa formazione la moglie Inge Andersen, olandese, alla seconda voce e ai cori; la percussionista canadese Cheryl Prashker; l’eccellente suonatore di dobro Paolo Ercoli, italiano.

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