– L’EP di debutto del duo composto da Stefano Greco e Govind Singh Khurana distorce, trasforma, aggiorna, contamina in una esplorazione tra le pieghe della world music
– «Si tratta di un viaggio attraverso un tropico immaginario, dove l’energia primordiale delle sonorità tribali e i field recordings si incontrano sul dancefloor»
Distropical come distopico. Ma anche distorsione. O, ancora, disco. È tutto questo e oltre il duo di produttori/DJ composto da Stefano Greco e Govind Singh Khurana. «Si tratta di un viaggio attraverso un tropico immaginario, dove l’energia primordiale delle sonorità tribali e i field recordings si incontrano sul dancefloor», spiegano. È musica etnica per anime apolidi. È world music per altri mondi possibili.
Il viaggio lungo le vie delle musiche possibili comincia dal deserto, con Astral Langur: richiami tribali, un ritmo trascinante in 3/4, e strumenti tradizionali che si trasformano in elettronica. Sembra di avvertire anche qualche eco di Bollywood, forse perché influenzati dalla presenza di Govind Singh Khurana. Che si affretta a smentire: «È sicuramente uno dei nostri obiettivi, ma ancora troppo presto. La musica è molto complessa. Noi siamo degli europei in viaggio in un panorama sonoro tropicale».
Birds Of Toi è l’attraversamento di una giungla alla ricerca di un rave, che la traccia successiva, Jaguaarundi, completa con sonorità di strumenti a corda costruiti con materiali di recupero ed elettronica da club portandoci sulla pista di una fantomatica discoteca di Ibiza. «Jaguaarundi prende un nome da un felino: è la fascinazione di lavorare sugli animali, su un bestiario medievale, che è qualcosa di distopico e, nello stesso tempo, futuristico», spiega Govind.
Quello dei Distropical è un disco destinato alla danza, trance, tribale, fra electro, deep, nomad house. Nel quale, tuttavia, l’elemento umano continua ad avere un ruolo importante. L’elettronica dei Distropical non è invasiva, è come un velo ambient permeabile alle musiche che dal mondo evaporano e sul mondo piovono, dense. Questo effetto entropico, paesaggistico e meteorologico viene reso secondo una struttura ad eco apparentemente disorganizzata. È uno scambio simbiotico fra tradizione e tecnologia, fra passato e futuro, che conserva in sé qualcosa di sciamanico e vocazionale. Un’immersione in un Gange di suoni atavici che la Distropical distorce, trasforma, aggiorna, contamina in questo straordinario viaggio tra le pieghe della world music.
In Crabitation, ad esempio, è l’elemento umano e percussivo, con le sue irregolarità, a creare un groove a cui l’elettronica si piega. «L’elettronica non è diritta», spiega Govind. «Segue il beat, le imperfezioni dell’elemento umano vengono trasferite nell’elettronica. Dalla tradizione all’elettronica e viceversa, in uno scambio continuo di riferimenti ritmici e culturali».
Fino alla chiusura con Chuao Chuao, «un brano nato da una session sulla strada in Venezuela», spiegano. «È realizzato con i field recordings raccolti da Stefano Greco durante una performance estemporanea di Tambores de Choronì, che uniscono improvvisazione vocale a tamburi di matrice afrocaraibica. È tutto basato sull’improvvisazione, è un canto a chiamata, botta e risposta, una tradizione fondamentalmente venezuelana».
Alla fine del viaggio in questo mondo futuristico è, quindi, la tradizione a prevalere.
Birds Of Toi, il singolo, ha registrato un notevole gradimento, ottenendo più di 35mila stream in un mese dalla sua pubblicazione ed è stato inserito in oltre cinquecento playlist nel mondo. E dopo il debutto “live” al Lido Liquor Bar, a Milano, nel corso della Design Week, i Distropical si preparano a uscire con il video di Crabitation, affidandosi alla intelligenza articifiale. «Un esperimento che ci ha divertito molto», sorride Govind. «Le irregolarità del pezzo hanno fatto impazzire l’IA».