– Alle Officine San Carlo di Napoli martedì 28 novembre debutta una originalissima versione della “Carmen” di Bizet aggiornata ai nostri tempi nella trama e nelle musiche. Trapper e soprano dialogano in una Babele di lingue: napoletano, francese e italiano. Non cambia il finale: la violenza sulle donne è un dramma eterno
– «Carmen diventa Carme’ ed è una capoverdiana emigrata, fa la ballerina in una discoteca sulla spiaggia di Castel Volturno, paese dove morì Miriam Makeba», spiega il giornalista Federico Vacalebre che ha curato la drammaturgia. «È un modo anche di accendere il faro su una zona di disagio dell’ex Campania Felix»
Per sfuggire alla morsa della crisi, molti Teatri d’opera stanno cercando di rinnovare il proprio pubblico, strizzando l’occhio ai giovani, le cui antenne sono orientate verso suoni più moderni. C’è chi si mantiene all’interno della classicità, magari aprendo al jazz, come il Metropolitan Opera House che ha messo in scena Fire Shut Up in My Bones di Terence Blanchard, descritta dal compositore come «opera in jazz». E c’è chi si spinge oltre, come la Lyric Opera di Chicago, che ha aggiornato Il Barbiere di Siviglia in The Factotum, adattando liberamente la storia dell’opera rossiniana a quella di un barbiere nel South Side di Chicago e fondendo la scrittura operistica con un caleidoscopio di stili come r&b, funk, hip-hop, gospel, rap e, naturalmente, barbershop.
Oppure si attualizzano contenuti e protagonisti. Gli ultimi giorni di vita di Kurt Cobain sono al centro di Last Days che ha debuttato lo scorso anno alla Royal Opera House di Londra. Mentre il Teatro Donizetti di Bergamo ha presentato al suo pubblico di melomani Raffa in the Sky, trasformando la showgirl più famosa d’Italia in una sorta di Barbarella piovuta dallo spazio.
Alle Officine San Carlo di Vigliena (Napoli), dove lo storico Teatro San Carlo ha aperto spazi teatrali, laboratori e scuole recuperando l’area dismessa delle industrie Cirio, debutta martedì 28 novembre un progetto più complesso e intrigante: Carmen rap, ovvero la rivisitazione della Carmen di Bizet, nella quale soprano e rapper danzano insieme in una discoteca sulla spiaggia di Castel Volturno. «Alla fine del mondo, dove è venuta a morire Miriam Makeba, “Mamma Africa”, che viene citata nello spettacolo. Dove Jovanotti ha ambientato il suo Jova Beach Party», spiega il giornalista Federico Vacalebre che ha curato la drammaturgia. «È un modo anche di accendere il faro su un pezzo d’Africa in Campania, a Castel Volturno gli abitanti sono in gran parte africani».
Carmen, anzi Carme’, non è più la sigarettaia portoricana dell’opera di Bizet, ma una capoverdiana emigrata. «Sarebbe stato anacronistico, le sigarettaie non esistono più oggi», spiega Vacalebre. «Carme’ fa la ballerina, la cubista, la ragazza immagine, partecipa alle serate della discoteca di un lido. I contrabbandieri sono diventati ‘O Tricco e ‘O Tracco, camorristi spacciatori. Don José è un ex poliziotto, un ragazzo buono che si trasformerà in femminicida. Escamillo non è più un torero ma un trapper, soprannominato ‘O Torero anche in omaggio alla mia fede carosoniana (Vacalebre ha scritto tre libri e un musical su Renato Carosone, nda)».
Si conclude con un femminicidio. Carme’ verrà uccisa sul palco mentre balla durante l’esibizione del trapper. Il suo carnefice è quel Don José, descritto inizialmente come un bravo ragazzo. Il pubblico non capisce, pensa che la scena faccia parte dello spettacolo e applaude. Cala il buio sul palco e si ascolta la voce della giornalista di un telegiornale: “Castel Volturno, una donna, ballerina da club, è stata uccisa in un night da un uomo ex poliziotto ricercato per spaccio di droga. Il collega che lo ha arrestato ha dichiarato: non mi era mai sembrato pericoloso. Il trapper ‘O Torero, che stava cantando mentre la donna è stata uccisa, ha scritto sui social: ti ricorderò sempre, Carme’. Non si ferma la piaga dei femminicidi”.
Federico Vacalebre
La storia viene contestualizzata e aggiornata nei suoni. Rap in napoletano, scritti da Lucariello, uno degli alfieri più validi della nuova scena hip hop partenopea, convivono con arie storiche interpretate da un soprano in francese. Rap e arie famose come Habaneradialogano tra loro in una sorta di Torre di Babele, fra napoletano, francese e l’italiano della parte narrativa. E sono accompagnati semplicemente da un quintetto acustico, quindi senza la retorica dell’orchestra e senza anche gli effetti speciali dell’elettronica. «Soprano, attori e rapper si scambiano i ruoli, ognuno invade il campo dell’altro», sottolinea Federico Vacalebre. «La maggior parte dei protagonisti sono giovani, molti dei quali vengono dal Conservatorio di Benevento o dai laboratori delle Officine San Carlo».
La fine di questa originalissima versione contemporanea della Carmen è di una scioccante attualità. «Si conclude con un femminicidio. Carme’ verrà uccisa sul palco mentre balla durante l’esibizione del trapper. Il suo carnefice è quel Don José, descritto inizialmente come un bravo ragazzo. Il pubblico non capisce, pensa che la scena faccia parte dello spettacolo e applaude. Cala il buio sul palco e si ascolta la voce della giornalista di un telegiornale: “Castel Volturno, una donna, ballerina da club, è stata uccisa in un night da un uomo ex poliziotto ricercato per spaccio di droga. Il collega che lo ha arrestato ha dichiarato: non mi era mai sembrato pericoloso. Il trapper ‘O Torero, che stava cantando mentre la donna è stata uccisa, ha scritto sui social: ti ricorderò sempre, Carme’. Non si ferma la piaga dei femminicidi”».
Scioccante non solo per la coincidenza con la tragedia di Giulia Cecchettin, ma soprattutto perché si conclude così l’opera originale tratta dalla novella omonima di Prosper Mérimée del 1845: la violenza sulle donne è un dramma eterno. «Noi lo abbiamo spostato nell’attualità e, geograficamente, in una zona di disagio dell’ex Campania Felix», aggiunge Vacalebre. «Estrema contemporaneità nella atemporalità delle arie liriche».
L’opera Carmen rap sarà messa in scena alle Officine San Carlo di Vigliena da martedì 28 a giovedì 30 novembre, a chiusura la seconda edizione di “Affabulazione. Espressioni della Napoli policentrica”, che da settembre ha proposto laboratori, rassegne e spettacoli con un grande coinvolgimento del territorio. Musiche e testi sono di Lucariello, la regia di Michele Sorrentino Mangini. Nel cast, Xana Vazquez de Prada (Carme’), Alessio Sica (Giuseppe), Vincenzo Bove (Zurzolo), Chiara Di Girolamo (Mercedes), Noemi Gherrero (Tessy), Marcello Bellopede (‘O Torero), Lorenzo Vacalebre (‘O Tricco), Marco Antonio Vincenzo Ferrante (‘O Tracco), Gianfranco Matonti (Don Pasta), Vincenzo Somma (poliziotto) e Nicola Zanfardino (poliziotto). Insieme a loro, i cori dell’Officina e gli archi con Andrea Esposito (primo violino), Paolo Sasso (secondo violino), Luigi Tufano (viola), Arcangelo Michele Caso (violoncello) che si uniscono al basso elettrico di Roberto de Rosa. Le scene di Fabio Marroncelli sono state realizzate da Anna Nasone con gli studenti dell’Officina San Carlo di Scenografia; i costumi sono stati realizzati da Giusi Giustino con gli studenti dell’Officina San Carlo di Sartoria. Luci a cura di Nunzio Perrella.