– Il cantautore annuncia a sorpresa il ritiro nel 2026, «ma prima concedetemi il giro d’onore». «Mio padre mi diceva: “Si scende dal ring da vincitori”. E così ho deciso di fare»
– Il tour “aTuttocuore” sarà l’ultimo: «Ci saranno ancora 4-5 progetti lunghi in previsione e un nuovo disco». «Questo è un canto alla rovescia non un conto alla rovescia»
– Una carriera lunga 55 anni, con oltre 60 milioni di dischi venduti nel mondo. Francesco Guccini e Ivano Fossati i precedenti. Ma sarà un vero addio o finirà come per i Pooh e Elio e Le Storie Tese?
«Ancora mille giorni e poi concluderò il mio percorso artistico». Claudio Baglioni si ritira. Sarà vero? O finirà come per i Pooh, Elio e le Storie Tese ed i tanti “Farewell tour” in giro per il mondo?
L’annuncio è arrivato oggi a Milano, in occasione della prima tappa al Forum di Assago del tour aTuttocuore. Il divo Claudio ha convocato la stampa per un annuncio importante. «Mio padre mi diceva: “Si scende dal ring da vincitori”. E così ho deciso di fare», ha debuttato davanti ai microfoni. «A sessant’anni dall’inizio della mia carriera, era il 1964 quando appena tredicenne sono salito per la prima volta sul palco a un concorso di voci nuove a Centocelle, ho deciso di concedermi e concederci ancora mille giorni di musica e di noi insieme. Poi concluderò il mio percorso artistico».
Quest’anno, ha ricordato, «festeggio i 55 anni di carriera, il mio primo disco è del 1969 ma la mia vita musicale compie sessant’anni ed è stata ogni volta una forma di gara, un’impresa. E io ne ho fatte tante. Alla fine, è diventata la mia vita stessa. In questo spettacolo ho fatto di tutto, ho il collo del piede come quello di Roberto Bolle. Questo è un canto alla rovescia non un conto alla rovescia. Quando ci arriverò sarà indolore. Credo si arrivi a un momento in cui si capisce che è necessario fermarsi».
Voce incrinata dall’emozione, Baglioni ha fatto capire che sarà un tour diverso per ogni tipo di spazio: aTuttocuore, il tour iniziato ieri a Pesaro e in questi giorni a Milano sarà l’addio ai palazzetti. «Non credo che scriverò più canzoni ma qualcosa d’altro. Non perché ritengo la forma canzone superata ma perché è difficilissimo… Ci saranno ancora 4-5 progetti lunghi in previsione. Ho appunti che non ho coraggio di andare a riascoltare: circa 2-3 mila frasi musicali e brani incompiuti. Ci sarà un album e penso che sarà la mia censura a chiudere in pochi brani la mia prossima produzione musicale. Mi sembra di essere arrivato al massimo delle mie possibilità. Quando si spegne la luce sembra che non si è pronti a nulla. Terminerò la mia attività nel 2026, ma voglio concedermi un giro d’onore con vari progetti e suonare ancora mille giorni».
Il ritorno al Festival di Sanremo? «Sono stato già direttore, dittatore e dirottatore artistico temo però che Sanremo mi resisterà e smetterò di andare. Non credo che scriverò più canzoni, scriverò magari altro».
Una decisione che arriva all’improvviso, nel giorno in cui Sony Music ha annunciato l’acquisto del suo intero catalogo musicale. Un addio alle scene che si aggiunge a quello di altri cantautori del calibro di Ivano Fossati e Francesco Guccini.
Settantadue anni, 55 dei quali vissuti in musica, sessanta milioni di copie vendute in tutto il mondo in 12 album registrati dal vivo e 17 in studio, tra i quali il disco più venduto di sempre della discografia italiana La vita è adesso (4 milioni e mezzo di copie vendute). Sono i questi i numeri essenziali di una carriera unica e irripetibile: quella di Claudio Baglioni, musicista, autore, interprete, che, dalla fine degli anni Sessanta a oggi, è riuscito a conquistare una generazione dopo l’altra, grazie a un repertorio pop, melodico e raffinato, nel quale ha saputo fondere canzone d’autore e rock, sonorità internazionali, world music e jazz, rivoluzionando il concetto stesso di performance live – il primo a inaugurare, nel 1981/1982 la stagione dei grandi raduni negli stadi – in ambito musicale, sociale e televisivo.
In 60 anni sul palco, la sua sensibilità artistica è sempre stata caratterizzata anche dal grande impegno sociale, ed è per questo che nel 2003 ha dato vita sull’Isola di Lampedusa al festival di musica e arti popolari, O’ Scià, coinvolgendo oltre trecento artisti italiani e internazionali per promuovere il dialogo interculturale quale strumento di convivenza pacifica e solidale.