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Al cinema. Zamora e Tatami

–  I film nelle sale questa settimana. Sono il lavoro che segna il debutto alla regia di Neri Marcorè e quello che vede l’incontro fra una regista iraniana e un regista israeliane le due uscite più interessanti
– Ci sono ancora l’horror “Omen – L’origine del presagio”, l’animazione sempliciotta di “Il mio amico robot” e un thriller indonesiano. Completano “Monkey Man” e “La seconda vita”

ZAMORA commedia, diretto da Neri Marcorè, con Alberto Paradossi e Neri Marcorè. Durata 100 minuti. 

Forse non è affatto un caso che l’esordio alla regia di Neri Marcorè sia dedicato a una storia delicata e tenera perfettamente nelle corde di quest’attore. Si tratta di Zamora, tratto dal libro omonimo di Roberto Perrone, con le disavventure, nei favolosi e irripetibili anni Sessanta, del trentenne Walter Vismara (Alberto Paradossi), ragioniere di professione, ma ancor più nella vita, uno che lavora come contabile in una fabbrichetta di Vigevano. «Questo film mi rispecchia in tutto e per tutto, nel bene nel male», dice Marcorè. «Dentro c’è tanta roba mia. È poi una storia che conoscevo. C’era già stato un progetto in cui si parlava di me come protagonista. Quando poi sono andato da Agostino Saccà per proporre Zamora è stato lui a dirmi: perché non lo dirigi tu?».

Tornando a Zamora, vediamo che Walter si ritrova a un certo punto catapultato in un’azienda nella moderna Milano e al servizio di un imprenditore moderno e bizzarro, il cavalier Tosetto (Giovanni Storti). Walter si adatta subito al nuovo lavoro, ma deve fare i conti con il suo boss che adora il football e obbliga fantozzianamente tutti i suoi dipendenti a sfide settimanali “scapoli contro ammogliati”. Walter, che non ama il calcio, si inventa così portiere, ma è totalmente imbranato e diventa oggetto di sfottò dei colleghi; tra questi l’ingegner Gusperti, che lo ribattezza con ironia “Zamora”, grande portiere spagnolo degli anni Trenta. Walter sopporta tutto, ma quando si innamora della sua segreteria, Ada (Marta Gastini), cerca un riscatto. Si fa dare così lezioni da un ex portiere (Neri Marcoré), ormai caduto in disgrazia, per diventare quel campione che non è mai stato. 

«Questa storia mi rispecchia perché contiene elementi che sono propri della mia adolescenza, ovvero la mia timidezza, la mia insicurezza, i miei impacci», riprende Neri Marcorè. «Ho trovato nel romanzo di Perrone tutti elementi per parlare sia di me e allo stesso tempo di contemporaneità. Mi riferisco soprattutto al rapporto tra Walter e la sua segretaria che non va come il ragioniere vorrebbe, ma questo solo per colpa sua. Lei gli impartisce una lezione facendogli capire che deve maturare nel rapporto con le donne. Va detto che sul fronte della modernità i personaggi femminili in Zamora sono tutti indipendenti e moderni e danno una pista a quelli maschili».

C’è qualcosa di autobiografico anche nel ruolo di portiere?

«No, non ho mai giocato come portiere, ma secondo me è il ruolo più affascinante perché, come si dice, ci devi nascere portiere. In questo ruolo hai una responsabilità enorme, ti puoi esporre facilmente a qualche figuraccia. Il calcio in questo film, ci tengo a dirlo, è solo il pretesto in cui si innesca questa storia. È il maschile di questa storia che Walter rifiuta come rifiuta il padre. Anche per questo non gli piace il calcio».

Quanta nostalgia c’è degli anni Sessanta?

«Certo erano tempi diversi, ma anche oggi ci sono cose meravigliose che allora non c’erano. C’è nostalgia per un’epoca in cui c’era innocenza, ma c’è anche perché allora eravamo giovani». 

Riferimenti registici?

«Sento sicuramente l’imprinting di Pupi Avati a cui devo molto, ma ce ne sono molto altri». 

Quella della regia è un’esperienza da ripetere?

«Per ora mi godo il presente, ma credo che ci sarà una seconda volta».

Voto: 4 su 5

TATAMI – UNA DONNA IN LOTTA PER LA LIBERTÀ thriller, diretto da Zar Amir-Ebrahimi, Guy Nattiv, con Arienne Mandi e Zar Amir-Ebrahimi. Durata 105 minuti. 

Una regista iraniana, Zar Amir, e un regista israeliano, Guy Nattiv, firmano insieme Tatami, film asciutto, potente, attuale, ambientato nel mondo dello sport. Protagonista una judoka iraniana che durante i campionati mondiali, insieme alla sua allenatrice interpretata dalla stessa Zar Amir, riceve dalla Repubblica islamica l’ordine di abbandonare le gare, perché c’è il rischio che incontri sul tatami l’atleta israeliana.

Zar Amir, già Palma d’oro a Cannes come migliore attrice per lo splendido Holy Spider, racconta: «Io sono cresciuta durante la guerra tra Iran e Iraq e a scuola ci mettevano tutti in fila per gridare slogan contro gli Stati Uniti e Israele, che per il sistema era il nostro principale nemico. Poi crescendo ho incontrato tanti israeliani ma non avevo mai lavorato così a stretto contatto con uno di loro e all’inizio, devo dire, ero un po’ titubante. Poi mi sono detta: ma questo è proprio quello che raccontiamo nel film!».

Zar Amir è stata costretta a fuggire in Francia ed è sempre in prima linea nel sostegno alle donne iraniane che rivendicano la propria libertà. Guy Nattiv, molto critico con il governo Netanyaku, nel 2019 ha vinto l’Oscar per il cortometraggio Skin sul razzismo negli Stati Uniti. Quando iniziarono questo progetto insieme non era ancora cominciata la rivoluzione delle donne iraniane, e oggi il film ha un valore ancora maggiore.

«Certo il mondo oggi sembra peggiorare: ci sono molti governi di estrema destra, da Israele all’Argentina, ma ci sono anche molte proteste, la rivoluzione femminile in Iran è forse più silenziosa ma è sempre più radicata. Il film tocca un nervo scoperto. Eravamo sul set quando sono iniziate le manifestazioni delle donne in Iran e abbiamo avuto la sensazione che, facendo questo film, stavamo portando avanti una vera rivoluzione». 

Voto: 4.5 su 5

OMEN – L’ORIGINE DEL PRESAGIO horror, diretto da Arkasha Stevenson, con Nell Tiger Free e Ralph Ineson. Durata 120 minuti.

Sesto capitolo del franchise di Omen  firmato da Arkasha Stevenson per Walt Disney, ovvero il prequel del film del 1976 che ha dato inizio al tutto. E se appunto 48 anni fa Richard Donner diresse il primo capitolo di The Omen con Damien, una giovanissima progenie del Diavolo, questa volta vediamo le sue vere origini. 

Così si va ovviamente indietro nel passato ed esattamente nella Roma del 1971. Qui arriva Margaret (Nell Tiger Free), una ragazza americana mandata a lavorare in un orfanotrofio in attesa di prendere i voti, ma lentamente la novizia diventa consapevole di una realtà spaventosa e demoniaca che circonda ogni istante della sua vita. Lei stessa orfana, si lega subito alla ragazza più grande dell’orfanotrofio, Carlita (Nicole Sorace), che, proprio come lei, ha avuto un’infanzia piena di ombre.

Dice la stessa attrice del suo personaggio: «È una donna devota che ama la vita, la chiesa ed è molto entusiasta di essere a Roma e di intraprendere questo percorso che crede sia il suo destino. Ma poi le cose iniziano a deragliare intorno a lei. Margaret ha sempre avuto un dolore interiore fin dall’infanzia turbolenta, e questo si manifesta, a volte esteriormente. Ma è una brava persona, con un’anima buona».

Il regista e co-sceneggiatore Stevenson è stato inizialmente attratto dal progetto proprio per il personaggio di Margaret. «Sono un grande fan di Alan Pakula e uno dei miei film preferiti di sempre è Una squillo per l’ispettore Klute. Amo quel film perché puoi vederlo anche come un horror, ma prima di tutto è uno studio di personaggi. Così impariamo a conoscere e ad affezionarci al personaggio di Jane Fonda e quando iniziano a succederle cose orribili ci prende l’orrore. Ed è vero orrore».

Nel cast anche Sonia Braga (Donna Flor e i suoi due mariti) nei panni di Sister Silva, abbatessa dell’orfanatrofio Vizzardeli a Roma. «Nella mente di Suor Silva, tutto deve essere sempre al suo posto», sottolinea. «Lei gestisce il convento con forza e ordine e tratta tutti i bambini quasi come se fossero adulti, ma poi qualcosa di orribile accade».

Voto: 3 su 5

MONKEY MAN thriller, diretto da Dev Patel, con Dev Patel e Sharlto Copley. Durata 113 minuti.

Un uomo vuole vendicarsi contro i leader corrotti che hanno ucciso sua madre e continuano a vittimizzare sistematicamente i poveri e i deboli. Ispirato alla leggenda di Hanuman, simbolo di forza e coraggio, Monkey Man vede Dev Patel nei panni di Kid, un giovane anonimo che si guadagna da vivere in un fight club clandestino dove, notte dopo notte, indossando una maschera da gorilla, viene picchiato a sangue da lottatori più famosi in cambio di denaro.

Dopo anni di rabbia repressa, Kid scopre un modo per infiltrarsi nell’enclave della sinistra élite della città. Mentre il suo trauma infantile ribolle, le sue mani misteriosamente sfregiate scatenano una esplosiva ondata di vendetta per regolare i conti con gli uomini che gli hanno tolto tutto. 

Voto: 3 su 5

LA SECONDA VITA drammatico, diretto da Vito Palmieri, con Marianna Fontana e Giovanni Anzaldo.

Racconta la storia di Anna (Marianna Fontana), una giovane donna che nasconde un passato terribile. Quando si trasferisce in un piccolo paesino di provincia, Anna riscopre nella piccola comunità locale una routine quotidiana: inizia a lavorare, passeggia libera per i vicoli, fa nuove conoscenze, come Antonio (Giovanni Anzaldo), uomo introverso, ma molto dolce, a cui si lega sentimentalmente. Il suo oscuro passato, però, pare perseguitarla, così come il giudizio altrui, che – a differenza di sentenze e condanne – sembra essere obbligata a sopportare a vita. 

Voto: 3 su 5

AUTOBIOGRAPHY – IL RAGAZZO E IL GENERALE thriller, diretto da Makbul Mubarak, con Kevin Ardilova e Arswendy Bening Swara. Durata 115 minuti.

Si svolge in una città dell’Indonesia rurale e vede protagonista il giovane Rakib (Kevin Ardilova). Rimasto solo nella casa di famiglia dopo che il padre (Rukman Rosadi) è finito in prigione e il fratello è andato a lavorare all’estero, il diciottenne deve ritrovare un punto di riferimento. Quando arriva Purna (Arswendy Bening Swara), un anziano generale in pensione e amico della famiglia da generazioni, Rakib riconosce in lui una figura paterna e di mentore.

L’uomo è una personalità autorevole, e decide di candidarsi per diventare sindaco della città. Promette modernizzazione e una nuova centrale elettrica che risolva il problema dell’energia. Rakib lo aiuta nella campagna elettorale e il generale nomina il ragazzo come suo uomo di fiducia. Un giorno, Rakib trova un manifesto elettorale strappato e gettato lungo il fiume. Purna, fuori di sé dalla rabbia, ordina al ragazzo di trovare il colpevole e di punirlo brutalmente. Sarà l’inizio di una serie di atti di violenza che costringerà Rakib a cercare un’altra strada. 

Voto: 3 su 5

IL MIO AMICO ROBOT animazione, diretto da Pablo Berger, con Ivan Labanda e Albert Trifol Segarra. Durata 101 minuti.

È ambientato in un mondo popolato da animali, nel quale si realizzano robot per superare la solitudine. È qui che Dog, un cane di New York, si imbatte in un nuovo amico, Robot, con il quale lega tantissimo, giocando insieme e passeggiando per Central Park. I due diventano sin da subito inseparabili, finché un giorno, durante una gita al mare, Robot non finisce per arrugginirsi dopo una nuotata. Dato che il suo amico non può più muoversi, Dog si vede costretto ad abbandonarlo sulla spiaggia tornando alla sua vita in solitaria.

Tornato in città, Dog cerca di colmare il vuoto emotivo lasciato dal suo amico stringendo amicizie fugaci, senza mai legarsi troppo. Nel frattempo, Robot attende i soccorsi, trovando conforto nei ricordi felici dei momenti trascorsi in compagnia di Dog. È così che i due amici si aggrappano, ognuno in maniera diversa, alla speranza di riunirsi un giorno. 

Voto: 2 su 5

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