Zoom

Tormentoni estivi, si torna agli anni Sessanta

Come il jukebox, le rotonde sul mare, i mangiadischi, anche i motivetti dell’estate sono ormai diventati una cartolina seppiata della stagione delle vacanze. Sono stati gli ultimi a resistere all’incalzare di nuove mode e tendenze, opponendosi anche al declino e poi alla scomparsa delle manifestazioni che li lanciavano e li sostenevano, dal leggendario Cantagiro al Disco per l’Estate sino al Festivalbar. Adesso molti protagonisti della nuova scena musicale tentano di recuperare le atmosfere musicali di quel periodo aureo, più difficile ritrovare l’innocenza e la genuinità di una volta

Era il 1961, sulle spiagge le note della canzone di Nico Fidenco ghermivano le orecchie degli italiani, si insinuavano con perversa ostinazione nelle menti, anche a dispetto della propria volontà. Nasceva il tormentone estivo, insinuante motivetto, quello che più efficacemente la lingua inglese definisce “earworm”, tarlo dell’orecchio, perfetta macchina di persuasione intenzionata a sopravvivere a se stessa come un virus potente e indistruttibile. Un contagio che rimane addosso per alcune ore, altre volte per tutta la vita, pronto a ritornare all’attacco di quando in quando, spesso senza alcun preavviso.

Come il jukebox, le rotonde sul mare, i mangiadischi, anche i tormentoni sono ormai diventati una cartolina seppiata della stagione delle vacanze. Sono stati gli ultimi a resistere all’incalzare di nuove mode e tendenze, opponendosi anche al declino e poi alla scomparsa delle manifestazioni che li lanciavano e li sostenevano, dal leggendario Cantagiro al Disco per l’Estate sino al Festivalbar. Negli anni Sessanta e dei jukebox c’erano state le canzoni da spiaggia di Edoardo Vianello, negli Ottanta con l’avvento delle radio la “maglietta fina” di Baglioni, il Ti amo di Tozzi e la “playa” dei Righeira, a cavallo del millennio era arrivata l’ondata latina guidata da Ricky Martin e Las Ketchup. Più di recente il “sole cuore amore” di Valeria Rossi, Paola & Chiara. L’ultimo nell’estate dei Mondiali di calcio in Germania, con il famigerato “po-po-po”, riadattamento curvaiolo del giro di basso di Seven nation army dei White Stripes, che si è riversato sulle strade, negli stadi, sulle spiagge in festa dopo la vittoria dell’Italia. Poi il silenzio. Molto probabilmente anche perché è stato l’ultimo motivo di esultanza per un Paese da allora caduto nella morsa della crisi, da anni alla deriva politica e culturale. 

Il tormentone, al di là della qualità del prodotto, esprimeva gioia, voglia di divertirsi, di stare insieme, di ballare, sapeva di gelato, di granita, di sabbia, di acqua salata, di sole. Non a caso le sue origini risalgono ai favolosi anni del boom economico e delle prime vacanze di massa. Nel 1964 si ballava attorno a un jukebox al ritmo della surf-music, impazzava L’esercito del surf cantata da Catherine Spaak. L’anno dopo i jukebox saranno più del triplo, per arrivare a 25 mila nel 1967. Nel 1969 raggiungono quota 30 mila con la conseguente vendita di 600 mila copie di 45 giri. «I ragazzi – scrive Felice Liperi nella Storia della canzone italiana – ne apprezzano soprattutto la semplicità: una moneta basta per ascoltare il brano scelto o l’artista preferito, secondo un meccanismo di selezione semplice e diretto».

Lo stesso meccanismo che ricrea la formula della playlist nelle piattaforme di streaming musicali, i nuovi jukebox collegati attraverso le cuffiette agli smartphone. Forse non è morto il tormentone, forse – come dice Gino Paoli – si è perso il senso della vacanza, che è «uno stacco dalla realtà». Attaccati a telefonini e computer, chat e social media, non riusciamo più a sognare. 

In questa logica “mordi e fuggi”, difficile che arrivino canzoni come Legata a un granello di sabbiaSapore di saleStessa spiaggia stesso mareVamos alla playa, e tante altre che tutti continuano a canticchiare. Oggi un tormentone, come tanti successi da classifica, viene preparato in laboratorio, seguendo parametri e stilemi ben precisi. I BoomDaBash, ad esempio, sono ormai degli esperti. L’estate scorsa hanno battuto tutti con Mohicani, un reggae multikulturale, fra Giamaica e Salento, forte di un “feat” con Baby K e di una scrittura divisa con Rocco Hunt. L’anno precedente con Karaoke e Alessandra Amoroso, già al loro fianco nella stagione calda 2009, con Mambo salentino, come in quella del 2015 con A tre passi da te. Nel 2018 c’era stata Loredana Berté in Non ti dico no. E quest’anno si rituffano nell’arena con Annalisa e fanno nuovamente centro con Tropicana. Ancora ritmi latini, a confermare l’artificiosità di un’estate che non è più italiana come cantavano Gianna Nannini e Edoardo Bennato nelle “notti magiche” del 1990. Non solo, oggi il tormentone estivo nasce in pieno inverno. «Noi iniziamo a pensarci subito dopo Natale, ed entriamo in studio di registrazione tra febbraio e marzo. Serve il groove giusto, il testo accattivante, bisogna evocare la voglia spensierata di divertimento», spiega la band pugliese.

«Si è persa l’innocenza, la genuinità, di una volta», constata con un velo di amarezza Enzo Gentile, autore del libro Onda su onda. «Adesso esistono team di lavoro che hanno già programmato per l’anno prossimo alcuni brani. Takagi & Ketra me lo dicono nell’intervista. Loro hanno dei riff o una intuizione a cui manca il titolo. Il titolo Roma-Bangkok è un bel titolo, l’avessero chiamato “Torna da te” magari era meno efficace. Oppure Amore e Capoeira che cosa c’entra con la canzone? Niente. Però è un titolo efficace. E ci sono tanti di questi esempi che vedono la scelta del titolo a prescindere dalla canzone, dal testo. Una ritualità da qualche anno presente sulla scena italiana è quella dei duetti. Si cerca di creare una notizia.  Canzoni come Una rotonda sul mare e Sapore di sale le ascoltiamo da sessant’anni, io escluderei che i brani di Fedez o Achille Lauro nel 2080 li sentiremo ancora».

Per ritrovare l’innocenza e la genuinità di una volta, non a caso, quest’anno molti “tormentini” si tuffano nelle atmosfere vintage degli anni Sessanta. Myss Keta inizia la sua Finimondo con una frase campionata da Il capello di Edoardo Vianello, che di quegli anni e della musica balneare era un re incontrastato. Anche Madame con L’eccezione ha scritto una pagina deliziosamente in stile, i Pinguini Tattici Nucleari cantano a squarciagola Giovani wannabe. E che dire Fedez, Tananai e Mara Sattei la cui La Dolce Vita sembra un piccolo manuale di citazioni sixties, da 24000 baci a Diana. È un ritorno al periodo aureo delle canzoni estive, nostro esclusivo e solare patrimonio. Ma se è facile recuperare il climax musicale, molto più arduo è ritrovare l’innocenza e la genuinità di una volta.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *