Storia

The Who, due ragazzi quasi ottantenni

Negli anni Sessanta volevano “morire prima di diventare vecchi”, oggi stanno ancora sul palco a far vibrare migliaia di spettatori con classici della storia del rock. A Firenze l’unica data italiana, accompagnati dall’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino

Un ragazzo dallo sguardo indemoniato, curvo su se stesso, un ribelle proveniente dai cieli cupi di Londra impegnato a distruggere furiosamente la sua chitarra sul palcoscenico di un concerto rock. È questa l’immagine che ha consacrato Pete Townshend, chitarra e mente creativa degli Who, come uno degli eroi più rappresentativi della musica e della cultura giovanile degli anni Sessanta e Settanta.

Inni come My generation o The kids are alright, opere rock come Tommy o Quadropheniasono diventate il simbolo dell’Inghilterra giovane, confusa e insofferente di quel periodo. I live act del gruppo erano cerimonie tribali dall’esito non garantito, in cui la furia distruttiva del chitarrista portava l’esibizione rock a picchi di energia probabilmente mai più eguagliati.

Da sinistra: Pete Townshend, 78 anni, e Roger Daltrey, 79

«Voglio morire / prima di diventare vecchio», cantavano gli Who in My generation. Ma al contrario di molti suoi colleghi e amici, Pete Townshend è sopravvissuto, ha avuto il tempo di invecchiare, di assistere al tramonto della sua band, di perdere quasi completamente l’udito, di contare i primi capelli bianchi, di subire l’onta del carcere per una infamante e falsa accusa di pedofilia. Ed oggi, a 78 anni, eccolo lì, come ai bei tempi, sul palco della Visarno Arena nel parco delle Cascine, per la prima serata del Firenze Rocks, insieme con il suo compagno d’avventura Roger Daltrey, 79 anni, ancora a strappare la sua chitarra in attesa di festeggiare il prossimo anno sessant’anni di carriera.

Quella di sabato sera è stata l’unica data italiana del tour europeo della band che ha regalato a Firenze un concerto di qualità altissima, anche se di fronte a un numero di spettatori inferiore ai grandi big degli anni passati. Lo spettacolo, durato oltre due ore suonate tutte d’un fiato, è stato un omaggio alla musica rock degli anni Sessanta e Settanta. Con gli Who, sul megapalco impreziosito con giochi di luci e bandiere britanniche proiettate sul maxischermo, i professori dell’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, una quarantina di violini, viole, violoncelli, bassi, flauti, oboi, clarinetti, corni, trombe, tromboni, timpani e percussioni. La leggendaria band britannica, infatti, ha deciso di farsi accompagnare, in questa unica data, dall’ensemble orchestrale del Maggio, una tra le più apprezzate orchestre a livello internazionale, proprio per la sua capacità di adattarsi a contesti musicali lontani dal mondo sinfonico e operistico. Come quando nel 2016, l’orchestra accompagnò la pop star Mika nel suo concerto a Firenze. Anche sabato sera i maestri del Maggio si sono dimostrati all’altezza della sfida accompagnando il leader Pete Townshend e i suoi compagni in un lungo viaggio nella storia del rock. 

Roger Daltrey e Pete Townshend durante il concerto di Firenze

Si parte con Overture, il capolavoro del 1969 uscito con il quarto album della band, quel Tommy che ha avuto un’influenza decisiva sulle generazioni future del rock. Dallo stesso album provengono anche i brani successivi: da 1921 ad Amazing Journey, da Sparks a Pinball Wizard. La prima decina di canzoni, che ha ripercorso i primi anni della carriera della band al completo, sono tutte splendidamente accompagnate dall’orchestra del Maggio. Dopo circa cinquanta minuti i professori d’orchestra lasciano il palco alla sola band che propone al suo pubblico una scaletta di successi: da You Better You Bet a The Seeker, da I Can See for Miles a Substitute, da Another Tricky Day a Won’t Get Fooled Again. A coronare questa carrellata di successi, l’immancabile Behind Blue Eyes, singolo del 1971, estratto dall’album Who’s Next.

Intorno alle 23, l’orchestra del Maggio torna a suonare, tra gli applausi, per il gran finale di sei brani, fra cui I’m One e 5:15, che culmina sulle note dell’attesissima Baba O’Riley. Grandi applausi e tributi per «la vostra orchestra, la nostra orchestra», come dice la band esaltando il pubblico. Dopo oltre due ore di musica si chiude così la prima serata di questa quinta edizione del Firenze. 

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