Storia

The Murder Capital, sturm und drang

La band irlandese è la grande rivelazione al Medimex di Taranto. Musica rock che si muove fra Doors, Morrissey, Frank Sinatra, post punk, noir e psichedelia. Poesia e impegno sociale. James McGovern ipnotico e teatrale frontman fra canzoni e “canne”. Skin, altra protagonista della serata insieme con i suoi Skunk Anansie, si conferma formidabile belva da palcoscenico

Quando la band dublinese The Murder Capital ha debuttato nel 2019 con l’album When I Have Fears, immediatamente sono stati fatti paragoni scontati con i connazionali Fontaines DC, così come con un’altra recente storia di successo post-punk, gli Idles. Ma dopo oltre due anni di spietato esame di coscienza e riorientamento, The Murder Capital sono riemersi con un seguito, Gigi’s Recovery, che ridisegna le coordinate di questo ambizioso quintetto. Frutto di un cambiamento di città, da Dublino a Londra e poi Parigi, di nuove letture (The Waste Land di TS Eliot e le poesie d’amore di Paul Éluard) e di nuovi ascolti: «Ho ammirato la complessità di In Rainbows dei Radiohead», ha confessato il frontman James McGovern, atipico irlandese corvino e riccioluto. Nuove fonti di ispirazione anche il “maledetto” poeta rock, Jim Morrison, e Frank Sinatra perché «volevo essere più melodico, cantare di più e prendere le distanze da quel post-punk aggressivo».

Fin dall’inizio, ciò che ha distinto The Murder Capital dal branco è stata l’abilità di eliminare qualsiasi spavalderia o “spettacolo”, per puntare semplicemente sulle emozioni. Ed i risultati parlano da soli. 

Alcuni scatti del concerto della band irlandese The Murder Capital sabato sera a Taranto (foto ufficio stampa Medimex)

Accendere le luci su The Murder Capital ha reso ancor più speciale l’edizione 2023 del Medimex di Taranto. Al loro primo show italiano, i cinque irlandesi hanno messo in mostra tutto il loro repertorio, equamente diviso fra i due album. Dalle prime caotiche note di For Everything, brano che apre l’album When I Have Fears, hanno dato il loro tono. Le svolte ipnotiche di Gigi’s Recovery rappresentano i grandi momenti che meritano, che si tratti della solare Only Good Things, del tremolante shuffle in stile Radiohead di A Thousand Lives o delle affascinanti trame di The Stars Will Leave Their Stage

James McGovern è un frontman dalla grande presenza scenica

James McGovern è un frontman dalla grande presenza scenica. È carismatico, conquista l’attenzione della platea con pochi gesti. Alterna canzoni e “canne”, cerca il contatto con i fan, gettandosi fra di loro. L’outfit romantico e l’occasionale tocco di tamburello gli danno un’aria alla Morrissey. In un batter d’occhio, ha nel palmo della mano i circa seimila spettatori che affollano la Rotonda del Lungomare di Taranto. La combinazione è uno spettacolo che riesce a sembrare intimo e vasto. 

Le luci stroboscopiche lampeggiano minacciosamente mentre la band si muove tra Doors e Joy Division, post punk, noir e psichedelia. In un perfetto equilibrio tra colpi di frusta teneri e violenti. Le loro canzoni parlano di solitudine, crepacuore, vendetta e dolore; la recessione, la mancanza di assistenza sanitaria mentale e l’aumento dei tassi di suicidio. Sturm und drang. La loro musica è selvaggia e commovente. Sanno calibrare bene la tensione. More Is Less rimbalza perfettamente su Green & Blue: nervose e scheletriche. Don’t Cling To Life e, verso la fine dell’esibizione, la dolce Ethel puntano a commuovere, prima dell’esplosione conclusiva di Feeling Fades. La loro modalità è la teatralità emotiva, pronta per le arene.

Skin, frontwoman degli Skunk Anansie

The Murder Capital sono stati la sorpresa per tutti coloro i quali sabato sera erano venuti per gli Skunk Anansie e, soprattutto, per il folletto Skin, presentatasi indossando una sorta di accappatoio luminescente da boxeur e cominciando subito a tirare uppercut e ganci con This Means War: «Combatterò duramente finché non cadrò / Perché questo significa guerra / Questo significa guerra, stronzi!». 

Il concerto degli Skunk Anansie sulla Rotonda del Lungomare di Taranto (foto ufficio stampa Medimex)

Ancora oggi, a 55 anni, Skin è una straordinaria belva da palcoscenico. Balza da una parte all’altra del palco, si getta tra il pubblico, s’innalza in precario equilibrio sulla transenna. Aggredisce con le sue urla punk, per poi accarezzare con ballate sensuali. Sbalordisce, emoziona, stordisce, cattura, sbrana, commuove. Ci sono i classici Charlie Big PotatoWeak As I AmLittle Baby SwastikaBecause of you, c’è la scarica di energia di Twisted (Everyday Hurts), c’è il nuovo singolo Can’t Take You Anywhere, c’è l’intimità di Secretly e, soprattutto, di Hedonism (Just Because You Feel Good), un’altra melodia vincente per una ballad da classifica che riassume in quattro minuti la formula Skunk Anansie. Riascoltando il testo, più che ad uno sconosciuto destinatario, sembra adattarsi perfettamente al pubblico: «I hope you’re feeling happy now / I see you feel no pain at all it seems / I wonder what you’re doin’ now / I wonder if you think of me at all…» («Spero siete felici ora, vedo che non soffrite per niente, mi chiedo cosa fate, mi chiedo se a volte mi pensate…»). 

E sarà difficile dimenticare questi due concerti. 

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