Disco

The Smile eclissano i Radiohead

– Esce Wall of Eyes”, secondo album di quello che doveva essere semplicemente un progetto parallelo di Thom Yorke e Jonny Greenwood. Uno strano senso di leggerezza s’insinua nelle atmosfere drammatiche del disco
– È un lavoro audacemente esplorativo che crea nuovi ponti fra il pop e la sperimentazione. Molti richiami ai Beatles, mentre il batterista Tom Skinner porta in eredità swing e jazz
– “Bending Hectic è il momento clou: una epopea di oltre 8 minutiÈ la pietra tombale per il gruppo di “Ok Computer”? The Smile saranno in tournée in giugno in Italia con tappe a Roma e al Medimex di Taranto

Il debutto di The Smile nel 2021 con l’album A Light for Attracting Attention aveva posto molti dubbi sul futuro dei Radiohead: perché Thom Yorke e Jonny Greenwood, i due membri più riconoscibili della band, hanno ripreso alcuni inediti della band – Open the FloodgatesSkirting on the Surface – per suonarli come i Radiohead ma senza i loro compagni d’avventura? Abbiamo ammirato negli Smile, sia nel primo disco sia nel concerto di due anni fa a Taormina, lo swing e gli sperimentalismi del batterista dei Sons of Kemet Tom Skinner. Ma restava la domanda: non si potevano fare le stesse cose con i Radiohead? Questione che si ripropone con l’uscita di Wall of Eyes, il secondo album di The Smile.

Forse la risposta è più psicologica che artistica. Come per il primo album, sarebbe difficile descrivere Wall of Eyes come qualcosa di diverso dallo stile Radiohead. Ma in un album così denso di disagio e tristezza, c’è uno strano senso di leggerezza. E forse questo è il suono cercato da Yorke e Greenwood: musica distaccata dalle aspettative e dal senso di importanza che trasporta ogni uscita dei Radiohead. 

Ci sono belle sequenze di accordi e ritmi vagamente latini alla base sia della title track che di Teleharmonic. Si creano nuovi ponti fra il pop e la sperimentazione: Friend of a Friendporta inaspettatamente qualcosa del fascino rilassato di un album da cantautore dei primi anni Settanta – la splendida melodia è quasi in stile Paul McCartney – sottolineata da corde horror-movie spigolosamente discordanti e accompagnata dal sassofono del compositore jazz americano Robert Stillman e dagli archi travolgenti dell’orchestra. “Tutti quei soldi, dove sono finiti?”, canta Yorke. “Nella tasca di qualcuno. Amico di un amico. Tutti quegli spiccioli. Spiccioli”.

La struttura di I Quit dovrebbe sembrare conosciuta a chiunque abbia familiarità con il catalogo di Radiohead: è una di quelle canzoni che va alla deriva, persa nel proprio sconforto, guidata da una linea di basso, tranne che stavolta è sezionata da uno splendido arrangiamento orchestrale. È un album pieno di invenzioni, senza però esagerare. Under the Pillows è un altro splendido esempio della fusione della voce di Yorke e dell’impeccabile musicalità: la chitarra di Greenwood si fa quasi arabeggiante.

Per tutti gli effetti elettronici – la chitarra campionata che apre I Quit, i toni spettrali del synth che ruotano intorno a Teleharmonic – il suono di Wall of Eyes sembra quello di una band che suona dal vivo, improvvisando e divertendosi. Una sensazione amplificata dalla batteria di Skinner: è straordinario su Read the Room, c’è un momento, poco più di due minuti, quando interrompe improvvisamente il breakbeat rilassato con una successione di drumming così stravaganti che sembrano vacillare sull’orlo del caos, come se il ritmo della traccia potesse essere completamente perso.

È un lavoro audacemente esplorativo in Bending Hectic, il momento clou dell’album, una epopea lunga più di 8 minuti di atmosfere morbide e rumore drammatico. Nel testo Yorke s’immagina di navigare attraverso la campagna italiana in «un soft-top vintage degli anni Sessanta»: “Ho queste fionde, ho queste frecce”, canta nel ritornello. “Mi costringerò a girarmi, girarmi”. S’inizia con una chitarra pizzicata che potrebbe ricordare Everybody’s Talkin’ di Harry Nilsson se non fosse per il fatto che sembra che la stiano accordando mentre suona. Poi il ritmo diventa uno shuffle slow-motion e, dopo un paio di minuti, la melodia si ferma, sommersa da un muro di corde urlanti – una sorta di A Day in the Life attraverso la colonna sonora di Psycho – e la canzone si risolve in una routine dal suono malato e distorto. È fantasioso e visceralmente emozionante ed elettrizzante, una delle migliori cose che Yorke e Greenwood hanno scritto negli ultimi dieci anni. 

La copertina del disco

Si chiude con la ballata You know me!, guidata da un riff di pianoforte e da una batteria elettronica. Yorke canta in falsetto, si fa aiutare ancora una volta dalla London contemporary orchestra e fa venire in mente il George Harrison più esoterico. Ancora Beatles, del resto Wall of eyes è stato registrato in parte a Oxford e in parte negli studi di Abbey Road.

Wall of Eyes esce quando sono passati otto anni dall’ultimo album dei Radiohead, A Moon-Shaped Pool: il divario più lungo della loro carriera. The Smile quest’estate torneranno in tournée in Italia con date a Roma e al Medimex di Taranto. The Smile adesso sono qualcosa di più di un progetto parallelo. È la pietra tombale dei Radiohead?

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