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Tedua, il rapper che s’identifica in Dante

Il nuovo album s’intitola “La Divina commedia”, appena uscito ha conquistato i vertici di tutte le classifiche. Già nel 2020 aveva cominciato a incarnarsi nel Sommo poeta per raccontare la “Vita vera”. Il rapper genovese l’inferno l’ha vissuto davvero e adesso ambisce al paradiso

Un successo preannunciato quello de La Divina Commedia (Epic/Sony Music Italy) di Tedua che ha confermato con il suo nuovo album le grandi aspettative di pubblico e critica, piazzandosi sul podio degli album più ascoltati in Italia su Spotify e Apple Music nelle prime 24 ore dall’uscita. Il progetto conta tutti i sedici brani nelle prime posizioni della Top 50 Italia e una traccia nella chart Top 200 Global di Spotify. Un ottimo debutto anche su Apple Music, inserendosi con tutti i brani nella Top 20, oltre che essere al #1 posto nella classifica Top Album. L’album vanta la presenza di featuring con colonne del rap come Gue, Marracash, Salmo, ma anche rappresentanti della nuova scuola come Bresh, Geolier, Lazza, Rkomi e Sfera Ebbasta, fino alle nuove leve come Baby Gang, BNKR44 e Kid Yugi, e di Federica Abbate, unica donna e una delle cantautrici contemporanee più amate.

È dal 2020 che il rapper Tedua, pseudonimo di Mario Molinari, 29 anni, si identifica nel Sommo poeta per raccontare La vita vera. Sulla copertina dell’album si mostra come un novello Dante nel mezzo della “selva oscura”. La “vita vera” al posto della Vita Nova, le grafiche che richiamano le incisioni storiche di Doré, le rime che citano qualche terzina. Anche per il mixtape Vita vera – Aspettando la Divina Commedia ebbe un’ampia corte di collaboratori, da Ghali, Rkomi a Capo Plaza, da Ernia e Dargen D’Amico, occupando per due settimane il primo posto della hit parade.

«È stato il terzo album della mia carriera. Non era una tesina su Dante: non ho la competenza culturale dei classicisti, è il mio racconto». L’abbandono da parte del padre, mai conosciuto, quand’era bambino, il trasferimento da Genova a Milano, gli anni passati fra l’Oasi di San Francesco, la Casa del fanciullo e le famiglie affidatarie. La depressione durante il Covid, il tumore della madre, dal suo personale inferno riemerge a poco a poco e – proprio come Dante – intraprende un viaggio verso la consapevolezza. Dopo averci accompagnato con Mowgli nella giungla di Kipling, Tedua ritorna tra i gironi infernali dell’immaginario di Dante.

«Con Dante affronto il percorso all’interno della società borghese per analizzarne pregi e difetti, ipocrisie e contraddizioni. L’artista quando diventa famoso entra in contatto con i borghesi, ma, per non perdersi nella selva oscura e tornare a vedere le stelle, deve rimanere se stesso, purezza e verità. Sono un rapper di strada, la strada per me è un concetto profondo, ma è anche ego, arroganza, abuso dei deboli, razzismo. Con chi faceva certe cose ci litigavo. Sono antifascista, per me la mafia è un cancro, non “pippo” cocaina. Sono saturo di ignoranza, basta».

Qua e là tra i testi del progetto, citazioni e riferimenti espliciti al poema dantesco, che si intersecano e sovrappongono a vicende personali, citazioni prese dal suo passato e dal suo repertorio artistico. Tedua dà voce degli ultimi, diventa re della ribellione. Una ribellione in nome dell’arte. Infatti, come rappa nella potentissima Intro, «la vida loca spezza il ritmo del rapper senza fiato, che dà aria alla bocca senza un concetto elaborato». In Malamente, uno dei pezzi più radiofonici, il rapper rievoca una strofa di Sangue misto e si spinge oltre: «Il futuro è in mano ai deboli che si sono fatti coraggio e per farsi coraggio bisogna sapersi guardare dentro. L’autocritica pretende consapevolezza. Auguro a tutti voi che la vostra umiltà non si trasformi in insicurezza e che la vostra sicurezza non si trasformi in arroganza».

Il rapper ligure Tedua, pseudonimo di Mario Molinari, 29 anni

In Scala di Milano, con esplicito omaggio musicale a Whitney Houston, Tedua non perde la speranza che «i rapper facciano gli scrittori». In questa traccia con Guè i racconti personali si intrecciano alle critiche a una società in cui «è tutto hype, zero cultura». A livello sonoro non manca nulla, c’è la parte più pop, quella più street: ci sono il pianoforte di Michele Bargigia e le chitarre di Dibla.

La Divina Commedia si chiude con due pezzi che vanno dritti all’anima. Tedua tira fuori il suo vissuto, tra traumi e ferite. In Bagagli (Improvvisazione) si guarda indietro («Vengo dai ragazzi emarginati, quelli fuori dalle scuole, che prendevano le note»), poi fa una promessa struggente al pubblico: «Ho ancora quel fuoco e sono pronto a darvi il meglio. Morirei piuttosto, anzi morirò sul palco».

Anche in Outro Purgatorio il racconto personale, intimo, si alterna a riflessioni collettive, profonde. Dal tumore della madre («La tengo forte, l’abbraccio, la faccio sentire importante») le strofe si spostano su bullismo, classismo, sessismo, razzismo. Il rapper parla dei «ragazzi veri dei quartieri genovesi» e poi dell’angoscia di non riuscire più a scrivere («Ho avuto paura anch’io per il talento mio»). Ma il senso dell’album è racchiuso nelle ultime frasi: «C’è chi l’artista lo fa e chi l’artista lo è. Grazie della fiducia. Ora mi spetta il Paradiso».

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