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Sanremo 2024 balla la cumbia

– Angelina Mango sorpassa sul filo di lana Geolier che era arrivato in finale in cima alla classifica delle quattro serate precedenti e con il 60% del televoto. Giurie di radio e sala stampa ribaltano il risultato. Al terzo posto Annalisa, seguita da Ghali e Irama. Dopo dieci anni, una donna torna a vincere il Festival
– Il verdetto, a notte fonda tra le polemiche sul televoto intasato, chiude all’insegna dei record cinque anni di Festival degli Amarello

Sul filo di lana, all’ultimo rush, “La noia” di Angelina Mango vince la edizione numero 74 del Festival di Sanremo, superando “I’ p’me, tu p’te” di Geolier, arrivato alla finale in cima alla classifica delineata nelle quattro serate precedenti. Una vittoria che la ventiduenne ragazza di Maratea ha dedicato al padre Pino. 

I fischi della serata di venerdì per la vittoria di Geolier si sono trasformati in ovazione per Angelina Mango. Deluso il rapper napoletano che si è visto sfuggire il traguardo per un soffio. Fondamentali le giurie della sala stampa e delle radio nell’aggiustare il televoto che ha sempre sostenuto Geolier. Al Televoto, infatti,  Geolier aveva raccolto il 60% delle preferenze. Staccatissimi gli altri concorrenti: Angelina Mango ha preso il 16.1%; Gahli e Annalisa l’8%, Irama il 7,5%. Si torna al passato, all’epoca dei call center, alle spinte regionalistiche (ricordate il periodo in cui i siciliani – da Il Volo a Giovanni Caccamo – vincevano tutto?).

E si torna dieci anni indietro con una donna ad alzare il trofeo del leone con la palma, l’ultima era stata Arisa nel 2014. Anche Sanremo si adegua al trend che vede le artiste protagoniste nel mondo della musica, come accade da alcuni anni ai Grammy Awards, gli Oscar della Musica.

Il verdetto è arrivato a notte fonde, tra le polemiche per il cattivo funzionamento del televoto, intasato dalla valanga record di sms. Si chiude così un’edizione extralarge, con troppi cantanti (e troppi inutili, come ha confermato anche la classifica), che ha trovato sin dalle serate iniziali i suoi protagonisti nei due primi arrivati e nell’Annalisa di “Sinceramente”, piazzatesi al terzo posto. Ma anche in Ghali (quarto con “Casa mia”), fiero di essere un italiano vero di seconda generazione, in Irama (quinto con “Tu no”), in Mahmood (sesto con “Tuta gold”).

  • LA CLASSIFICA FINALE

1 – Angelina Mango

2 – Geolier

3 – Annalisa

4 – Ghali

5 – Irama

I cinque entrati nella Top5 finale

6 – Mahmood

7 – Loredana Bertè 

8 – Il Volo

9 – Alessandra Amoroso

10 – Alfa

11 – Gazzelle

12 – Il tre

13 – Diodato

14 – Emma

15 – Fiorella Mannoia

16 – The Kolors

17 – Mr. Rain

18 – Santi Francesi

19 – Negramaro

20 – Dargen D’Amico

21 – Ricchi e Poveri

22 – BigMama

23 – Rose Villain

24 – Clara

25 – Renga Nek

26 – Maninni

27 – La Sad

28 – Bnkr44

29 – Sangiovanni

30 – Fred De Palma

Chi è Angelina Mango

  • GLI ALTRI PREMI

Loredana Bertè, con il brano “Pazza”, vince il Premio della Critica Mia Martini, intitolato a sua sorella. L’artista si afferma con ampio margine, ottenendo 54 voti dei giornalisti accreditati presso la Sala Stampa. Al secondo posto Fiorella Mannoia con 16 voti, al terzo Diodato con 15. Il Premio Sala Stampa Lucio Dalla è andato invece ad Angelina Mango, che ha ottenuto 22 voti. Alle sue spalle, entrambe con 18 voti, Fiorella Mannoia e Loredana Bertè.

Il Premio Bardotti per il miglior testo è andato a “Mariposa” a Fiorella Mannoia, Di Francesco, Cerri, Cheope e Abbate, mentre quello intitolato a Giancarlo Bigazzi per la migliore composizione musicale è stato assegnato a “La noia” di Angelina Mango, Dardust e Madame.

  • FIORELLO

Si ricostituisce la coppia degli Amarello. Fiorello debutta sul palco dell’Ariston cantando “Vecchio frack” di Domenico Modugno sulle note di “Billie Jean” di Michael Jackson, accompagnato dalla compagnia di danza dell’Ucraina. Il guitto siciliano riempie la diretta di gag e battute fulminanti: diverte ma, inevitabilmente rallenta l’andamento del programma.

Sessant’anni dopo, Gigliola Cinquetti torna al Festival per cantare “Non ho l’età”
  • OSPITI

All’epoca non aveva l’età per amare ma, sedicenne, era riuscita comunque a vincere il Festival di Sanremo del 1964: sessant’anni dopo, Gigliola Cinquetti è decisamente cresciuta e, oggi settantaseienne, è tornata lì dove tutto è cominciato per festeggiare questo suo importante anniversario con “Non ho l’età”. E stavolta non solo non ha l’età, ma neanche la voce. «Se allora mi avessero detto che dopo sessant’anni avrei cantato di nuovo “Non ho l’età”, avrei risposto “speriamo di no”, quasi per non lasciarmi più irretire dai meccanismi dello show», commenta. «E invece ora si chiude un cerchio ed è bellissimo».

La grazia di Roberto Bolle invade l’Ariston con il Bolero e il pubblico si esalta. Luca Argentero fa uno spottone per la fiction “Doc”.

  • LA GARA, LA PAGELLA

Per esperienza, in genere i voti delle canzoni vanno a crescere in parallelo con la successione degli ascolti. Quest’anno, invece, è avvenuto il contrario. Al secondo ascolto cominciano già a stancare. E i voti scendono rispetto al debutto.

“Pazzo di te”, Renga & Nek – 4

Intreccio fra due belle voci che sanno dialogare nella diversità. Una melodia classica, che ricorda Battisti, ma non resta. Banale. 

“La rabbia non ti basta”, BigMama – 5.5

Cavalca la sua crociata antibodyshaming, antibullismo, antidepressione al ritmo di urban rap. Ma la rabbia è nel testo, la voce non esplode. Ricorda l’hip hop di Madame.

“Tutto qui”, Gazzelle – 6

Indie pop allo stato puro. Con gli occhiali da sole è un po’ Tommaso Paradiso e un po’ Liam Gallagher. Parole e musica possono stringersi al cuore di molti romantici.

“Onda alta”, Dargen D’Amico – 5

Occhiali da sole colorati. Alle sue spalle dei Men in Black. Cassa dritta e beat elevatissimo. Mescola dance e migranti. Non si capisce se sia un genio o un mistificatore. Le giurie propendono per la seconda ipotesi, non va oltre il ventesimo posto.

“Il capolavoro”, Il Volo – 4

Molto meno opera e più pop. Si dividono le parti nella strofa e poi, all’unisono, nel chorus mettono il turbo. Vecchi sin da bambini.

“Pazza”, Loredana Bertè – 7

Riff di chitarra elettrica che funziona. Torna la grinta di un tempo, e ha un brano all’altezza. Manifesto rock di una «ragazza che per poco si incazza… Io sono pazza di me perché mi sono odiata abbastanza… col cuore che ho spremuto come un dentifricio e nella testa un fuoco d’artificio». Nel mediocre contesto, può risultare un capolavoro.

“Ricominciamo tutto”, Negramaro – 5

Giuliano Sangiorgi col falsetto domina. Un countdown segna il tempo di una storia d’amore che riparte. Ballatona alla Coldplay che cita Lucio Battisti: «Discese ardite e risalite?… Eravamo una canzone di Battisti anche senza le bionde trecce». Ma risulta piatta e non riesce a decollare.

“Tuta gold”, Mahmood – 7.5 

Vestito di pelle nera, conferma il suo stile compositivo, con le sfumature vocali e i richiami tribali. Porta l’aria del Sahara all’Ariston. Brevi inserti che riecheggiano il suono metallico di un cellulare. La base ritmica è potente: una danza del ventre trap. Raggiunto da un gruppo di ballerini sul palco. Di una spanna sopra gli altri. Artista di spessore internazionale.

“L’amore in bocca”, Santi Francesi – 6.5

Uno alle tastiere, l’altro canta. «Mi hai lasciato con l’amore in bocca senza farlo apposta, sono le ultime gocce di pioggia», cantano su un buon groove che dovrebbe funzionare. Sulla scia dei Subsonica.

“Ti muovi”, Diodato – 9

Crea subito intimità. Il brano parte lento, con un andamento alla Radiohead, poi, quando la canzone prende quota, diventa soul. C’è un crescendo della linea melodica. Ballerini in scena a rendere il caos interiore, la sua voce è una lama che trafigge. Il migliore.

“Mariposa”, Fiorella Mannoia – voto 6.5

Si tuffa fra ritmi latini e, tra «stupore e meraviglia, negazione e orgasmo», «libera, orgogliosa canto». C’è il Battisti etnico di Respirando, e nel testo De André. Cresce di sera in sera. Da veterana ottiene l’ovazione della platea dell’Ariston.

“Fino a qui”, Alessandra Amoroso – 6.5

Elegante e sexy in lungo nero, con scollatura profonda sulla schiena. Il pianoforte introduce la canzone. La melodia della strofa richiama Un mondo d’amore di Gianni Morandi. La scrittura è tradizionale, in stile Sanremo anni Novanta. Il ritornello, lanciato con la chitarra elettrica, ricorda la battistiana Il mio canto libero. Fra le citazioni anche Sally di Vasco Rossi. La voce, come sempre, c’è. Era entrata papessa, esce cardinalizia.

“Vai!”, Alfa – 5

Stava rischiando di essere eliminato alla vigilia per aver scherzato su Instagram sulle parole della sua canzone, poi è stato accusato di plagio: la sua canzone somiglia troppo a Run di One Republic. Country, folk al trotto, con tanto di “uh-uh” e fischietto, e uno strappo rap. È fra i primi dieci, grazie anche al tutor Roberto Vecchioni che ha avuto al fianco nella serata dei duetti.

“Tu no”, Irama – 4.5

Completo nero anche per lui, ma su petto nudo con tatuaggio a vista. Inizio sinfonico, come un inno nazionale. Poi si attacca al microfono spremendo le tonsille imitando Lewis Capaldi. «Solo una stupida canzone», come canta lui stesso. Ma piace ed entra in finale fra i primi cinque.

“Casa mia”, Ghali – 6

Abito nero futurista, avvia un dialogo orecchiabile e ballabile con un alieno: vuole essere una fotografia della nostra società.  Ricciolino, il pupazzo-alieno che si aggirava all’Ariston, lo raggiunge sul palco ondeggiando sul ritmo e, al termine dell’esecuzione, suggerirà a Ghali: «Stop al genocidio».. Un testo graffiante – “ma come fate a dire che è normale / per tracciare un confine con linee immaginarie / bombardare un ospedale. / Per un pezzo di terra o di pane / non c’è mai pace” – convince meno con il groove. Dalla scimmia che balla all’alieno che ondeggia. È nella Top5.

“Sinceramente”, Annalisa – 4.5

Sorprende Amadeus, evitando le scale. Sexy in reggicalze e profonda apertura “v” sul petto, alterna un ritornello sincopato e dance, con un finale quasi operistico. Si avvertono influenze di Elodie, Colapesce Dimartino, e dell’indimenticabile Cuore matto. L’ambizione è di creare un tormentone invincibile. Ma è un tormentino adatto alle radio. Ruffiana. Ovazione dell’Ariston. È la terza incomoda nella sfida a due fra Geolier e Angelina Mango. 

“La noia”, Angelina Mango – 7.5

Twerka la cumbia colombiana ma dentro c’è il suo Mediterraneo. Sul finale osa il canto a cappella. Originale. Ballabile. Bella voce. Padrona del palcoscenico al suo debutto. Degna figlia d’arte. Scivola nel finale inciampando nel vestito lungo. Ovazione.

“I p’ me tu p’ te”, Geolier – 6

Piace ai giovani, ma ha un aspetto da anziano. Quando dice “dispiaciuto” si batte espressivamente sul petto: è una canzona sentita. Ha un arrangiamento efficace con degli stop and go: un mix tra neomelodico e urban e techno. Un pezzo modernissimo. Peccato la mancanza di sottotitoli. Solo una frase è in italiano, il resto è uno slang napoletano.

“Apnea”, Emma – 4.5

Vintage assoluto con un quasi omaggio a Viola Valentino. Loop di batteria anni Ottanta, pulsante. Il ritornello sa di Francesco Gabbani. Perfezionista nel canto e nell’espressività, sicurezza da veterana. Ma non lascia il segno.

“Fragili”, Il Tre – 3

Petto nudo per mostrare un tatuaggio per il quale avrà speso un capitale. Trap usa e getta, che fa rima con trash. Bocciato dall’Accademia della Crusca. Nomen omen.

“Ma non tutta la vita”, Ricchi e Poveri – 6.5

Si autocitano all’inizio per poi cantare una melodia accattivante e retrò, ritmo latino ballabile fra lambada e Raffaella Carrà. Entrano poi i ballerini in scena, e si muovono con una coreografia dietro ai cantanti. Balla anche l’Ariston. Carina.

“Un ragazzo una ragazza”, The Kolors – 3

Atmosfere anni Ottanta, con richiami a Salirò di Daniele Silvestri. Hanno sbagliato Festival, canzone più adatta al Festivalbar. Ah, vero, non c’è più. Però questo Sanremo lo ricorda molto. Come siamo caduti in basso.

“Spettacolare”, Maninni – 5

Una via di mezzo fra le atmosfere melodiche del suo Pigmalione Ermal Meta e quelle di Diodato. Il testo è un puzzle di frasi banali. Sanremo vecchio stile.

“Autodistruttivo”, La Sad – 2

Creste blu, verdi e rosse per un tricolore punk. Abbigliamento da Mad Max. Gestualità da arrabbiati. Ragazzi travestiti per andare magari a un Carnevale punk. La musica però è pop. Alla fine, sproloquiano su un mondo La Sad anti-tutto. Una pagliacciata. 

“Due altalene”, Mr. Rain – 5

Comincia seduto al pianoforte. Voce effettata. Due altalene bianche in scena. Si dondola mentre parla di una perdita, di un lutto, di un genitore che perde un figlio. La melodia, cantilenata nel suo stile, sembra la stessa di “Supereroi”, ma non resta nell’orecchio come la precedente. Refrain da accendino acceso. 

“Il cielo non ci vuole”, Fred De Palma – 3

Cita “Sweet dreams” degli Eurythmics. Spezza le parole in stile trap. Il groove del ritornello vuol far ballare ma non decolla mai. Anzi, precipita all’ultimo posto.

“Finiscimi”, Sangiovanni – voto 2

Si lamenta in modo poco comprensibile in una canzone priva di tutto, di melodia, di ritmo, di ritornello, di intelligenza. Monotona. Non è decollato. Riesce tuttavia a perdere anche la sfida per l’ultimo posto, che perde all’ultimo televoto.

“Diamanti grezzi”, Clara – voto 5.5

La ragazza di Varese ha bruciato le tappe: dal set di “Mare fuori” alla vittoria a Sanremo Giovani che le ha aperto le porte del Teatro Ariston. Bella ed elegante, fasciata di grigio argento. Archi e voce a terzine. La melodia del brano si intreccia col ritmo quando parte il ritornello. In corsa per lo scettro dell’urban. Sulla scia di Elodie e Mahmood.

“Governo punk”, Bnkr44 – 4

Si presentano come dei wild boys di provincia. Vogliono apparire ribelli e trasgressivi ma sembrano l’opposto. Gestualità hip hop, a turno si alternano sul proscenio. Cantano, si muovono e ballano con leggerezza da tiktoker. Boy band da asilo nido.

“Click Boom!”, Rose Villain – 6

Ci sono richiami all’indie dolce di Ariete. Nella seconda parte l’interpretazione è più aggressiva e ricorda il suo Pigmalione Achille Lauro: i battiti salgono. E poi lancia la voce per la melodia del ritornello. Una canzone dalle tante anime.

1 Comment

  • Mario Annino Febbraio 11, 2024

    Cala finalmente il sipario sul Festival della Non Canzone Italiana. SI conclude così la più spregevole delle edizioni di tutti i precedenti Festival di Sanremo. Una kermesse durata fin troppo, scandita dalla partecipazione di un coacervo di scappati di casa, travestiti da artisti e abbigliati in tenuta carnascialesca. Uno schiamazzificio sfrontato, a tratti anche offensivo della sensibilità di molti, che si è protratto per ben cinque giorni, producendosi in una performance circense in cui, a farla da padrona, non è stata la Canzone Italiana.

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