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Roll over Verdi, Paolo Conte alla Scala

Il “canzonettista” di Asti, come ama definirsi questo signore con i baffi ispidi e un grosso naso, il prossimo 19 febbraio, a 86 anni, sfiderà il loggione. La musica moderna diventa classica e invade i teatri d’opera. Il Teatro Bellini di Catania omaggia Lucio Battisti, mentre al Teatro Garibaldi di Modica Lucio Dalla ed Enzo Avitabile coabitano con Mozart e Beethoven 

“Roll over, Beethoven”: fatti più in là, nonno Ludwig, cantava Chuck Berry verso la metà del secolo scorso. “Passa oltre Beethoven e goditi questo rhythm‘n’blues”, continuava. Dopo oltre sessant’anni il compositore delle nove sinfonie, come Bach, Mozart, Chopin e Tchaikovsky, anche lui tirato in ballo nella canzone del rocker di Saint Louis, si devono mettere da parte per lasciare il passo a nuovi autori. 

Dopo anni di trasgressioni e ribellioni, la musica moderna – che sia rock o pop – ha prodotto una sua classicità. Fors’anche perché il rock, quello di “Elvis the pelvis” o del satanico Mick Jagger, non c’è più. Caduta la retorica della provocazione resta la musica. Caduta l’attualità resta l’eternità. Jimi Hendrix è un classico, come Gesualdo da Venosa, Bach, Jelly Roll Morton, Ludwig van Beethoven, Louis Armstrong, Charlie Parker, Miles Davis. Andrebbe studiato dai musicologi, non usato come metafora del tempo. Come andrebbero studiati i Led Zeppelin, gli U2 e perfino i Radiohead, i Rage Against The Machine e Jeff Buckley. 

Classico è Dylan, premio Nobel alla letteratura, che ripropone Like a Rolling Stone, canzone che ha fatto la storia del rock e che ha folgorato una intera generazione, e che lui spesso strapazza e rivolta ai limiti della riconoscibilità. Classici sono i Rolling Stones che ancora cantano I can’t get no satisfaction più o meno alla stessa maniera di sessant’anni fa. Sono i Beethoven, i Mozart, i Bach del nuovo secolo. E The Wall, nella nuova riproposizione di Rogers Waters, suona quasi come un’opera dell’Ottocento. D’altro canto, era il sociologo Omar Calabrese ad affermare che «il rock nel nostro secolo (eravamo ancora nel Novecento, nda) è come il melodramma per l’Ottocento, una forma di spettacolo totale».

«Il rock è la nuova musica classica», fa eco l’ex rocker ribelle Eugenio Finardi. «È un classico che dagli anni Cinquanta si evolve e non muore mai. Prima Elvis, poi negli anni Settanta il rock duro (e in Italia un gran movimento con gli Area, Walter Calloni, Alberto Camerini, Lucio Fabbri), poi negli anni Ottanta l’elettronica e via via sempre nuove innovazioni ma in linea con la tradizione».

Nei tradizionali circuiti di musica classica e cameristica, troviamo in cartellone riletture di “classici” dei Genesis o dei Pink Floyd, vengono eseguiti Franco Battiato e Fabrizio De André. I violini suonano Beatles e Queen ed i violoncelli inseguono la chitarra di Jimi Hendrix. Il Teatro Bellini di Catania omaggia Lucio Battisti, mentre al Teatro Garibaldi di Modica Lucio Dalla ed Enzo Avitabile coabitano con Mozart e Beethoven. E Paolo Conte, dopo aver girato tutti i teatri d’opera italiani, entra al Teatro della Scala. Primo “non classico” a calpestare il palco del Tempio nazionale della musica, scrive qualche giornale. “Non classico” sarà il giornale o l’autore del titolo, perché il “canzonettista” di Asti, come ama definirsi questo signore con i baffi ispidi e un grosso naso, triste come una salita, ha fotografato con i suoi testi e le sue musiche un secolo, il Novecento. Accadrà il prossimo 19 febbraio, un mese dopo che Paolo Conte avrà compiuto 86 anni. E potrebbe essere l’ultimo concerto dell’autore di Azzurro.

Ecco, la musica moderna (quella buona) ormai è classica. Con buona pace di chi ancora continua a distinguere fra musica “colta” e musica “leggera”. Roll over Verdi, e goditi Paolo Conte. 

Viva la musica che ti va / Fin dentro all’anima che ti va / Penso di credere che finirò / Sempre di vivere di te / Parapunzipunzipunzipum / Parapunzipunzipunzipum

Paolo Conte “Dal loggione”

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