Storia

Le capitali del rock/1: Seattle

Il mito della città che ha dato i natali a Jimi Hendrix e al grunge, sinonimo di Boeing e Microsoft, modello da emulare nella “raggiante Catania” degli anni Novanta

Seattle è un mito. Sinonimo di Boeing e di Microsoft. «Città drogata di caffè», come affermava Cameron Crowe, regista di Singles, alludendo alla catena Starbucks che da queste sponde del Pacifico ha invaso il mondo. Seattle, capitale del grunge, cappuccino ed eroina, come disse con maggiore crudezza Courtney Love, cantante delle Hole e moglie di Kurt Cobain, pochi giorni dopo il suicidio del marito.

La casa di Kurt Cobain

Il leader dei Nirvana era solo nella sua villa di Washington Lake Boulevard quel 5 aprile del 1994, quando si uccise con un colpo di fucile. Lo trovarono un paio di giorni più tardi. La villa si trova al numero 171. Nessun segnale la indica. Lo s’intuisce da alcuni mazzi di fiori lasciati su una panchina che fa da scarno monumento funebre sul prato dell’abitazione. Un prato, un albero, una panchina: tutto qui il memoriale “spontaneo”. Al margine superiore si trova un’aiuola in disordine e su un segmento di tronco poggiato a terra qualcuno ha inciso: “Kurt rip”, Kurt, riposa in pace. I sentieri aperti da chi voleva avvicinarsi di più alla villa si diramano in varie direzioni, ma tutti s’interrompono davanti alla muraglia di vegetazione abitata da scoiattoli. Courtney Love, l’odiata vedova Cobain, ha fatto abbattere un albero accanto alla recinzione della proprietà, perché i più arditi si arrampicavano sopra e saltavano dall’altra parte.

Seattle è un mito. Una delle più importanti capitali della musica. Soprattutto per quella generazione cresciuta tra la fine degli anni Ottanta e i Novanta, quando da questo tratto di costa pacifica scaturì una violenta scossa che diede origine a una nuova, forse ultima, rivoluzione nel rock: il grunge. La musica indipendente conquistò la vetta alle classifiche, dando voce alle inquietudini di quella che allora veniva chiamata la Generazione X, come è stata raccontata nel libro di Douglas Coupland: ragazzi dall’avvenire senza sicurezze e privo di riferimenti, senza sogni collettivi, che aveva perso il gusto dello sberleffo e della contestazione, avendo perso un nemico da combattere.

Una panoramica di Seattle scattata dall’alto della Space Needle

Screeming Trees, Mudhoney, Melvins, Alice in the Chains, Mother Love Bone, Soundgarden, fondendo new wave inglese, punk e hard rock, danno vita al nuovo genere, trasformando Seattle nella “nuova Liverpool”, come scrisse il New York Times. I club si riempirono di band, mentre la città brillava sotto il sole digitale della Microsoft, che andava conquistando il mondo con Windows. E come ogni rivoluzione, anche quella del grunge ebbe le sue icone: Nirvana e Pearl Jam, Kurt Cobain e Eddie Vedder, ma soprattutto il primo, l’angelo biondo del nuovo rock morto all’età di 27 anni suicida, finale tragico di un movimento che esaurì la sua forza eversiva in poco tempo, fagocitato dall’industria discografica che proprio in quegli anni cominciava a fare i conti con il peer-to-peer e il downloading illegale.

Seattle è un mito. Soprattutto per chi ha vissuto il periodo verso la metà degli anni Novanta in cui Catania fu accostata alla città americana. Quando la “primavera” del sindaco Enzo Bianco riempì di fiducia e speranze una città mortificata dalla politica e dalla mafia. Come a Seattle, anche all’ombra dell’Etna si visse un “rinascimento”. I giornalisti e i talent-scout arrivarono a decine da tutto il mondo, mentre la città brillava sotto un sole reale e raggiante ed il centro storico si illuminava delle luci di pub e locali dove i giovani si riunivano per fare e ascoltare musica. Francesco Virlinzi fondava la Cyclope records, una delle prime etichette indipendenti italiane. Nascevano i Flor de Mal, gli Uzeda, Brando e i Boppin’ Kids, Carmen Consoli. Catania diventava tappa per Steve Albini, produttore dell’album In Utero dei Nirvana, dei Fugazi e dei Rem. La Catania-Seattle d’Italia dura pochi anni: il sogno, o forse l’illusione, svanisce nel 2000, con la morte prematura del suo inventore e sostenitore Francesco Virlinzi. 

L’Experienze Music Project

Seattle resta un mito. Ha raccolto la sua storia musicale in un museo, l’Experienze Music Project. Visto da vicino, sembra un’accozzaglia di lamiere colorate, ma dall’alto ricorda un’enorme chitarra. Custodisce i cimeli di Jimi Hendrix (un altro “rivoluzionario” nato qui) e dei Nirvana dentro teche di vetro infrangibile. Il Guggenheim lisergico di Seattle, realizzato nel 2004 da Frank Gehry, si trova nel cuore della metropoli americana, ai piedi della Space Needle, la torre simbolo costruita in funzione dell’Expo 1962. 

Lungo un corridoio oscuro, i visitatori scattano foto, aggirandosi tra chitarre sfasciate e memorabilia con in testa le cuffie dell’audioguida, dalle quali escono le note di All apologies. La mostra dedicata ai Nirvana s’intitola Taking punk to the masses, ma l’attrazione principale è al terzo piano ed è la interactive music experience galleries: laboratori sonori, dove tutti possono andare a suonare uno strumento, fare una jam, registrare un promo, essere protagonisti su un palco. Forse sarebbe dovuta essere così la Casa della musica che è stata sempre promessa a Catania e non è mai stata realizzata. 

Il Totem composto da strumenti musicali al centro dell’Experienze Music Project

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