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Risate “scorrette” con Checco Zalone

Il comico pugliese in Sicilia con lo spettacolo “Amore + Iva”. Personaggi nuovi e due canzoni inedite. L’imitazione di Putin e un’adozione arcobaleno a Predappio. «In teatro rispetto al cinema c’è più libertà». «Mi sento un pianista mancato». Il 6 e 7 luglio a Palermo e il 10 e 11 a Taormina

Guizzo dissacrante, sberleffo politicamente scorretto, dopo il successo a Sanremo con la favola anti-omofobia e la parodia del virologo preoccupato per la fine della pandemia, Checco Zalone torna ad abbracciare il pubblico nei teatri con il nuovo one man show, Amore + Iva che sbarca in Sicilia per quattro date: giovedì 6 e venerdì 7 luglio al Teatro di Verdura di Palermo ed il 10 e 11 luglio al Teatro antico di Taormina con il nuovo spettacolo Amore + Iva.

Il titolo è ispirato dalla strofa del brano The End dei Beatles “The love you take is equal the love you make”, che Zalone interpreta come “l’amore che prendi è uguale a quello che dai: praticamente si tratta dell’Iva”. E che introduce dicendo: «Bisognerà spiegare questo titolo, perché spesso ci sono dentisti in sala. Allora, che cos’è l’Iva, cari dentisti…».

Ironia a parte, il perno del nuovo show rimane l’amore, declinato su diritti civili, integrazione e solidarietà, protagonista assoluto di una “lezione” tenuta in un’aula che funge da scenografia. Monologhi, imitazioni e canzoni si alternano in quasi due ore di spettacolo nel quale spuntano dal cilindro personaggio nuovi come il direttore d’orchestra Riccardo Muti che a «maestro» preferisce l’epiteto «genio» o Vasco Rossi «ex drug and rock‘n’ roll». Oltre al duetto improbabile della coppia in là con gli anni Celentano e Mina, spunta anche uno sketch sull’«orfano di Predappio» di nome Benito che «corre il rischio» di essere adottato da una famiglia arcobaleno. 

Lo spettacolo è aperto dall’imitazione del presidente russo Vladimir Putin che, in grammelot che unisce russo, italiano e pugliese, si dice innamorato dell’Italia e delle canzoni dei Ricchi e Poveri ma non per questo non rinuncia all’idea di usare l’atomica contro il nostro Paese. Sempre la caricatura di Putin (a cui Zalone aveva già «dedicato» la sua ultima canzone Sulla barca dell’oligarca da quasi un milione di view su YouTube) chiuderà lo show con uno sketch che omaggia Il grande dittatore di Charlie Chaplin. Un Putin che confessa la vera natura dell’«operazione speciale» in Ucraina, equivocata dai suoi generali, ovvero un intervento di allungamento del pene.

Nel mezzo, due ore di spettacolo in cui Zalone – al secolo Luca Medici – si presenta come il mitico Ragady, rapper brianzolo con il suo hit “Poco ricco” («Sento tanfo di reddito di cittadinanza qua» dice al pubblico presentandosi) così egocentrico da non accorgersi, in piena pandemia, di ciò che sta succedendo attorno a sé (il 9 marzo 2020 per lui è giorno memorabile perché gli si è rotto lo schermo dell’iPhone), ossessionato com’è solo dai follower (il suo modello è il Gesù del «chi mi ama mi segua»). Indimenticabile resta la Gilda di Bari, cinquantenne in pace con se stessa e il suo botulino, selfie addicted al bar con le amiche, che vuole adottare un profugo ucraino, ma purtroppo sono finiti. E alla proposta di prendere dei profughi siriani, disponibili, risponde scontenta: «Ho il parquet scuro, non staccano». C’è spazio, naturalmente, anche per alcuni cavalli di battaglia del comico, come la fiaba calabrese della Cenerentola trans brasiliana e l’imitazione di Tiziano Ferro, i bis con “Gli uomini sessuali” e “Angela”.

Zalone non sarà cattivissimo come Ricky Gervais o Louis CK, o come Angelo Duro (per citare un comico nostrano, peraltro di scena il 7 agosto a Taormina), eppure la sua comicità politicamente scorretta ma simpatica, perché meno idiosincratica ed estrema, risulta proprio per questo più insinuante, dal momento che impedisce allo spettatore di opporre delle resistenze: è un cavallo di Troia che penetra nella cittadella del lato oscuro dell’italiano medio, con il suo conformismo e il suo razzismo, e costringe all’identificazione nei “nuovi mostri” che ci presenta, impedendoci di spostare l’attenzione sul nostro vicino di poltrona. È uno specchio in cui ci riflettiamo in tutta la nostra bruttezza morale, che preferiamo nascondere.

Alcuni momenti dello spettacolo “Amore + Iva”

Zalone ammette che in teatro rispetto al cinema «c’è più libertà». Anche se lui stesso in questo caso si è autocensurato: «Avevo immaginato il Dj Kalashnikov: faceva ridere, ma tengo famiglia…». Recordman degli incassi cinematografici con oltre 220 milioni raccolti con i suoi film (Cado dalle nubi, Che bella giornata, Sole a catinelle, Quo vado? e Tolo Tolo), Zalone interviene anche sulla crisi del nostro cinema al botteghino: «Non sono andato a vedere film italiani. Certo, si sono moltiplicate le piattaforme, probabilmente i contenuti non sono all’altezza dei contenitori: mia madre, settantenne analogica, va con nonchalance su Prime o su Netflix. Ma sono cazzi loro, ora mi occupo di teatro». 

Da «pianista mancato» («Non possiedo beni di lusso, tranne un pianoforte che – ride – abbiamo solo io e Pippo Baudo. Io vorrei essere Bollani») sul palco proporrà anche canzoni inedite: «Ho preso spunto da Vincenzina e la fabbrica di Jannacci e ho pensato alle attuali Vincenzine, le influencer attaccate al telefonino: è nata così Vincenzina e lo smartphone». E poi «Arteriosclerosi: è la storia di due persone di ottant’anni che rinnovano ogni giorno il loro amore perché non si riconoscono. L’avevo scritta per Celentano e Mina, non so perché non l’hanno voluta cantare». 

Checco Zalone, pseudonimo di Luca Pasquale Medici, classe 1977

Rispetto al Resto Umile World Tour, «oggi è molto più difficile trovare prede, risultano meno interessanti i personaggi che si danno ai social. Allora l’apice era l’imitazione di Saviano, che in quel momento lì era intoccabile. Oggi non è più così, è difficilissimo far ridere senza risultare banale, scontato», sottolinea. Solo una volta si è pentito di un suo numero: «L’imitazione di Misseri: forse ho sbagliato, era eccessiva. Da lì ho imparato a limitarmi, tracciando una linea di confine tra ciò che è simpatico e ciò che è inopportuno».

E alla fine un augurio: «Lunga vita a tutti quelli che prendo per il culo».

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