Storia

Picciotto: il mio rap contro crack e fasci

Terza “doppietta” del rapper palermitano con due singoli di spietata denuncia. Dai centri sociali a operatore nei quartieri popolari: «La musica come strumento per frenare la dispersione scolastica, a Borgo Vecchio un ragazzino su tre non va a scuola». «Droga e social hanno effetto anestetizzante sui giovani e prevale la politica che ha nella superficialità e nel populismo le sue bandiere»

“La storia si ripete e ripropone l’eroina e i fasci”. Una frase dura, pesante. Che rappresenta la realtà di una città, per certi versi specchio del Paese: Palermo. La rappa Picciotto, nome d’arte di Christian Paterniti, in Crack, spietata denuncia che ricorda il miglior Anastasio.

«Non è casuale, quando mancano riferimenti politici dal basso», spiega Christian. «Una volta c’erano i centri sociali, io facevo parte del Comitato senza casa. Vengo dal Movimento, quello con la “M” maiuscola. I tempi cambiano. Se manca un Movimento forte, manca la fonte di stimoli. Prevale così la politica che ha nella superficialità e nel populismo le sue bandiere».

Crack, la droga dei giovanissimi

E torna l’eroina che oggi si chiama crack. La droga dei giovanissimi, che dilaga da Palermo a Catania, nei quartieri popolari come in quelli della movida. Una droga ancora più subdola dell’eroina: costa poco, ma fa più male. «Come indica il nome ti spacca il cervello», riprende il rapper palermitano. «Ci vuole niente a essere intrappolati: provi una volta e diventi dipendente, perché crea assuefazione più dell’eroina. È un mercato nel quale ci sguazza la micro e la macro criminalità. È un tipo di anestesia delle menti, uno strumento per non far pensare, nel quale il giovane si annulla. La diffusione del crack nei quartieri popolari è una conseguenza dei disservizi delle istituzioni, è responsabilità delle scuole, delle famiglie. Palermo è un mercato del crack a cielo aperto perché è una città che non fa nulla per i giovani. Nei luoghi della movida trovi una socialità vuota. L’avvento massivo dei social ha abbassato la curiosità e il livello di attenzione delle nuove generazioni. I social sono, con il crack, l’altra componente anestetizzante. Appagano virtualmente il bisogno di socialità».

La spinta di quel Movimento si è esaurita. «Un po’ a causa degli sgomberi, ma soprattutto perché si è smesso di credere in un cambio generazionale. Se non riesci a dialogare con i giovani, non avrai futuro», riflette Christian. «Lavorando nelle scuole come operatore sociale sono rimasto aggiornato sui linguaggi e i bisogni delle nuove generazioni». 

Christian è nato a Ciaculli, negli anni Ottanta, «quando ti insegnavano a essere omertoso e lungo le strade c’erano i blindati dell’Esercito». Contro le ingiustizie e la criminalità si è sempre schierato con le sue canzoni, vincendo nel 2017 il premio “Musica contro le mafie” con la canzone Amarcord 2.0. È poi cresciuto a Borgo Vecchio, dove lo ritroviamo mentre sta andando a partecipare a una passeggiata letteraria. Da quindici anni si occupa di laboratori di scrittura creativa incentrati sul rap e di progetti di contrasto alla dispersione scolastica, lavorando nelle scuole e in diversi quartieri popolari di Palermo. «Il rap è uno strumento per riavvicinare i ragazzi alla scuola. Con questa forma di scrittura io insegno storia e filosofia. Il gioco è farli sentire protagonisti. Bisogna fare le cose con qualcuno non per qualcuno. L’assistenzialismo, insieme alla mafia, è una delle piaghe della Sicilia», sostiene. «In questa città mancano alternative culturali, non esistono spazi per la creatività. Nessuno interviene per frenare la dispersione scolastica: a Borgo Vecchio un ragazzino su tre non va a scuola. Quando la scuola dovrebbe essere l’ultimo baluardo per socializzare, la politica che fa invece? Riduce i fondi alla scuola e alla sanità pubblica».

L’etichetta Lo Stato dell’Arte

Punto d’arrivo importante del lavoro svolto nei quartieri popolari di Palermo e che vede nella musica un volano di emancipazione e riscatto, è la creazione dell’etichetta Lo Stato dell’Arte, incubatore di giovani talenti d’estrazione musicale diverse, centro di produzione cinematografico e editoriale, nato all’interno di un bene confiscato alla mafia. «Vuole essere una cartolina sonora della città. C’è molto fermento musicale oggi a Palermo, ma c’è anche il rischio di dispersione. Non si riesce a fare rete, mancano i locali che possono dare sbocco ai talenti. I miei amici rapper, da Marracash a Ghemon, mi chiedono di organizzargli un evento a Palermo, ma non c’è un luogo adatto a ospitare un loro show».

Lo Stato dell’Arte ha sfornato venti singoli in sei mesi, sei dei quali di Picciotto. O, meglio, tre “doppiette”. Perché il rapper palermitano vede i singoli come i 45giri di una volta, con un lato A e un lato B. «Un po’ è così, un po’ è per una sfida al mercato che oggi punta tutto sui singoli», spiega. «Sono brani speculari, con un filo conduttore, visioni con colori diversi di una realtà, bianco e nero».

Christian Paterniti, in arte Picciotto

La prima “doppietta” è stata formato dai brani Manila e AMhardcoreD, pubblicati l’8 marzo scorso, che narravano una storia più personale del rapper, incentrati sulla sua vita privata e sulla sua primogenita. La seconda – Miracoli e Bimbi – aveva per tema l’infanzia e l’adolescenza negata, il carcere e la vita nei quartieri. Quest’ultima, appena pubblicata, è composta da Crack versus 101 dove rappa: «Dai miei 18 col G8 al 5G 4K 3D … al Ghettoblasta fino a dire “non si vendono i cd”». 

Andranno a far parte del concept album RAPporti, di imminente uscita, che sarà suddiviso in quattro capitoli. «Sono sedici canzoni, divise in quattro macrotemi scontri-incontri: fake vs. real, carcere vs. quartiere popolare, ovvero gabbie reali e gabbie mentali, musica vs. money, infine Picciotto vs. Christian».

In Crack si chiede: “Dove finisce Picciotto e comincia Christian…”?

«Prima con una psicoterapeuta e con l’album TeRAPia ho cercato di sfuggire alle mie paturnie. Quando ho scritto la prima “doppietta”, Manila, dedicata alla mia prima figlia, e AMhardcoreD, sono finalmente riuscito a tirare fuori tutti i miei mostri. Lì ho capito che Picciotto e Christian devono andare sempre d’accordo».

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