Disco

“Multitudes”, il capolavoro di Feist

La cantautrice canadese pubblica il suo album più semplice e, nello stesso tempo, più ambizioso. Un tumulto di emozioni contrastanti per la nuova maternità e il dolore del lutto sussurrate alla chitarra. Un songwriting coinvolgente e melodioso. In questo disco l’artista è una neomamma, una maga, una figlia in lutto, un’esorcista, una madre single, una leader del coro che canta agli uccelli, e gli uccelli cantano di rimando
La copertina del disco

Leslie Feist, la “cantante cosmopolita”, la “cinguettante indie rocker”, la riluttante idolo pop, la “traduttrice del crepacuore millennial”, dopo sei anni di fermo discografico è tornata. In questo arco di tempo dall’uscita del suo ultimo album, Pleasure, sono accaduti importanti cambiamenti per la quarantasettenne cantautrice canadese. Si è trasferita a Los Angeles, ha adottato una figlia e ha perso il padre. Morte, nascita e tenacia caratterizzano il suo commovente, crudo e, talvolta, imprevedibile sesto disco, Multitudes.

Negli ultimi tre decenni, Feist si è affermata nella musica indie come una delle voci più distintive della sua generazione. Dal suo debutto da solista nel 1999, ha pubblicato dischi candidati ai Grammy che oscillano tra intimità e sperimentazione. Al culmine della sua popolarità – con 1234, canzone del 2007 che è stata colonna sonora di uno spot per iPod, e Mushaboom del 2004 – ha cavalcato influenze pop, vestendo composizioni stratificate con una semplicità orecchiabile. Ma anche il suo catalogo è pieno di dettagli sonori insoliti: Metals del 2011 è punteggiato da esplosioni di chitarre che pestano, urlano e graffiano, mentre Pleasure (2017) l’ha vista allungarsi in tracce di cinque minuti che si dispiegano in riff spavaldi.

Nelle dodici canzoni di Multitudes, Feist adotta la morbidezza, la parsimonia e la severità melodica in modi accattivanti. Durante il tumulto di emozioni degli ultimi anni ha scritto schegge e frammenti. Ha disegnato schizzi durante spettacoli dal vivo sperimentali nel 2021 e nel 2022, insieme a un tour internazionale con gli Arcade Fire, che ha abbandonato in seguito alle accuse di molestie sessuali contro il frontman Win Butler. Tornata in California, ha unito le sue idee nelle sessioni di registrazione con i collaboratori di lunga data Mocky e Chilly Gonzales. I progressi possono essere stati graduali e a volte oscillanti, ma i risultati sono straordinariamente lungimiranti e coerenti. 

In  Multitudes, Leslie Feist è una nuova madre che fa addormentare dolcemente il suo bambino con ninne nanne di paura e morte. È una maga che incanala tuoni e fulmini, trovando vita nel rombo e nel lampo. È una figlia in lutto con una nuova comprensione di cosa significhi essere soli. È un’esorcista che scaccia  la nostra ansia collettiva con urla che potrebbero svegliare i morti. È una madre single di 47 anni che guarda oltre l’amore romantico. Lei è una leader del coro che canta agli uccelli, e gli uccelli cantano di rimando.

Leslie Feist, 47 anni

La canzone d’apertura In Lightning funge come una sorta di catarsi, con Feist che canta un’armonia corale su tamburi rumorosi e synth bass, arrendendosi alle emozioni contrastanti per la nuova maternità e il dolore del lutto che caratterizzano il disco. Le successive Forever Before e Love Who We Are Meant To, in gran parte basate sulla chitarra acustica, sono straordinarie: la sua voce sottile sussurra in modo tale che possiamo sentire i silenzi, il suo respiro, il tintinnio delle unghie sulle corde. Qui canta la linea sottile tra paura e impavidità che deriva dall’essere un genitore, mentre sceglie melodie cicliche che calmano come una ninna nanna.

L’interazione tra le semplici linee di chitarra di Feist e gli arrangiamenti di archi di Miguel Atwood-Ferguson creano l’ambientazione perfetta per i suoi testi introspettivi e percettivi. Sulla percezione del dolore in Hiding Out in the Open chiede: “Tutti hanno la loro merda / Ma chi ha il coraggio di sedersi con essa?”. In The Redwing, tra folk e calypso, conclude che ha davvero quella capacità, offrendo una sorta di credo per l’album: che sia il suo canto come quello degli uccelli, direttamente dalla natura, sono scorci di verità. 

È un songwriting coinvolgente. Le tracce a volte si fondono l’una nell’altra senza molta distinzione. Finché Feist non esce dal suo languore acustico in Borrow Trouble, con i lamenti della chitarra elettrica e una batteria enfatica. La musica cresce sullo stridulo assolo di sax baritono di David Ralicke prima che Feist cominci a urlare fin quando la sua voce non si spezza, come se supplicasse di rimanere nella vita che ha creato. Un brano da brividi.

L’ultima riga di Multititudes cattura il sentimento dell’album in una concisa dichiarazione. Arriva alla fine della nuda traccia acustica Songs For Sad Friends. Nella canzone, Feist fa spazio tra le sue parole, accelerando e rallentando la sua resa lirica, catturando la natura fluttuante delle emozioni dal punto di vista sonoro prima che la lussureggiante orchestrazione di archi prenda il sopravvento. È uno dei momenti più viscerali dell’album, e lei canta le ultime parole come se ci fossero lacrime nei suoi occhi, prima di chiudere: “Ed è da qui che possiamo davvero iniziare”.

L’album è il punto culminante della carriera di un artista che produce musica narrativa piena di emozioni. È la dimostrazione che, nell’era dell’elettronica e degli effetti speciali, si può fare un album pregevole con una semplice chitarra. Bisogna avere soltanto le idee chiare e qualcosa da comunicare. 

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