Storia

La reina del Buena Vista in tour a 92 anni

Omara Portuondo, la protagonista del progetto che lanciò nel mondo il son cubano, pubblica un album con i suoi maggiori successi e canta su una sedia di vimini sui palchi di mezzo mondo, dal Sudamerica a New York fino a Barcellona in Spagna

“Una vita in vacanza / Una vecchia che balla / Niente nuovo che avanza”. Quando Lo Stato Sociale presentò questa canzone al Festival di Sanremo del 2018 la vincitrice morale di quell’edizione divenne Paddy Jones, la ballerina di 83 anni che accompagnò l’esibizione della band bolognese con una performance scatenata e difficile per qualsiasi danzatrice, figuriamoci per una donna della sua età. E lo scorso febbraio, alla veneranda età di 88 anni, a calcare ancora il palco dell’Ariston sono stati due monumenti della storia della canzone nazionale: Ornella Vanoni e Gino Paoli. Ancora dei “ragazzotti” a confronto con Charles Aznavour e Tony Bennett, il primo sul palco sino a 94 anni prima che un edema polmonare se lo portasse via, il crooner americano fermato alla stessa età dall’avanzare della malattia d’Alzheimer. 

D’altronde, come sostiene Niccolò Marchionni, professore ordinario dell’Universitа di Firenze nonché direttore del Dipartimento cardiovascolare dell’Ospedale Careggi, «un 65enne di oggi ha la forma fisica e cognitiva di un 40-45enne di trent’anni fa. E un 75enne quella di un individuo che aveva 55 anni nel 1980». Quindi può essere considerata una sessantenne Omara Portuondo che a 92 anni ancora gira sui palchi dei teatri sudamericani e questa estate si esibirà il 22 giugno a New York per poi venire in Europa ospite il 5 luglio del Festival Cruilla di Barcellona. 

Le cronache la raccontano seduta su una sedia di vimini a interpretare le canzoni di Vida, il tour con cui cerca di offrire al pubblico alcune delle canzoni più rilevanti della sua carriera di 75 anni. L’ultimo bolero della sua vita artistica.

Di Omara è uscito in questi giorni un album che la tramanda ai posteri come La Reina del Buena Vista, anche se lei continua a ripetere: “No soy reina de nada”. Non sono la regina di niente. Il titolo dell’album fa riferimento al progetto realizzato alla fine degli anni Novanta dal musicista e produttore americano Ry Cooder, coinvolgendo figure musicali di rilievo come Omara Portuondo, Ibrahim Ferrer e Compay Segundo per un disco e poi un docufilm sul son cubano. Venne così resa giustizia a una generazione di artisti cubani degli anni Quaranta e Cinquanta: album e film divennero un successo mondiale. Da quel momento la musica cubana assunse un altro status. Diventando sinonimo di cultura musicale, di buon gusto. Il Buena Vista Social Club alzò l’asticella, trasformando L’Avana in una capitale culturale.

Il tempo delle attenzioni mediatiche è finito, ma Omara Portuondo non ha smesso di cantare. Molti suoi compagni d’avventura non ci sono più, altri si sono ritirati. Lei no. Perché deve mantenere fede alla promessa fatta alla mamma che, prima di morire, le chiese di portare la sua musica nel mondo. 

La cantante cominciò la sua lunghissima carriera musicale in giovane età, a soli 17 anni. Adottò il soprannome “La novia del feeling” (la fidanzata del sentimento) quasi dal suo debutto, quando cantava gli standard jazz all’Avana con sua sorella Haydée Portuondo. «Ho esordito come ballerina al Tropicana con mia sorella Haydée», ricorda. «Poi lavorai con Loquibambia Swing e l’Orquesta Anaconda, infine con il Cuarteto d’Aida». Nel suo disco d’esordio, Magia negra (1959) c’era anche una versione di Caravan di Duke Ellington, tanto la parentela tra il cuban sound e il jazz era stretta in quegli anni prima dell’embargo.

Nell’album passa in rivista alcuni dei suoi cavalli di battaglia, da Besame mucho a Noche cubana, da Magia negra ad Oguere fino alla chiusura con Adiós. Un repertorio di canzoni, quello che l’interprete cubana si porta dietro, influenzato da alcune collaborazioni che ha collezionato durante i suoi 75 anni di carriera. Omara ha condiviso il palco con Édith Piaf negli Stati Uniti, con Bola de Nieve, con Beni Morel, con Eliades Ochoa, con Natalia Lafourcade, con El Cigala…

«Non penso alla morte», ha detto. «Sono vissuta abbastanza per capire che non esiste una data per andarsene. Il tempo è stato clemente con me. Quel che desidero è che la gente mi ricordi come l’eterna ragazza, come una donna cubana e come artista».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *