Disco

Mirkoeilcane nel solco di Battiato

– S’intitola “La musica contemporanea mi butta giù” il nuovo disco del cantautore romano. «Un omaggio al Maestro», ma anche una frecciata alla musica di oggi
– «Io sono dell’idea che la musica debba avere un contenuto, che non tutta l’arte sia fatta per monetizzare. Se si ha Spotify come obiettivo, la musica c’entra poco. Se si pensa ad altre realtà, la musica deve raccontare qualcosa»
– Un monologo di Giobbe Covatta introduce uno straordinario trittico sulla situazione in cui versa il mondo. «È il nucleo centrale del disco. Anche se non sono credente, ho scelto di partire dal tema della religione»

«Un disco come il mio passa in silenzio. Allora perché lo faccio? Mi piace pensare che prima o poi la gente si stanchi di essere presa in giro da canzoni fatte per essere ascoltate nei centri commerciali», commenta Mirko Mancini, in arte Mirkoeilcane, con quel velo di malinconia e amarezza che avvolge anche le sue canzoni. 

«Tanto a che serve una canzone in mezzo a questo coro di banalità, nella migliore delle ipotesi la ascolterai cambiando canale su una pubblicità», canta in Leggera, forse il brano-manifesto di un album dal titolo indicativo ed evocativo: La musica contemporanea mi butta giù.

«È una citazione di Battiato. Questa è la prima occasione che ho di riaffacciarmi al mondo musicale dopo una lunga pausa e proprio durante questo periodo è venuto a mancare il Maestro, mi sembrava giusto omaggiarlo», spiega il cantautore romano. «Non deve però essere inteso come una invettiva. Esprime una sensazione, che non vuole essere presuntuosa, dato che anche io faccio parte della musica contemporanea, volente o nolente. È più un volersi spronare ad essere migliori, ad esercitare quella sana autocritica che riguarda non solo chi fa musica, ma anche chi la diffonde. È una battuta ironica rivolta a musiche che hanno molto poco contenuto, su un momento troppo leggero. C’è la tendenza a prendere in giro l’ascoltatore che, invece, merita molto di più».

Mirko Mancini, in arte Mirkoeilcane (foto Simone Cecchetti)

Nel 2018, con la canzone Gusti, contenuta nell’album Secondo me, denunciava il mondo indie di oggi, non tanto per la musica quanto per tutto l’immaginario e lo stile che girano intorno, di cui tutti si stanno appropriando. Adesso nel brano Il nipote di Giovanni si augura che «la trap venga radiata dalla musica».

«Ognuno è libero di fare quello che vuole», premette l’artista trentasettenne. «Io sono dell’idea che la musica debba avere un contenuto, che non tutta l’arte sia fatta per monetizzare. Certo dipende dai contesti. Se si ha Spotify come obiettivo, la musica c’entra poco. Se, invece, si pensa ad altre realtà – il concerto, la serata fra amici, il viaggio – la musica deve raccontare qualcosa. Qualcosa di più profondo, canzoni che provocano dibattito, alimentano i rapporti fra esseri umani che vanno scomparendo».

Allora, immaginiamo di essere in un futuro migliore. I servizi di streaming sono falliti, i social sono in crisi, i giovani tornano ad acquistare dischi. Li portano a casa, scartano il cellophane, leggono le note di copertina e, dopo aver fatto scendere la puntina del giradischi, si siedono per ascoltare La musica contemporanea mi butta giù scorrendo i testi.Scopriranno che le canzoni non si fanno seguendo l’algoritmo, ma giocando con la penna, il foglio e la malinconia. Che le campionature e l’elettronica si sciolgono al calore dei fiati, di raffinati e brillanti arrangiamenti. Che i brani possono essere più lunghi degli ormai canonici tre minuti e possono confinare con il teatro, il cinema, la pittura senza essere pallosi. E, soprattutto, che, quando finisce, la canzone lascia una sensazione, una emozione, un messaggio sul quale meditare. Capiranno le doti autoriali di Mirkoeilcane che negli anni lo hanno portato a ottenere diversi riconoscimenti di prestigio: dal premio della critica “Mia Martini” a quello per il miglior testo assoluto “Sergio Bardotti” per Stiamo tutti bene, presentato nella sezione Nuove Proposte del Sanremo 2018, a cui poi è seguita la Targa Tenco per la “Miglior canzone”. 

Percepirebbero che un album non è una semplice successione di tracce/file tutte uguali, ma che esprime la storia di un artista, delle sue esperienze, delle sue ricerche, delle sue passioni, delle sue idee. Di un momento storico. Si sorprenderebbero di scovare che al centro di quelle storie non c’è soltanto una persona, ma ci sono anche loro, tutto il mondo. Perché Mirkoeilcane sa essere poeta, intimista, introspettivo, sa parlare d’amore, mettersi nei panni delle donne, senza però dimenticare quello che accade attorno a lui. E sempre in modo lieve, ironico, leggero. Perché non è soltanto la musica contemporanea a non piacere. C’è un mondo intero da aggiustare. E, per farlo, ci vorrebbe il ritorno sulla terra di Gesù, al quale si rivolge Giobbe Covatta, che fa quasi da spartiacque al centro dell’album con uno dei suoi monologhi fra il sacro e il profano.

«È un modo per chiedere più attenzione, per annunciare a chi ascolta di stare seduto e prestare orecchio», sottolinea Mirko. «È il nucleo centrale del disco. Anche se sono non credente, ho scelto di partire dal tema della religione per fare una panoramica della difficile situazione che si vive sulla terra».

È la parte più potente dell’album. Un trittico capolavoro. Commovente in Giovanni, la lettera a Gesù di un padre morente, dallo struggente crescendo orchestrale finale. E l’orchestrazione avvolge anche Gesù, brano che a volte rammenta in miglior De André. Per chiudere con un rock liberatorio in Il nipote Giovanni, quando Gesù appare al funerale di Giovanni «e da quel giorno un mondo nuovo / un nuovo giorno per l’uomo … La guerra non esiste più / e russi amano l’America/ Niente più talent in tv … ora che a questa gioventù/ piace la fisica quantistica / gli assoli di chitarra elettrica / i cantautori e la filosofia / scordati facebook, twitter, instagram si condivide stando in compagnia».

La disillusione, però, è dietro l’angolo. «Musica leggera / leggera come un bugia / un ritornello da cantare / e una nazione da buttare via / altro che “la donna cannone” / altro che la rivoluzione / altro che musica, altro che poesia / altro che patria, altro che casa mia», canta in Leggera, altro gioiello dell’album. 

Si chiude con la splendida Caro amico ti scrivo, che non ha alcun riferimento con Lucio Dalla, se non nello spirito. È la lettera a un amico che non c’è più, cantata in dialetto romano ad esprimere l’intimità del dialogo. «È una canzone che si anima nell’incontro con una persona che è venuta a mancare e con la quale parlo nella lingua con cui ci rapportavamo».

Mirkoeilcane (foto Simone Cecchetti)

Leggero, ma mai superficiale, ironico e nostalgico, divertente e commovente, La musica contemporanea mi butta giù si ricollega alla grande tradizione della canzone d’autore. Un disco che nella realtà discografica e radiofonica italiana, purtroppo, avrà difficoltà ad emergere nell’inflazionato panorama musicale. «Mi piace pensare in un eventuale colpo di scena», si augura Mirko Mancini. «Un giorno potrebbe accadere che le persone ascolteranno con più attenzione e avranno voglia di scoprire una nuova musica. Ecco, per quel giorno avrà a disposizione uno dei mei album».

In tour nel 2024: il 28 gennaio a Milano e il 15 febbraio a Roma, ma il calendario è in via di definizione. «Con me la band che ha lavorato al disco, i miei compagni di sempre e qualche “prestito” da Daniele Silvestri che ha collaborato al disco».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *