Disco

Mina, un album in bianco e nero ingrigito

Esce “Ti amo come un pazzo”, una sorta di disco-feuilleton, in cui la voce della ottantatreenne ex Tigre di Cremona appare vulnerabile, imperfetta, arrochita, dissacrata dall’Auto-Tune nel brano con Blanco

Era la notte del 26 agosto 1978. Sotto il tendone di Bussoladomani sul lungomare del Lido di Camaiore, Mina teneva il suo ultimo concerto.  Quella notte di 45 anni fa forse non sapeva ancora, o forse sì, ma Mina non lo disse a nessuno che sarebbe stata l’ultima in cui un pubblico incantato e antropofago l’avrebbe amata, voce, corpo, gesto e fuoco, assimilata, divorata, sentendola di sua proprietà, negandole ancora, per troppa passione, il diritto a non essere che sé stessa e di sé stessa. Fu un atto di altri tempi, coraggioso anche allora, oggi forse irripetibile.

Da quella notte, la massima diva della scena musicale nazionale sarebbe scomparsa per sempre dal palcoscenico, per sempre si sarebbe sottratta a ogni possibile apparizione pubblica. A 38 anni finiva una vita, estenuante nel suo luccicare eccessivo, ne cominciava un’altra, altrettanto creativa e tanto più ricca, più vera, più umana. Con una perseveranza mai scalfita dal dubbio, un mito popolare italiano sceglieva di diventare il suo contrario, una Signora, per di più svizzera. Libera di essere anonima, di ingrassare mangiare fumare amare leggere giocare a carte, impigrire soffrire gioire crescere i figli andare al supermercato diventare nonna senza la minaccia di dover rendere conto di sé a un pubblico appassionato e crudele, a una informazione crudele e sciocca. Libera di vivere, di cimentarsi in strade diverse, pur continuando a fare il suo amatissimo mestiere, cantare, lontana da ogni curiosità fanatica e aggressiva. 

E, ogni anno, con una scadenza quasi ossessiva, la Tigre di Cremona dà alle stampe un suo album, infischiandosi di un mercato discografico in crisi profonda. E, ogni anno, il miracolo si ripete. Nell’epoca dell’immagine, di YouTube, Instagram, TikTok, OnlyFans, quando l’imperativo è mettersi sempre in mostra, il fantasma della canzone italiana mantiene il suo fascino, la sua attrazione. Anche sulle nuove generazioni. Mina è stata la voce del primo cantautorato italiano, la prima a cantare De André, Battisti, e poi a valorizzare gli alfieri della scena alternativa (Afterhours, di Paolo Benvegnù, di Boosta dei Subsonica…). Ha duettato con Celentano, Cocciante, Fossati e tanti altri, nel nuovo album Ti amo come un pazzo, incontra un idolo dei millennial, Blanco, nel brano Un briciolo di di allegria. Lei 83 anni, lui 20. Un testa coda generazionale pauroso. Una differenza d’età che riportata in musica, esperienze e stili di vita diventa abissale. Ma che Mina cerca di colmare deformando e dissacrando la sua voce cristallina con l’Auto-Tune. Anche perché è una Mina vulnerabile, imperfetta, arrochita, lontana dall’eloquio squillante e stentoreo a cui ci ha abituati quella di Ti amo come un pazzo, suo primo disco di inediti da solista in cinque anni (l’ultimo, Maeba, risale al 2018). 

«È una scelta», spiega Massimiliano Pani, che di Mina è figlio, produttore, discografico e portavoce. «Quando la voce è appena è un po’ più su di tessitura diventa cristallina, ma quando è nel registro più basso è lievemente arrochita. Questa cosa le piace, specie nei pezzi drammatici».

Nel disco c’è la solita Mina che alterna Tutto quello che un uomo di Sergio Cammariere a Don Salvato di Enzo Avitabile, dove canta in lingua partenopea con voce sofferta e addolorata, come se avesse «na spina rinto o core» un dialogo laico con il Padreterno. È spiritosa in L’orto, una parata gastronomica che rimanda a un’altra canzone golosa Ma che bontà. Mentre Zum Pa Pa potrebbe essere La donna Cannone degli anni Duemila: melanconia circense fra sogno e incubo. 

Al di là delle due cover, l’album è stato realizzato ascoltando le canzoni che autori noti, sconosciuti, in alcuni casi esordienti le spediscono. «Sono tra i 5/6mila pezzi all’anno che lei ascolta personalmente», rivela il figlio. Dopo la sua liturgia della selezione dei brani, Mina si è accorta che emergeva una sorta di uomini e donne. Così ha pensato che il titolo potesse avere un fil rouge, un collegamento con una delle tematiche ricorrenti del disco come l’amore. Da qui anche il divertente accostamento con un genere letterario che sa molto di tempi passati: il feuilleton. Forse proprio per queste ragioni, l’elegante video in bianco e nero di Un briciolo di allegria (regia di Simone Peluso) rimanda a film d’epoca, alle atmosfere dei rotocalchi tipo Grand Hotel, Sogno, Bolero, ribadita nel brano Povero amore, scelta dal regista Ozpetek come colonna sonora del suo prossimo film in uscita a Natale.

5 Comments

  • Fulvio Ghirardi Aprile 22, 2023

    Vero una mina 83 enne ma sempre Mina.signora della musica un orchestra umana.. avrà anche in certi punti qualche segno di debolezza ma e la giusta interpretazione x cantare l, amore..
    Grazie Mina x le nuove emozioni che ci hai dato.vero che non la si vede…ma un cantante ci deve emozionare in primis con la sua voce la sua interpretazione e lei è la N1.
    Non si deve ne presenziare la TV con immagini imbarazzanti tipo la Zanicchi o come la Pausini fare pubblicità a Sky..

    • Giacomo Camarda Aprile 26, 2023

      Sig.Fulvio la invito a conoscere la voce e le canzoni di mina dal 1968 (canzonissima) A OGGI e notera’ che la voce di mina oltre a tenere note alte come 45 anni fa raggiunge note BASSE ancora piu gravi .Il suo articolo sembra riferito a tutte le cantanti di oltre 80 anni che non hanno piu voce (Cosa totalmente diversa nel caso Mina del 2023 )

  • Rutilio Aprile 22, 2023

    Mina e’ una voce senza tempo e tirare fuori il capello della voce a tratti roca, datata 83 anni, appare un voler rifiutare le profonde emozioni che la Mina meravigliosa ancora fa provare !sfido i tecnici del suono a misurare l’intensità ed il timbro della voce della Divina con quella del 1978 e si constatera’ una identità stupefacente !!! Grazie Mina ( sono un Tuo coetaneo) per tutto quello che ha fatto e farai ancora nella certezza che la Tua voce sara’ eterna. Rutili Rutilio

  • Renzo Loi Aprile 23, 2023

    Vorrei dire a questo signore se ha veramente ascoltato il disco.se ha capito la grandezza di questo disco.levariazioni di intensità che accompagnano ogni sillaba.le note e i toni diversi che usa per ogni parola.la grandezza interpretativa diversa,in tutti i brani.sfido chiunque a cantare un brano come l orto senza cadere nella parodia.per il resto non c’è autobus quando canta mina con blancoe la sua voce arrochita non è da oggi che la usa.caro signore prima di criticare un disco come questo,studi e sopratutto ascolti e mi sappia dire tutte le differenze interpretative tra la mina del passati e il presente.infatti questa mina è il termine di paragone di tutte le altre dive moderne e come al solito è irraggiungibile.

    • Giuseppe Attardi Aprile 23, 2023

      Vorrei segnalare che nell’articolo non ho espresso alcun commento su disco. Ho fatto soltanto una constatazione, suffragata tra l’altro dalle parole di Massimiliano Pani. La voce ingrigita non è un male, anzi. Può renderla ancora più bella e umana.

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