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Messina. Un Ponte sì, ma di biodiversità

–  La Pesca Tradizionale nello Stretto entra a far parte della famiglia dei Presìdi Slow Food per costruire una filiera di qualità. Tre giorni di festa dal 17 al 19 maggio con “Il Mare chiama”
– «Tutto quello che viene pescato con le nasse o con la feluca o con il palàngaro sarà tutelato». «Sono antiche tecniche che rispettano la stagionalità, permettendo la riproduzione»
– «La realizzazione del Ponte sicuramente produrrà dei danni non indifferenti all’eco-sistema, che influiranno sulla fauna e sulla flora dello Stretto». Un progetto alternativo di mobilità

Ah lu vitti, lu vitti! Ah, lu vitti ‘mmenzu lu mari, beḍḍi mei… / Lu vitti, pigghiati la varca e curriti! Curriti ca l’haju vistu, beḍḍi…

Lu pisce spada 

Una pesca tradizionale. «Dalla cima dell’albero della feluca, lo ntinneri, l’avvistatore, scrutando una porzione di acque dello Stretto di Messina dà il segnale urlando e indicando con il braccio la direzione ai pescatori che aspettavano, stesi in un’imbarcazione più piccola o riposando o reggendo i remi. Quattro pescatori iniziano a remare vigorosamente, mentre la vedetta, u farirotu, si posiziona sull’albero del luntro e il lanzaturi, il fiocinatore, si colloca in piedi sull’estremità anteriore dell’imbarcazione. Inizia l’inseguimento».

Ḍḍà jè, ḍḍà jè, lu vitti, lu vitti! Pigghia la fiocina! Accídilu, accídilu, aahaaà!

Lu pisce spada 

«La vedetta suggerisce ai rematori la direzione da imprimere al luntro, urlando le direzioni e seguendo i suggerimenti dello ntinneri, che dall’alto dell’albero della feluca continua a urlare la posizione dei pesci. Quando il luntro raggiunge il pesce spada, il lanzaturi scaglia il ferru, un arpone con asta di legno e punta di ferro. Una volta arpionato il pesce, la vedetta e alcuni rematori abbandonano repentinamente le loro posizioni e si coordinano con il lanzaturi per la cattura. Prima danno kaloma al pesce, allungando la corda dell’arpone, conservata all’interno di un grande cesto di fibre vegetali. Quando poi il pesce è morto dissanguato per la ferita causata dall’arpone, tirano lentamente la corda e lo issano a bordo per la coda, lo eviscerano e lo pesano».

LA FELUCA: piccola imbarcazione munita di una passerella lunghissima (35-40 metri), dalla quale il lanciatore scaglia la fiocina, e di un albero molto alto (un’antenna di 22 metri), dal quale un segnalatore avvista il pesce e indica la posizione al lanciatore

È l’antica tradizione della caccia al pesce spada delle feluche sullo Stretto di Messina. Una pesca che non consente di «fare grossi numeri», spiega Antonella Donato, pescatrice e presidente dell’Associazione Pescatori Feluca dello Stretto. «Non perché il mare dello Stretto non sia pescoso, ma perché queste antiche tecniche sono altamente selettive e permettono di catturare solo il pesce che è giusto pescare in quel preciso momento, in base alla sua taglia, permettendone quindi la riproduzione».

Oggi questa tradizione deve affrontare altre minacce. È il caso delle temperature tropicali dovute all’inquinamento («se l’acqua del mare supera i 25 gradi è difficile che i pesci vengano in superficie»). E se la pesca non sempre riesce a coronare gli sforzi dei pescatori, c’è il turismo che giustifica l’uscita di alcune barche. Anche se i visitatori non sono molti e quindi non si riesce a raggiungere le entrate economiche con le quali si sperava di compensare le perdite per la pesca.

Hot-spot di biodiversità. Su questa tradizione si allunga adesso anche l’ombra del Ponte sullo Stretto. Un progetto che può sconvolgere la biodiversità di quel tratto di costa che coinvolge non soltanto due città, due province. Lo Stretto di Messina è infatti uno degli hot-spot di biodiversità più importanti del Mediterraneo, area di transito e migrazione di moltissime specie grazie alla sua particolare posizione di confine fra i bacini occidentale e orientale del Mediterraneo. I fondali, sui quali giacciono relitti di imbarcazioni di tutte le epoche, sono caratterizzati da un sistema di canyon che iniziano dal punto più stretto e meno profondo (64 metri), chiamato la Sella (tra Ganzirri sul lato siciliano e punta Pezzo su quello calabrese), fino alle grandi profondità (3000 metri e oltre), al largo di Siracusa.

La pesca, qui, ha un ruolo speciale da sempre. Tuttora, in queste acque, 11 società di pescatori si dedicano alla pesca costiera, con tecniche tradizionali e reti selettive (lenze, nasse, tremagli, palangari). Tra le specie pescate ci sono seppie, “gamberi di nassa”, cicirelli, pesci pettine, pesci sciabola e poi il pesce spada, catturato con il metodo antichissimo delle feluche. Le feluche lo pescano da aprile a giugno lungo la costa calabra e nei mesi di luglio e agosto lungo il litorale messinese, procedendo controcorrente, per riuscire ad avere di fronte il pesce che, invece, segue la corrente. Ogni feluca percorre un tratto di mare assegnatole (la posta) andando avanti e indietro.

Presidio Slow Food. Per proteggere questo mondo caratterizzato da antiche tradizioni e da una incredibile biodiversità, la Pesca Tradizionale nello Stretto di Messina entra a far parte della famiglia dei Presìdi Slow Food. Un evento che sarà celebrato a Messina dal 17 al 19 maggio con “Il Mare chiama”, una vera e propria festa ospitata nello storico edificio del Monte di Pietà, dove sarà allestita una mostra tematica, saranno proiettati documentari d’epoca e contemporanei dedicati ai riti della pesca tradizionale sullo Stretto di Messina, e, naturalmente, il pescato locale verrà cucinato e declinato secondo le diverse culture mediterranee in diversi stand degustativi.

«Questo Presidio per noi ha un importante valore simbolico, rappresenta un’opportunità per fortificare legami e costruire nuove connessioni per proteggere, tutelare e valorizzare l’intera area dello Stretto di Messina, un tratto di mare che unisce Sicilia e Calabria, due terre che hanno tanti elementi di contatto, non solo tra di loro, ma con l’intero Mediterraneo», afferma Nino Mostaccio referente Slow Food del Presidio e presidente Slow Food Messina. «Lì dove Ionio e Tirreno si fondono e si contaminano, esiste già un ponte, fatto di biodiversità “condivisa”, di culture intrecciate e sovrapposte, di scambi e dialoghi, un ponte immateriale che va tutelato e salvato insieme alla peculiarità di questo splendido tratto di costa». 

Come verrà protetta la pesca tradizionale? 

«Soltanto le feluche potranno pescare pesce spada. Ovvero: tutto quello che è pescato con metodi tradizionali potrà essere presidio slow food. Stiamo facendo una campagna per la valorizzazione della pesca tradizionale sullo Stretto. Quanto viene pescato con le nasse o con la feluca o con il palàngaro sarà tutelato, mentre tutto quello che è pescato con tecniche più moderne e invasive non lo sarà».

Su questa biodiversità quale impatto avrà la costruzione del Ponte?

«Sicuramente produrrà dei danni non indifferenti all’eco-sistema. Questo è fuor di dubbio, perché quando movimenti milioni di metri cubi di terra non è detto che tutto quello che movimenti resterà all’interno della costa. Tutti i lavori per la realizzazione influiranno sulla fauna e sulla flora dello Stretto. Penso alla zona di Ganzirri o a quella di Torre Faro che saranno investite da questo mega-cantiere che impatterà negativamente sull’eco-sistema».

Questo presidio Slow Food è quindi anche un presidio anti-Ponte?

«Questo lo sta dicendo lei, noi stiamo proponendo un’altra via. Proprio il primo forum che si svolgerà nei tre giorni di “Mare chiama” è costruito per raccontare che probabilmente c’è una alternativa al Ponte ed è quella di utilizzare in modo sostenibile il mare viaggiandoci sopra. Nel forum inaugurale si parlerà di mobilità sostenibile nel quale saranno invitate a parlare Caronte & Tourist e le autorità portuali dello Stretto, per ragionare su come ci si muove sullo Stretto e quanto impatta la mobilità».

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