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Madame: cambio titolo per scelta artistica

L’entourage della rapper veneta fa sapere che si è trattato di una scelta autonoma «all’ultimo minuto», condivisa con Amadeus, la trasformazione del titolo della canzone in gara a Sanremo 2023 da “Puttana” a “Il bene nel male”. Ma la spiegazione non convince. Una autocensura volontaria o dettata da pressioni esterne? Alcuni casi celebri nella storia dei “tagli” sanremesi

«È stata una scelta artistica dell’ultimo minuto, condivisa con Amadeus». Così l’entourage di Madame spiega il cambio del titolo della canzone con cui la ventenne veneta è in gara a Sanremo 2023. Inizialmente il brano avrebbe dovuto chiamarsi Puttana, ma, venerdì sera, poco prima di salire sul palco del Teatro del Casinò per annunciarlo è diventato Il bene nel male.

Una Madame muscolosa insieme con Amadeus sul palco del Teatro del Casino di Sanremo

Una spiegazione che non persuade, anche alla luce di una intervista che Madame aveva concesso prima della svolta e che è stata pubblicata oggi su “la Lettura”, l’inserto del Corriere della Sera, nella quale si mostrava convinta della sua scelta. Così la cantante parlava del testo della sua canzone: «Puttana è una parola come tante, senza una connotazione positiva o negativa. Una volta uscita dalla creazione del brano e dopo averlo ascoltato, posso dare degli input di quello che mi arriva. Nella canzone il termine “puttana” suona come una dolce offesa… In pratica mi immedesimo in una prostituta che si innamora di un uomo, ma lui la vede soltanto come un errore. Tra loro nasce una discussione, rispetto alla quale lei fa un ragionamento più profondo: la morale è che puoi prendere ciò che di buono ti arriva da qualsiasi parte… Che sia il 70 per cento bene e il 30 per cento male o viceversa, il messaggio è: concentrati sulla fine del percorso, su ciò che anche una puttana può darti». Un testo che segna una svolta riduzionista all’insegna del “less is more”, dallo stile più scarno. 

Madame, pseudonimo di Francesca Calearo (Vicenza, 16 gennaio 2002), cantautrice e rapper

Puttana è una parola come tante, senza una connotazione positiva o negativa. Una volta uscita dalla creazione del brano e dopo averlo ascoltato, posso dare degli input di quello che mi arriva. Nella canzone il termine “puttana” suona come una dolce offesa… In pratica mi immedesimo in una prostituta che si innamora di un uomo, ma lui la vede soltanto come un errore 

Madame

Nell’intervista Madame fa riferimento a Bocca di rosa di Fabrizio De André, agli ultimi, a chi vive ai margini e nelle periferie. Appare convinta delle sue scelte. Poi, venerdì sera, l’improvvisa la clamorosa svolta. Una trovata promozionale, per porsi al centro dell’attenzione, per far parlare di sé? Ma se voleva in questo modo far presa sui social, dove risiede la vera forza di Madame, ha fallito: i protagonisti della serata di venerdì su Twitter sono stati i ritrovati Gianluca Grignani, Anna Oxa e Paola & Chiara. 

Oppure è stato un pentimento in extremis, dettato dalla mancanza di coraggio. Madame che alimenta una immagine androgina, che si mostra spregiudicata, che vuole attaccare il sistema, voleva scandalizzare e provocare cantando una canzone intitolata Puttana al Festival di Sanremo. Davanti alle pressioni del suo entourage o di Amadeus, la rapper ha però ceduto, autocensurandosi, senza andare fino in fondo. Quando bisognava mostrare i muscoli, se li è invece semplicemente disegnati sul maglione con cui si è presentata sul palco del Teatro del Casino di Sanremo.

In entrambi i casi, tuttavia, la signorina Francesca Calearo, come risulta all’anagrafe di Vicenza, non ha fatto una bella figura.

Nella storia della censura sanremese, già una volta la forbice tagliò la parola in questione, riferimento a quello che è considerato uno dei mestieri più antichi del mondo. Nel 1971 la frase “e ancora adesso che bestemmio e bevo vino/per i ladri e le puttane sono Gesù Bambino”, cantata da Lucio Dalla in 4 marzo 1943, fu trasformata nella meno scandalosa “e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino/per la gente del porto sono Gesù Bambino”. Fu, invece, Pippo Baudo nel 1994 a far togliere la parola iniziale dall’accorata e teatrale canzone di Giorgio Faletti che parla di stragi mafiose e del duro lavoro del carabiniere: parola, peraltro, abbondantemente ripetuta nel testo, quel “minchia signor tenente” che ne farà uno dei pezzi più efficaci della storia del Festival.

Sesso, droga e diversità sono stati temi tabù nella storia di Sanremo. Nel 1996 al comico napoletano Federico Salvatore, che presentava la canzone Sulla porta, un brano drammatico sul tema dell’omosessualità, fu vietato di cantare la frase “sono un diverso, mamma, un omosessuale”, diventata “sono un diverso, mamma, e questo ti fa male”. Non sono mancate le polemiche su Luca era gay, la discutibile canzone di Povia che nel 2009 raccontava la storia di un ragazzo omosessuale che “diventava” etero. E, nel passato, ci furono artisti banditi perché gay, come nel clamoroso caso di Umberto Bindi.

Il primo scandalo sanremese in ordine cronologico riguarda Tua: non tanto per la canzone in sé, dal testo piuttosto innocuo (anche se i versi “tua sulla bocca tua/dolcemente mia” diventarono “tua ogni istante tua/dolcemente tua”), ma per l’interpretazione molto audace della milanese Jula De Palma, al secolo Iolanda Maria Palma, che lasciava intendere un rapporto fisico tra un uomo e una donna. Il disco fu censurato e, a causa anche delle pressioni del Vaticano, fu imposto il divieto di radiotrasmissione. Nel 1971 Donna Felicitàdei Nuovi Angeli, scritta da Roberto Vecchioni, non supera il “taglio” della severissima Commissione Selezionatrice, inquietata da un paio di passaggi: “scommettiamo che lo so/a chi darà la rosa” e ancor più l’esplicita coppia di versi “la divertiremo noi/col gioco delle noci intorno al fuoco”. 

Negli anni Ottanta 1980 arriva a Sanremo il primo riferimento all’eroina. Nella canzone Voglio l’erba voglio del brianzolo Francesco Magni, il testo recita: “chi si tira una pera solamente il dì di festa”. La censura dice di no, e Magni acconsente a modificare il verso in “chi fa il gallo solamente il dì di festa”. Tocca poi a Vasco Rossi incappare nelle maglie della censura con Vado al massimo quando canta: “vado in Messico, voglio andare a vedere se come dice il droghiere, laggiù masticano tutti foglie intere”. Il signor Rossi viene caldamente invitato a modificare il verso in “laggiù vanno tutti a gonfie vele”.

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