– Dal Festival della fiction “Vita di Carlo” a quello vero fra i 30 big scelti dal suo conterraneo Carlo Conti. Senza dimenticare la protezione di “santa Caterina” Caselli
– «Sanremo è una sfida che spaventa, perché mettersi davanti a tanti occhi è una cosa difficile, serve il momento esatto, serve la crescita giusta, l’esperienza giusta alle spalle»
Nella terza stagione di Vita da Carlo, in onda su Paramount+, l’attore e regista Verdone accetta di diventare direttore artistico e conduttore del Festival di Sanremo e fra i cantanti ingaggiati per la gara c’è Lucio Corsi. Quella che sembrava una scena nella fiction si è trasformata in una realtà concreta: Lucio Corsi sarà davvero uno dei protagonisti della kermesse musicale. È un’altra delle novità fra i trenta big in gara scelti da Carlo Conti.
Cantautore maremmano di Grosseto, classe 1993, famiglia di ristoratori e una grande passione per le moto. Ha all’attivo tre album, una finale di Musicultura ed ha fatto da “opening act” ai concerti dei Baustelle e di Brunori Sas. La svolta nel 2019, quando passa sotto l’ombrello della Sugarmusic.
Toscano come Carlo Conti e con due testimonial come Caterina Caselli e Carlo Verdone, non è proprio una sorpresa trovarlo fra i big sul palco dell’Ariston. «Ormai è un classico, per me e i miei sceneggiatori, scrivere una vicenda, rappresentare un personaggio particolare, immaginare un colpo di scena e ritrovarlo nella cronaca nazionale o internazionale pari pari. Come se avessimo una sorta di sesto senso. La chiamata a Sanremo di Lucio Corsi ancora una volta ci sorprende», ha commentato Verdone. «Nella terza stagione di Vita da Carlo immaginiamo che io, una volta accettato di condurre Sanremo, chiedo aiuto a Roberto D’Agostino per conoscere locali underground dove si esibiscono cantautori validi ma poco conosciuti. In questo pellegrinaggio notturno noto un cantante (segnalato in precedenza dallo sceneggiatore Pasquale Plastino) che si chiama Lucio Corsi. Rimango colpito dalla sua melodia e dalla sua voce. E così dopo cento tentativi lo convinco ad esibirsi a Sanremo. Dove farà un figurone e non aggiungo altro».
Nella fiction, il cantautore toscano interpreta se stesso accanto al celebre attore e regista romano. «Lavorare con lui è stata un’esperienza formativa per me perché era la prima volta che finivo davanti a all’occhio di una telecamera e non agli occhi delle persone quando vado a suonare. è un occhio differente e avere lui accanto che ti può dar consigli o provare quelle battute prima di entrare in scena è una fortuna», racconta Corsi. «È stato un insegnante, proprio una esperienza formativa. Poi quello che mi affascina di Carlo è che è un bluesman, non solo perché è un intenditore di musica e appassionato, ma è davvero un bluesman per come approccia alla vita, con quella malinconia intrinseca che è la chiave del blues».
Adesso Sanremo, una nuova sfida e, come tutte le altre, «spaventa», confessa il cantautore toscano. «Ci sono tanti musicisti che amo e che ci sono andati e ci son passati nella maniera più o meno giusta possibile. Penso a Rino Gaetano, Vasco Rossi, Lucio Dalla. Come ci sono tanti musicisti che non amo, che non ci sono mai stati. È una battaglia interiore, perché comunque mettersi davanti a tanti occhi è una cosa difficile, serve il momento esatto, serve la crescita giusta, l’esperienza giusta alle spalle».
Le canzoni di Corsi parlano del suo mondo interiore, ma anche della natura, in un universo che a tratti sembra etereo e sognante, e a tratti molto terreno, ancorato alle cose semplici: «Non sopporto le canzoni che raccontano il mondo così come lo conosciamo, secondo me la musica e le forme di espressione devono parlare di un altro mondo, di ciò che non è sotto gli occhi tutti i giorni, le canzoni che mi emozionano di più sono quelle, quelle di Paolo Conte, Lucio Dalla». Che sono fra i punti di riferimento di Lucio Corsi, insieme a Ivan Graziani. Cantautorato, folk pop, glam rock in un sound figlio di interessi ed influenze musicali estremamente diverse tra loro. De André che sbatte sul Bowie di Hunky Dory con Ziggy che li sta a guardare. Gente che «faceva musica senza tempo, che poteva essere stata registrata nel 2080 ed è uscita nel 1960 o viceversa, quella che non si appiglia mai a un momento storico preciso».