Disco

L’oro dimenticato di Napoli

Dagli scantinati di Scampia e dei Quartieri Spagnoli vengono tirati fuori brani sconosciuti o scordati e riproposti in versione acid o funk destinati al ballo. Un successo clamoroso, con la complicità dei Nu Genea, che ha portato alla creazione di due compilation di “Napoli segreta”. Che è anche un djset ospite del Ricci Weekender in programma dal 9 all’11 settembre a Catania

A Napoli riscoprono la curiosità che nel 1972 portò Lenny Kaye, critico, archivista e futuro chitarrista di Patti Smith, a raccogliere singoli garage rock e psichedelici usciti negli Stati Uniti nella seconda metà degli anni Sessanta di meteore e artisti che ebbero vita breve. Così, scartabellando negli scantinati dei Quartieri Spagnoli o di Scampia, piuttosto che nei basement del Bronx o del South Side, nasce il progetto Napoli segreta, scampoli di neapolitan power mai arrivati al successo di critica o di pubblico, spesso dimenticati dagli stessi autori e interpreti. “Nuggets” custodite da dj e collezionisti che le condividevano non senza ritrosia: dietro l’antologia ci sono Lorenzo Sannino di Famiglia Discocristiana e Gianpaolo Della Noce di DNapoli, ma anche i Nu Guinea (Massimo Di Lena e Lucio Aquilina, talenti veraci trapiantati a Berlino). Un’azione di riscoperta sembrata anacronistica nel 2018, divenuta poi leggenda e proseguita negli ultimi anni grazie ai Nu Guinea, mutati nel frattempo in Nu Genea. Un virus che è cresciuto di ascolto in ascolto fino a contagiare il mondo. Un successo inatteso che ha aperto la strada a Napoli segreta vol. 2, uscito per la tedesca Ng records, sempre puntato sul repertorio minore newpolitano: funky, disco, afro, pre-acid jazz, trash. Anche questo un disco tutto da ballare. 

I due volumi di “Napoli segreta”

«Negli ultimi anni tra le scoperte di DNapoli e Famiglia Discocristiana e i nostri ritrovamenti fra basement puzzolenti e mercatini delle pulci, abbiamo ritenuto doveroso rendere accessibile al pubblico brani che altrimenti sarebbero stati quasi impossibili da trovare», spiegano i Nu Genea. «Fra meeting con taralli e lupini al chiosco sul lungomare di Mergellina e serate a base di pollo allo spiedo e 45 giri ammuffiti, in una notte calda d’estate abbiamo dato il via alle danze. Una processione durata più di un anno alla ricerca di tutti gli artisti prima e di tutte le licenze poi. Un lavoraccio che farebbe invidia ai migliori detective privati e che ci ha permesso di scoprire molti interessanti retroscena della Napoli degli anni Settanta e Ottanta».

All’epoca molte produzioni erano esperimenti senza un pubblico o finalità specifiche, magari pubblicate su etichette costituite ad hoc per quel progetto o comunque piccole realtà locali. Solo in qualche caso sporadico si poteva vantare una distribuzione strutturata appoggiandosi a qualche “major” o sussidiarie. In altri casi erano progetti studio di compositori, arrangiatori. In generale, i musicisti sotto contratto con le orchestre, gli studi o le etichette effettuavano sessioni di registrazioni che duravano giorni, durante i quali suonavano su molti progetti differenti. Emblematica è la storia di Oscar Prudente che negli studi della CGD recluta al volo alcuni musicisti (tra cui Tullio De Piscopo e Mario Lavezzi) per registrare quella che poi sarebbe diventata la gloriosa sigla di Domenica Sprint. In altri casi, per gruppi o artisti solisti, i dischi erano il tentativo di trovare un proprio spazio nel caotico e piuttosto saturo mercato discografico dell’epoca, e magari attraverso i testi in inglese cercare di ammiccare a un pubblico internazionale (o perché no, darsi un tocco straniero per destare interesse in patria) sperando in un riconoscimento oltre confine che non è mai arrivato, almeno fino a Napoli Segreta.

Dietro a ogni canzone si nasconde una storia, come quella di Sasà degli Oro, brano inserito nella prima raccolta. «Quando siamo andati a casa loro, e dopo averci offerto due caffè e aver suonato con il pianoforte gli accordi di Sasà, ci hanno raccontato la storia del protagonista: un ragazzo stravagante e pieno d’amore che spesso andava a ballare alla discoteca Cotton di San Giuseppe Vesuviano, personaggio cult della movida dell’area vesuviana», raccontano i Nu Genea. «Un’altra storia è arrivata inaspettatamente dall’autore del brano Stop The War (nome d’artista Oro, ma in realtà non connesso in alcun modo con l’altra band), circa la library music italiana. Un 45 giri originale è scritto a nome Auriemma, Corona. In realtà Corona è il cognome della moglie di un autore che lavorava negli anni Settanta alla Rai. All’epoca chi lavorava alla Rai non poteva assolutamente utilizzare le proprie produzioni, oppure quelle fatte in collaborazione con amici, per sonorizzare video all’interno dell’azienda. Quindi l’escamotage era quello di dichiarare i brani a nome delle proprie mogli. Corona è infatti anche il cognome dell’autore del rarissimo disco di library music Corviria-Psycho Analisis. Tempo fa ci capitò di leggere un articolo che parlava di queste fantomatiche “donne” italiane della library music, paragonandole a Daphne Oram, Delia Derbyshire e altre pioniere dei sintetizzatori, solo adesso sappiamo la verità».

Nel secondo capitolo spicca la presenza di un brano di Antonio Sorrentino, Luna lu’: il cantattore, scomparso a soli 38 anni, nel 1998, viene ancora ricordato grazie a Valentina Stella che ne riprende ogni sera ’Nu penziero, drammatica melodia su un amico perso per colpa dell’eroina, ma è qui alle prese con ritmi ben più sostenuti, come in una coda del miglior neapolitan power, funkissima, scritta con Rino Giglio e Peppe Vessicchio, sì, proprio il barbuto direttore d’orchestra osannato a Sanremo. «Il nome del maestro Beppe Vessicchio ricorre più volte tra i crediti di molti dischi liberati dalla polvere». 

Napoli segreta non è solo recupero di vinili impolverati, né solo il djset che venerdì 9 farà ballare il pubblico ospite a Palazzo Biscari della prima serata del Ricci Weekender. Napoli segreta è anche un lavoro fotografico e iconografico curatissimo, realizzato da Antonello Colaps di Dopolavoro.org, che punta a un’estetica fra vintage, tradizione e futuro. «Col primo volume ci eravamo divertiti a realizzare immagini che accompagnassero la visione ‘laterale’ dalla compilation», ci spiega. «Le prime bozze del Volume 2, invece, non contenevano una foto: il progetto sviluppava l’idea di zoomare nelle viscere della stessa Napoli fotografata prima, e tradurre visivamente la puzza di muffa dei mercatini dell’usato».

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