– La richiesta del cessate il fuoco a Gaza non è stata urlata solo dai manifestanti fuori dal teatro, ma è salita sul palco con la spilla Artist4Ceasefire e con gli appelli lanciati da alcuni premiati
– Il tema del conflitto è nei film “Oppenheimer” e “La zona d’interesse”, come nei corti “20 days in Mariupol” e “War is Over”, tutti premiati
La guerra quella che si combatte tra Israele e Hamas in Medioriente non è rimasta fuori dal Dolby Theatre, dove un migliaio di manifestanti ha bloccato il traffico di limousine facendo ritardare l’inizio della cerimonia di consegna degli Oscar. La richiesta del cessate il fuoco urlata fuori dal teatro è salita anche sul palco con la spilla Artist4Ceasefire, indossata dagli artisti. Ce l’aveva Billie Eilish, premiata con l’Oscar per la canzone What Was I Made For?. Ce l’aveva, visibilissima, Mark Ruffalo. Ce l’aveva anche l’attore egiziano/americano Rami Youssef, nel cast di Povere creature!”, il quale ha parlato proprio di questo nelle interviste sul red carpet: «Chiediamo un immediato e permanente cessate il fuoco a Gaza», ha detto.
Abbiamo fatto un film sull’uomo che ha creato la bomba atomica e, nel bene e nel male, viviamo nel mondo di Oppenheimer. Così, io vorrei davvero dedicare questo premio a tutti i costruttori di pace, ovunque
Cilliam Murphy
E la pace è stata invocata anche da Cilliam Murphy, vincitore della statuetta come miglior attore, per la sua interpretazione in Oppenheimer: «Abbiamo fatto un film sull’uomo che ha creato la bomba atomica e, nel bene e nel male, viviamo nel mondo di Oppenheimer. Così, io vorrei davvero dedicare questo premio a tutti i costruttori di pace, ovunque».
La banalità del male, l’ineluttabilità di raccontarlo perché sia da monito e non debba riaccadere. Monito necessario, ma non sempre ascoltato perché se lo fosse non ci sarebbero lo sterminio di Gaza e la guerra in Ucraina e i mille conflitti nascosti soprattutto in Africa. Sono stati alcuni temi messi in risalto dalla edizione 2024 degli Oscar. Non solo nel trionfo di “Oppenheimer”, che chiede perdono per la guerra ed è un inno contro di essa anche se analizza la vicenda controversa e affidata alla storia di colui il quale con i suoi studi fece realizzare la bomba atomica che ha scosso le coscienze del Novecento e ha cambiato radicalmente i suoi ideali. Ma nelle lacrime che Mstyslav Cernov, il regista di “20 days in Mariupol” ha versato sul palco del Dolby Theatre dove il suo documentario ha ricevuto un Oscar strameritato. Un messaggio pieno e convincente: «Quando correvo con la macchina da presa sotto le bombe sganciate dai russi ho capito ancora di più quale fosse il mio dovere, raccontare questa guerra assurda dalla parte delle vittime innocenti senza fuggire dalla realtà, denunciando i crimini che si stavano commettendo».
Rifiutiamo che il nostro essere ebrei e l’Olocausto vengano strumentalizzati da un’occupazione che per tante persone innocenti ha portato al conflitto, siano esse le vittime del 7 ottobre in Israele o dell’attacco in corso a Gaza
Jonathan Glazer
Un documentario indispensabile, come lo è un bel film, complesso e simbolista: “La zona d’interesse”. Fra i suoi due Oscar quello che ha colpito di più è per il sonoro: il male può anche essere solo uditivo, un rumore, uno sferragliare di carrozze piene di deportati, i loro lamenti mentre subiscono le torture e vengono portati ai forni crematori di Auschwitza passare per un camino, come cantava Guccini. Intorno la vita scorre banale e tragica, insensibile e drammatica: «Voglio fare crescere le rose perché le piante possano coprire la vista del muro del campo», dice la protagonista rendendosi così complice del marito che è il carnefice di quei poveretti.
Nel discorso di ringraziamento per l’Oscar come miglior film straniero, il regista ebreo britannico de La zona d’interesse Jonathan Glazer ha parlato del conflitto a Gaza. «Rifiutiamo che il nostro essere ebrei e l’Olocausto vengano strumentalizzati da un’occupazione che per tante persone innocenti ha portato al conflitto, siano esse le vittime del 7 ottobre in Israele o dell’attacco in corso a Gaza», ha detto Glazer, invitando a resistere alla disumanizzazione.
Guerra, genocidio, sterminio, parole che fa ribrezzo solo nominare. Forse la parola guerra è quella più lieve grazie anche al corto di animazione che ha vinto il premio Oscar di categoria: “War is Over”, ispirato dal brano di John Lennon e Yoko Ono – e realizzato da Brad Booker e Dave Mullins con la consulenza di Sean Ono Lennon. Nel corto due soldati contrapposti giocano una partita di scacchi e la mente va a quella fra Antonius Bock e la Morte ne Il settimo sigillo di Ingmar Bergman. Per quanto la partita potrà essere lunga, alla fine bisognerà rispettare i patti e magari cercare di salvare più gente possibile. La guerra è maledetta, ovunque venga combattuta.