Disco

L’afro-western un po’ arabo di Bellujno

– Il progetto solista di Luca Impellizzeri prodotto da Cesare Basile. Una musica scheletrica, ridotta all’osso, cruda e oscura
«È l’incontro fra mondi diversi: desert blues, country gotico, Morricone, gospel e rap con l’elettronica a fare da collante»

All’anagrafe di Catania è registrato come Luca Impellizzeri, ma lui si fa chiamare Bellujno: «Perché rappresenta l’incontro fra due mondi apparentemente diversi: è un arcaismo della lingua italiana, un termine caduto in disuso che vuol dire bestiale, ferino, e graficamente si appresta a una trascrizione in caratteri arabi», come appare sulla copertina del suo album di debutto come solista. 

Afro-western è invece lo stile con cui definisce il suo genere musicale. L’Africa, il blues del deserto, e più in generale la black music, mescolata con la musica western, con riferimento sia al country neogotico sia alle colonne sonore “spaghetti & western” di Ennio Morricone. «Un misto di mondi che si intersecano, a fare da collante l’elettronica anni Ottanta», sottolinea l’autore.

Luca Impellizzeri, in arte Bellujno, cantautore, compositore e scrittore catanese

Un disco, Bellujno (Viceversa records), dove, alla fine, prevale l’influenza della cultura americana, nelle musiche come nei testi. Sin dall’iniziale Protobeginning, una poesia apocalittica sui conflitti nel mondo in versione proto-rap che riporta allo stile spoken word di Gil Scott-Heron o dei Last Poets. Mentre Hey, Warmonger! ha un finale alla Neil Young & Crazy Horse. «Abbiamo però usato molti strumenti africani, declinati in uno stile americano», tiene a precisare Bellujno.

Gli orrori del Ku Klux Klan vengono paragonati alla crocifissione di Cristo nel gospel-rap Greetings from Lynchburg, «ispirato dal libro Without Sanctuary: Lynching Photography in America, una raccolta di fotografie dei linciaggi che furono fatti in America», spiega Luca Impellizzeri. «Neanche i nazisti negli anni Trenta bruciavano vive le persone. Sono le contraddizioni interne della società americana». È, invece, il romanzo The Sound & The Fury di William Faulkner a influenzare il singolo The Wound & The Fury, che è anche un video girato fra Paternò e San Benedetto del Tronto.

«Sono tematiche che ho affrontato anche nel mio secondo romanzo, intitolato La terra chiama», racconta l’artista catanese. «È un racconto pulp storico nel quale immagino la rivoluzione di un gruppo di afroamericani all’interno di un campo di granoturco nel sud dell’America». Negritudine e pulp che accompagnavano anche la prima prova letteraria di Bellujno, Pensa il vento, un noir a incastro sullo stile del film Jackie Brown di Quentin Tarantino. 

Un altro elemento che affiora sin dal nome del duo folk-soul con il quale Luca Impellizzeri ha debuttato nella musica è quello religioso. Black Jezus era il nome della formazione e Cristo riappare nel disco nel brano Greetings from Lynchburg. «La musica ha un tratto religioso», è il parere di Bellujno, cresciuto ascoltando gospel, blues e soul. «I miei testi però non sono religiosi».

Infine, le sonorità zombie-western che, al di là dei richiami morriconiani o country, è dettata dal blues del carrettiere. È come se il fantasma del ronzino di un fuorilegge attraversasse tutto l’album. Al piccolo trotto in Greetings from Lynchburg, al galoppo nella title-track dalle tinte arabe che chiude il disco.

L’album è prodotto da Cesare Basile, la cui mano si avverte nella scarnificazione sonora. Quella di Bellujno è una musica scheletrica, ridotta all’osso, cruda e oscura. «Cesare ha voluto dare spazio alla scrittura e alla voce. Un minimo di sound per esaltare l’autore. Anche la voce è filtrata: abbiamo usato microfoni particolari degli anni Sessanta, telefoni, microfoni Geloso per risaltare la crudezza. Lavorare con Cesare è stato come in un viaggio verso l’ignoto». E, alla fine, è uscito Bellujno, artista e disco.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *