Disco

La vita nel ghetto secondo The War

– Rimasterizzato e presentato in confezione di cinque LP il capolavoro della band che ha rivoluzionato la black music
 – L’album esprime un messaggio speranza e uguaglianza attraverso una straordinaria combinazione di jazz, funk, blues e gospel con il rock, la musica latina e il reggae
– Dagli inizi con Eric Burdon degli Animals fino a diventare l’ultima band in cui ha suonato Jimi Hendrix prima della sua scomparsa

The World Is A Ghetto, il capolavoro tentacolare e blockbuster della band War, è stato ristampato, rimasterizzato e presentato in una confezione di cinque LP. 

The World Is A Ghetto è uno degli album più importanti nella storia della black music, e non solo. I War si erano da poco liberati del cordone ombelicale che l’aveva legati nei primi album a Eric Burdon, reduce dall’esperienza con la sua band più celebre, The Animals. Inizialmente concepirono il lavoro come un’idea per un’opera teatrale. Lonnie Jordan, uno dei fondatori della band, racconta che è stato il percussionista originale Thomas “Papa Dee” Allen a immaginare un personaggio chiamato Ghetto Man. Così la band ha iniziato a stabilire i brani per il progetto di Allen. «In realtà, ci siamo dimenticati della sua commedia e dove sarebbero andati a finire i pezzi. Così abbiamo cominciato a creare la musica per The World Is A Ghetto», ricorda Jordan.

Quel seme di un’idea alla fine sarebbe germinato in un capolavoro per la band. The World Is A Ghetto è diventato l’album best-seller del 1973 e la title track di dieci minuti ha fatto guadagnare agli War un disco d’oro.

Ispirato alla vita quotidiana della band a Long Beach, in California, il disco condivide un messaggio di speranza e uguaglianza. «La tua casa, la mia casa, la tua auto, la mia auto, la tua strada, la mia strada, il tuo quartiere, il mio quartiere», canta Jordan. «Tu guidi una Rolls-Royce, ma le tue Rolls possono avere un piatto ed essere bloccate nel cofano sbagliato proprio come potrebbe essere il mio Pinto. Quindi stiamo parlando di tutti quelli che vivono sotto lo stesso cielo».

La title-track è un’epopea progressista di r&b che riflette la classe operaia e le lotte per i diritti che si combattono ancora oggi. La stanca tristezza che la melodia porta con una cupa rivelazione nel ritornello dà momenti straordinari. È delicato e profondo l’assolo di sassofono gocciolante di note trascinate mentre esplora il paesaggio sonoro formato dalla band. È una traccia che usa ogni secondo come se fosse l’ultimo e procede in modo coeso il più duro possibile per ottenere risultati sorprendenti.

Il primo lato di questo album è meraviglioso, una straordinaria combinazione di jazz, funk, blues e gospel con il rock, la musica latina e il reggae, eseguita con una tecnica impeccabile abbinata a sensibilità e calore. The Cisco Kid e Where Was You At sono presentati con un’energia così potente e brillante che sembrano essere brani migliori di quanto non siano in realtà. City, Country, City è uno strumentale mozzafiato. Il primo lato ha tutto: arguzia, disciplina, audacia e funk. Merito del sassofono di Charles Miller, dell’organo e dei timbali di Lonnie Jordan, delle congas e dei bonghi di Papa Dee Allen e dell’incredibile armonica di Lee Oskar. 

Le pugnalate di tastiera di Lonnie Jordan sono un pilastro della musica di War e brillano su brani come City, Country, City, una lunga jam session. Le tracce bonus su vinile includono anche Lee’s Latin Jam e The Cisco Kid, in una versione da 25 minuti che occupa un intero lato dell’LP, con il gruppo che mette in vetrina diversi approcci di percussioni e di impostazioni vocali. Le note di copertina spiegano che nella canzone la band fa riferimento all’eroico caballero messicano reso popolare da fumetti e televisione, perché era «l’unico supereroe non statunitense in televisione».

La musica di War si è mantenuta per decenni, facendo guadagnare alla band più di venti dischi d’oro, platino e multi-platino. Erano Santana con un po’ meno chitarra e qualche fiato in più. I War furono una potente macchina funk che si esplicitava in torride jam dal vivo, questo grazie al loro sound rustico, sanguigno e blueseggiante, dove la band sembrava trarre piacere nel costruire tensione ritmica fino ad arrivare ad un limite massimo di sopportazione per poi sfociare in una catartica esplosione sonora. I War sono stati non a caso l’ultima band in cui ha suonato il grande Jimi Hendrix prima della sua scomparsa.

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