Disco

La (rock) band di “zio” John Scofield

Il chitarrista dell’Ohio intitola il nuovo lavoro per la ECM “Uncle John’s Band”, come una canzone dei Grateful Dead
Il doppio album prosegue il discorso cominciato con il disco da solo, questa volta in power trio
Dylan, Neil Young, Bernstein e Miles Davis nel furore creativo e improvvisativo di tre formidabili musicisti

John Scofield riprende il discorso da dove l’aveva lasciato. Ovvero dal primo album solistico registrato per la ECM. E nel nuovo lavoro, il doppio album Uncle John’s Band, continua a scavare in profondità nel passato, fino alle sue radici e agli eroi della sua giovinezza. Il risultato è un quadro equilibrato e completo del settantunenne chitarrista dell’Ohio, che lega insieme la musica che lo ha plasmato.

Se nel disco era “quasi” solo (con piccoli loop a suo sostegno), questa volta trova tre complici in due formidabili musicisti che corrispondono ai nomi di Vicente Archer, uno dei bassisti più apprezzati di oggi, e dal batterista associato Bill Stewart, legato a Scofield da più di trent’anni: «Quello che fa Bill è molto più che “suonare la batteria”», sottolinea il chitarrista. «È una voce melodica nella musica, suona contrappunto e accompagnamento, mentre fa anche uno swing davvero forte».

Nella formazione del power trio, John Scofield s’immerge tra sonorità blues, slanci rock, arrangiamenti jazz fra le musiche con le quali è cresciuto e si è formato. A cominciare dalla chitarra psichedelica di Jerry Garcia dei Grateful Dead, la cui canzone Uncle John’s Band dà il titolo all’intero album. E poi Mr Tambourine Man di Bob Dylan e Old Man di Neil Young. Dal folk-rock al musical con Somewhere di Leonard Bernstein fino al classico Budo di Miles Davis tratto da Birth of the Cool. L’enfasi principale di John nel corso degli anni, tuttavia, è rimasta il suo profondo impegno per la tradizione jazz, e qui prende una serie di standard e dà loro interpretazioni uniche, come nel caso di Stairway to the Stars e Ray’s Idea, ai quali affianca sette brani originali che sono spaziano dallo swing al funk, dal rock-blues (TV Band) al folk.

A fare da filo conduttore all’album è la verve improvvisativa del trio. Tambourine Man, ad esempio, si riconosce soltanto dopo un minuto e 45 secondi dall’inizio e viene dilatata fin oltre i nove minuti. Comincia quasi nello spirito del raga, prima che il tema emerga, cadenzato e dal sapore country, e l’improvvisazione apre un nuovo spazio dove «non seguiamo una forma ma suoniamo liberamente», con l’assolo di Vicente Archer che diventa uno dei momenti salienti. Di momento in momento il gruppo abbraccia le strutture dei brani che suona, poi le allunga e le libera. «Tutte le composizioni sono veicoli su cui improvvisare», ha spiegato Scofield alla rivista rock Relix. «Tutti sono ugualmente importanti per me».

John Scofield, 71 anni

Se Scofield è prima di tutto un grande chitarrista jazz – uno status confermato da una biografia che ha incluso celebri lavori con maestri del calibro di Miles Davis, Charles Mingus, Gary Burton, Gerry Mulligan, Joe Henderson e altri, così come con i tanti gruppi eccezionali che ha guidato – nello stesso tempo è sempre stato un musicista dalla mentalità aperta. Il rock e il blues furono i suoi punti di partenza originali da chitarrista adolescente, e la qualità dell’espressione emotiva diretta associata a quegli idiomi è rimasta una parte inconfondibile del suo suono, per quanto sofisticato fosse il contesto armonico. Parallelamente alla sua attività jazz, è stato a lungo accolto come un ospite illustre sulla scena delle jam band rock e, come collaboratore di gruppi del bassista Phil Lesh dei Grateful Dead, ha suonato dal vivo Uncle John’s Band in più occasioni negli ultimi vent’anni. 

«Mi era sempre piaciuta Uncle John’s Band e l’ho sentita nel corso degli anni anche se non avevo brani dei Grateful Dead nel mio repertorio. I concerti con Phil negli ultimi due decenni me l’anno fatta apprezzare ancora di più», spiega Scofield. «Ma tutte le canzoni del disco sono ugualmente importanti per me. Non ho resistito a usare Uncle John’s Band come titolo dell’album perché, dopo tutto, quando avrei avuto un’altra possibilità di usarlo? È la mia band, e io sono John!».

John Scofield suonerà a Milano per JazzMi il 31 ottobre, per il RomaJazzFestival il 2 novembre e poi a Forlì il 3 ed a Spoleto il 4.

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