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La rinascita del jazz parte dalla Gran Bretagna

Da oltre Manica una invasione di nuovi musicisti-alchimisti che si apprestano a definire il linguaggio musicale del secondo millennio. A settembre a Catania il Ricci Weekender

Mentre passeggiamo per Peckham, il quartiere a sud-est di Londra che ospita una folta comunità africana, tra odori di cibo speziato e insegne al neon dei club, ascoltiamo nell’aria suoni accattivanti, “groovosi”: è la nuova scena jazz che è diventata un cuore artistico vivo, pulsante, e che, come sempre avviene, da Londra si propaga nel mondo. Quella Londra che continua ad essere “melting pot”, crocevia di culture diverse che mescolano passato e attualità ma con lo sguardo rivolto al futuro. Un laboratorio di idee e di suoni in continua evoluzione che non disdegna l’impegno politico per la difesa della libertà del popolo black, mai come oggi tornato ad essere di tristissima attualità per le discriminazioni in atto. 

Il nuovo jazz britannico del secondo millennio rappresenta il veicolo principale di espressione per musicisti, poeti e artisti visivi, anche giovanissimi, discendenti di terza generazione delle ex colonie africane e caraibiche. C’è però un motore propulsore a tutto ciò è la comunità Tomorrow’s Warriors che nasce nel lontano 1991 (fondato dal contrabassista di origini giamaicane Gary Crosby, membro fondatore dei Jazz Warriorsche saranno la band madreinsieme all’educatrice Janine Irons) e che si prefigge di dare un’istruzione musicale gratuita ai giovani figli d’immigrati afro-caraibici. Fornire loro una integrazione e un riscatto culturale che non avrebbero potuto attingere dai conservatori e dai college. Gary Cosby ha ricevuto per il suo prezioso impegno una prestigiosa onorificenza britannica.

Collettore di questa comunità fu il famoso e storico Jazz Café di Camden (altro quartiere cool della Swinging London dei Sixties). I Jazz Warriors pubblicarono anche un lavoro discografico: Out of Many People del 1987.

Comunque, l’afrojazz ed il calypso hanno sempre portato effluvi armonico-ritmici nella musica jazz londinese, e a proporli è sempre un musicista di colore. Ricordiamo il sottostimato Joe Harriott, sassofonista giamaicano, che fin dagli anni Cinquanta e fino alla sua prematura scomparsa, arriverà ad un bland nel quale troveranno posto il be-bop ed il calypso, un precursore insomma.

Arrivano dal Tomorrow’s Warriors i nuovi jazzisti-alchimisti, giovanissimi, molti al di sotto dei trenta anni: Shabaka Hutchings (sassofonista con Sons of Kemet, The Comet is Coming) su tutti. E poi: Nubya Garcia, Ezra Collective, Jorija Smith, Zara Mcfarlane, Kokoroko, Moses Boyd, Soweto Kinch, Theo Croker ed altri ancora. 

Sempre sullo stesso solco è doveroso accennare anche al collettivo Jazz:Re, sempre a Londra, che parte dai primi anni 2000, organizzando eventi cult, festival (quest’anno da primo al 4 settembre, con un parterre ricchissimo) e pubblicando materiale discografico.

Ma c’è un “grande vecchio” che risiede alla BBC e che, come un magnifico regista, dirige tutta la scena, dalla fine degli anni Ottanta. Nativo Francese, ma adottato a Londra, è “il Dj”!! Si chiama Gilles Peterson ed è il partner di Eddie Piller, insieme creeranno la Acid Jazz Records che darà l’impulso al movimento musicale dell’acid jazz, «uno stile che si rifaceva al soul-jazz nelle sue radici, però incrociando il rock, il funk, il soul e non disdegnando talune volte i suoni della bossa». Una scena che ha avuto molto seguito nel mondo, anche in Giappone ed in Italia (con la label Irma Records di Bologna su tutte), fin quasi al nuovo millennio. Gilles Peterson successivamente lascio la Acid Jazz Records fondando nel 1990 la sua Talking Loud Records che ebbe altrettanto importanza. Nel tempo, esaurita la spinta dell’acid jazz, fonderà nel 2006 la Brownswood Recordings e pur continuando il suo impegno a bordo del transatlantico BBC, fonderà una web radio che esploderà fragorosamente, la Worldwide Fm. 

Essere nelle playlist, oppure ancor di più approdare nei primi cinquanta posti della classifica annuale di Gilles significa essere arrivati. L’encomio ufficiale della nuova scena jazz inglese è la compilation We Out Here (Brownswood Recordings) del 2018, supervisionata da Shabaka Hutchings, che è quanto di più vicino ad un direttore Artistico per la nuova scena. Uno showroom di prestigio, questo disco, della nuova scena jazz britannica, che raccoglie il meglio dei talenti più acuti, caraibici e africani, delle nuove generazioni, in gran parte provenienti dal Tomorrow’s Warriors. 

Gilles Peterson tra gli ideatori del Ricci Weekender che quest’anno torna in settembre a Catania dopo due versioni ridotte a causa della pandemia Foto ©Glauco Canalis

Il nuovo jazz britannico negli ultimi ha decuplicato le uscite discografiche con altri nomi ma soprattutto perché resta centrale la collaborazione tra artisti che si muovono incrociandosi tra di loro, denotando una grande apertura mentale nonché artistica. I suoni che ci arrivano ci parlano di Fela Kuti e dei suoi intricati pattern poliritmici che provengono dalle tradizioni dell’Africa Occidentale. Ma parlano anche di una libertà espressiva che arriva dal free jazz e per taluni versi dal post punk. Ma troviamo anche le soluzioni armonico-melodiche del nu soul, l’hip hop e ancora alcuni fanno ricorso a droni elettronici in volo sul sound. Tutto tenuto da un groove potente, da una danzabilità che li avvicina ai club di tendenza, piuttosto che ai desueti jazz club più ortodossi. Gilles Peterson, che da alcuni anni cura la rassegna Ricci Weekender che si volge a Catania (quest’anno dal 9 all’11 settembre) dice a proposito che «il confine che passa tra il jazz e la club culture è sempre più sbiadito». 

Il blues resta una sfumatura ma non è più rurale, piuttosto urbano. La dimensione “live” è importantissima, ma ci si va comodi, con l’intento di lasciarsi andare ai ritmi e alle danze frenetiche, e colpisce l’abbassamento dell’età dei fan del jazz del nuovo millennio. 

Resiste, tuttavia, l’ostilità di una certa critica e di certi musicisti, perlopiù “bianchi “, che non riconoscono questa evoluzione musicale come “nuovo jazz”. Molto probabilmente, perché sono rimasti fermi a una visione del jazz ammuffita e stereotipata, il cosiddetto “mainstream”, che cita e ricita se stesso, sperduto negli standard di un bop che fu e non è più. Nubya Garcia, una delle nuove protagoniste, cita a proposito: «Il jazz è un commento musicale sull’attualità, celebrarlo solamente per il suo glorioso e fondamentale passato è decretarne la morte artistica e sociale. Rubando il futuro ai suoi giovani interpreti ed inoltre cristalizzando le pulsioni razziali».

Il jazz è un commento musicale sull’attualità, celebrarlo solamente per il suo glorioso e fondamentale passato è decretarne la morte artistica e sociale. Rubando il futuro ai suoi giovani interpreti ed inoltre cristalizzando le pulsioni razziali

Nubya Garcia

A ben ricordare, successe anche ai tempi della svolta elettrica diMiles Davisagli albori dei Settanta.

Parleremo ancora di questo nuovo movimento musicale jazz britannico e parleremo dei singoli lavori dei suoi artisti. Un nuovo jazz che taglia la scena musicale attuale facendo sentire vivo e pulsante il jazz come non mai. A proposito di definizioni…nel gioco ludico di appiccicare delle etichette…che ve ne sembra di “Future Jazz“?

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