– Alla scoperta della cantautrice in gara fra i 30 big di Sanremo 2025. Dall’esordio “vulcanico” al premio David di Donatello per il brano “Proiettili”. Il video e l’amicizia con Elodie: verso il duetto nella serata delle cover?
– «A 11 anni la mia vicina di casa, che mi faceva da baby-sitter, mi ha fatto conoscere i Led Zeppelin. Lì ho detto: “Voglio diventare come Jimmy Page”». «Il talent è un’arma a doppio taglio non adatta a ogni tipologia d’interprete o cantautore»
«Mia zia mi chiama la ragazza con la valigia». Altri l’hanno definita la “ragazza con la chitarra”, perché la sei corde per lei è una sorta di coperta di Linus. «Sono entrambe», sorride lei. «Sono la ragazza con la valigia in una mano e la chitarra nell’altra. Il viaggio è importante e lo traduco in musica. Ci si lascia contaminare da altre culture, è una forma di evoluzione: il viaggio ti cambia».
Da quando è nata, 33 anni fa a Desenzano sul Garda, Joan Thiele (si legge Tìle) non ha smesso di viaggiare. Madre italiana e padre svizzero-argentino, con un albero genealogico senza confini con ramificazioni in Argentina, Canada e Napoli, una vita trascorsa tra Cartagena (Colombia, dove si è trasferito il padre), Inghilterra e Desenzano, dove risiede sua mamma, ex cantante rock di una band chiamata I ragazzacci di Milano. «Quando avevo dieci anni, trovai in soffitta una cassetta con sopra scritto I ragazzacci di Milano», ricorda. «Fu in quel momento che venne a galla il passato da rocker anni Ottanta di mia madre, la quale cercava di nasconderlo… Lei s’infuria quando lo faccio riemergere».
Joan Thiele trascorre l’infanzia in Sud America ed è qui che si rivela per la prima volta il suo grande amore per la musica. «Da bambina ascoltavo le Spice Girls. Poi a 11 anni la mia vicina di casa, che mi faceva da baby-sitter, mi ha fatto conoscere i Led Zeppelin. Lì ho detto: “Voglio diventare come Jimmy Page”». La vera folgorazione però sono i Beatles, la cui scoperta segna il punto di svolta fondamentale nella sua formazione artistica e intellettuale. Da lì Joan parte per un’esplorazione di mondi musicali: Crosby Still Nash & Young, Joni Mitchell, Janis Joplin. In questo percorso fatto di note, l’Inghilterra si rivelerà la sua stella cometa. È lì infatti che Joan si trasferisce e rimane per due anni, approfondendo la cultura musicale inglese tra pop ed elettronica. La vena creativa esplode e Joan inizia a comporre le prime canzoni. Manca ancora qualcosa, però, alla definizione di un suono personale. La trova sotto il Vulcano.
«Camminando per Milano vidi un ragazzo suonare barattoli per terra», racconta. «Aveva un senso del ritmo straordinario. Mi fermai a sentirlo, ci scambiammo i contatti e mi invitò a suonare a Catania». Il ragazzo, Luca Caruso, insieme con il fratello Gianmarco e Francesco Coco, forma il trio degli Etna. Da questa combinazione, fra il ritmo e il calore meridionale e la voce cosmopolita di Joan, nasce un impasto sonoro originalissimo dal quale lievitano sei delle sette canzoni che compongono il mini-album di debutto pubblicato nel 2016. Un disco che vive di diverse suggestioni, fra rock, “nu soul” (la cover di Lost Ones di Lauryn Hill) e cantautorato pop elettronico inglese.
Capelli lunghi, sopracciglia folte e sguardo profondo, una voce dal timbro sussurrato, che conserva però uno spirito da suonatrice di strada, la ragazza del Garda apre una via italiana al soul-pop elettronico. Un lavoro che mostra le potenzialità di un talento che si distingue per gusto così come per la provenienza non televisiva: «Ho partecipato ad alcuni provini per un talent, tentata dalla voglia di raccontare la mia musica attraverso la tv, che è uno dei media più potenti, si sa», confessa. «Solo non avevo calcolato quanto la timidezza e l’inesperienza possano ritorcersi contro. L’ho vissuta comunque come un’esperienza importante e significativa: mi ha insegnato che il “fallimento” va preso per il verso giusto e che può trasformarsi in un bellissimo inizio. Evidentemente quello non era il mio percorso. Il talent show è un mezzo molto potente, in grado di portare all’immediato successo tanto quanto all’immediata dimenticanza del concorrente. È un’arma a doppio taglio non adatta a ogni tipologia d’interprete o cantautore. Ognuno di noi, in base alla propria storia, ha un percorso unico e differente».
Nelle sue canzoni, Joan Thiele parla dei piccoli aspetti della vita quotidiana, affrontandoli con un tocco lieve e una contagiosa positività, e ama scrivere in inglese. «Ho fatto il liceo linguistico, poi vacanze studio in Germania, amo le lingue, sono cresciuta in ambienti dove il bilinguismo e il trilinguismo sono scontati. Non snobbo l’italiano, che è stupendo, ma perché non provare con una lingua che potenzialmente arriva a tutti? Però non escludo che un giorno potrò scrivere in italiano. Non vedo la lingua come un limite, anzi: ciò che conta è l’attitudine».
Dopo quell’EP d’esordio, Ha pubblicato un album, nel 2018 ha pubblicato l’album Tango, poi altri EP, fra cui Operazione oro e Atti, quest’ultimo suddiviso in tre parti. Venerdì prossimo, anticipazione del suo nuovo progetto, esce il singolo Veleno.
Lo scorso anno Thiele si è aggiudicata il David di Donatello per la miglior canzone originale con Proiettili, tratta dal film Ti mangio il cuore e cantata in duetto con Elodie, con la quale è nata una forte amicizia e che ritroverà da rivale sul palco dell’Ariston: duetto festivaliero tra concorrenti in vista?