Disco

Ivano Icardi, la chitarra come un pennello

Chitarrista, compositore, autore di musiche per la tv, per talent show e spot, pubblica il 12 ottobre il suo “album di svolta
– In “Unconventional” tutte le sue esperienze confluiscono in un contemporary jazz che mescola la musica afroamericana con il rock, il pop, il progressive

C’è una traccia in Unconventional, il nuovo album di Ivano Icardi, che è forse il manifesto del lavoro del talentuoso chitarrista torinese. S’intitola Strummer, e non ha nulla a che vedere con il famoso musicista dei Clash. Dobbiamo soltanto andare al significato della parola in inglese: “strimpellatore”. Quello che Ivano Icardi non ha mai voluto essere sin da piccolo, quando la mamma gli sconsigliò di abbracciare il violino: «No, Ivano, è meglio studiare la chitarra, così quando sarai con gli amici potrai usarla». «Il riferimento era alle suonate intorno al falò sulla spiaggia», sorride il chitarrista. «È stata una cosa che non ho mai fatto. Per me la musica era talmente seria che andare a suonare con gli amici sulla spiaggia avrebbe significato sminuirla, denigrarla».

E con serietà e diligenza Ivano Icardi affrontò il percorso di studi con Pier Luigi Cimma, allievo di Andrés Segovia. «Quando entrai in accademia avevo 14 anni e mi disse: “Ivano da oggi è come se tu fossi entrato in convento”».

Ivano Icardi (foto di Giuliano Tricarico)

Ivano era sì un ragazzo studioso e scrupoloso, ma non era tipo da farsi irregimentare all’interno di ferree regole. «Sin da bambino ho faticato molto a seguire il percorso classico», confessa. «Non sopportavo tutti quegli esercizi e dopo il primo anno di studi cominciai a lamentarmi». Il professore andò incontro alle doglianze dello scalpitante allievo e «mi diede due canzoni da studiare: La guerra di Piero e Bocca di Rosa di Fabrizio De André. Due canzoni che, anche per i temi affrontati, allargavano gli orizzonti per un ragazzo».

Per il giovane Ivano fu una rivelazione. «Esplose la voglia di andare oltre la musica classica». Cominciò ad affiorare la voglia di fare musica per stare insieme con gli amici. Tentazione che il chitarrista continuò però a reprimere. Nel frattempo, allargava le sue esperienze artistiche alle musiche per la televisione, entrando a fare parte dei team di autori che collaborano con i talent show “X Factor” e “Amici”, scrivendo oltre tremila brani in veste di produttore, chitarrista, arrangiatore o compositore. Senza dimenticare i jingle per marchi mondiali come Coca-Cola, Nivea, Toyota, Lacoste e molti altri. Finché, intorno al 2010, non decide di riprendere la carriera solista.

Un nuovo percorso che è segnato da otto dischi e diversi tour, ma anche di ricerche e studi. Che «quattro-cinque anni fa mi hanno portato a sonorità vicine al jazz», spiega. «Il mio percorso è stato differente da altri musicisti: dalla classica sono passato al pop, al rock, al blues e soltanto adesso ho sposato il jazz».

Tutte influenze che vanno a confluire in Unconventional, album che uscirà il 12 ottobre e che s’inserisce nel solco del contemporary jazz, mescolando la musica afroamericana con il rock, il pop, il progressive. Ma accanto alla ricerca di nuove e inedite sonorità, a una complessità metrica e armonica, finalmente Ivano Icardi accoglie l’invito della madre e lascia entrare nella sua musica un elemento ludico. E torniamo a Strummer, un brano nato in tour «strimpellando la chitarra con il plettro», ricorda. «Eseguendola dal vivo, ho capito che poteva essere qualcosa di divertente».

Il contrabbassista Riccardo Fioravanti (a sinistra), il batterista Elio Rivagli (in alto a destra) e Ivano Icardi

Divertente è tutto l’album, che scorre fluido e lieve come un venticello che porta un po’ di frescura nelle giornate ancora calde e afose di questo anomalo autunno. Ivano trova due abili e perfetti complici nel combinare melodie e ritmi nel contrabbassista Riccardo Fioravanti, fra i più celebri maestri dell’accompagnamento ritmico del panorama jazzistico italiano, ed Elio Rivagli, spalla “pop” già in precedenti avventure con un curriculum che va da De André a Baglioni, da Paolo Fresu a Danilo Rea. «Insieme abbiamo creato un suono diverso, “non convenzionale”, come recita il titolo dell’album, ma che, nello stesso tempo, non fosse ostico per chi ascolta».

La “svolta sonora”, come la definisce l’autore, funziona. Unconventional è un album godibilissimo, privo di inutili virtuosismi, raffinato e nello stesso tempo di facile ascolto, dove sentimenti ed emozioni sono ben dosati. Un disco dalle mille sfaccettature: dinamico e leggero in Ambermoon, malinconico e felliniano in Amarcord, meditativo e sognante in Canberra Sky, energico e coinvolgente in Ambersun, caldo e avvolgente in Castaway. Un album variegato, ma con un filo rosso che unisce le nove tracce: ciascun pezzo è immaginato come una pennellata su una tavolozza, come la colonna sonora di un’immagine, un paesaggio, un sogno. «Ci sono punti in comune fra la pittura e la musica. Quando scrivo cerco il coinvolgimento visivo dell’ascoltatore. Compongo in funzione di un filmato che mi passa in testa, come se stessi insonorizzando qualcosa. In Ines, ad esempio, molti hanno percepito un dialogo fra due persone e così è: un dialogo sottovoce e commovente tra due persone che si stanno dicendo addio». 

E, alla fine, ci si potrebbe ritrovare tutti insieme attorno a un falò a suonare Nights e Strummer, due piccoli capolavori di una carrellata di quadri stilisticamente accuratissimi e finemente eseguiti.

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