Disco

Il rock senz’anima dei Måneskin

Il nuovo album “Rush!” è una raccolta di brani furbetti, che saccheggiano stili rock, ma superficiali e banali nei contenuti. Un disco creato pensando al mercato internazionale. Schiavi dei loro cliché
La copertina dell’album “Rush!”

Se non fosse stato per le loro vittorie prima al Festival di Sanremo e poi, soprattutto, all’Eurovision Song Contest nel 2021, i fatidici quindici minuti di fama dei Måneskin sarebbero potuti iniziare e finire all’X Factor del 2017. Finora sono andati avanti puntando su trasgressioni, provocazioni, dichiarazioni e cover. Adesso è venuto il momento di dimostrare che, oltre agli ammiccamenti sexy, agli strumenti fracassati sul palco, alle boccacce e al look, c’è di più. 

Non c’è dubbio che Rush!, il loro quarto album in uscita il 19 gennaio, è un tentativo di dare basi più solide al successo che si sono costruiti in territori stranieri. Non a caso, il nuovo disco è stato prima sottoposto all’attenzione della critica internazionale (che lo ha accolto con un po’ di sarcasmo). E, non a caso, la maggior parte delle canzoni sono state registrate con l’iconico produttore pop Max Martin. Brani furbetti, da stadio, liricamente privi di inventiva, banalizzando la ricetta sesso, droga e rock and roll. Pezzi cantati in inglese, a parte tre nella loro lingua madre (Mark Chapman, che parte dall’assassino di John Lennon per parlare di fan-stalker, La fine e Il dono della vita).

Canzoni costruite in laboratorio, saccheggiando stili rock, con uno spirito nuovo forse, ma senza un’anima. Per la maggior parte, Rush! suona come una miscela dalla potenza di fuoco alla Queens of the Stone Age e dalla sensibilità pop alla Franz Ferdinand: il vivace rimbalzo di Gossip (con Tom Morello alla chitarra solista) e la spavalderia glam di Timezone sono divertenti, così come l’incedere tagliente di Feel, la sporca linea di basso di Gasoline e il punk thrashy di Kool Kids.

A volte, però, sembra che i Måneskin siano forse troppo schiavi dei loro cliché, mentre il fastidioso sospetto che non avremmo mai sentito parlare di loro se non fosse stato per l’occasione offerta loro dall’Eurovision è difficile da scrollarsi di dosso. Come banale raccolta di canzoni rock di livello superficiale può bastare. Vediamo cosa possono fare dopo.

I Måneskin si preparano a presentarlo giovedì 19 gennaio a Roma, Palazzo Brancaccio, in un happening privatissimo targato Spotify, dove l’ex direttore creativo di Gucci, Alessandro Michele, celebrerà un matrimonio a quattro, per rendere l’unione finché morte non ci separi.

Il 5 febbraio la band romana sarà a Los Angeles per i Grammy, candidata come miglior nuovo artista. Se i Måneskin dovessero vincere la statuetta, potrebbero presentarsi a Sanremo, prima di ripartire in tour il 23 febbraio dal palasport di Pesaro. Poi verrà l’Europa e il gran finale all’Olimpico (20 e 21 luglio) e San Siro (24 e 25 luglio). Il giro di giostra continua.

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