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Il flop del settore culturale in Sicilia

I dati del rapporto Symbola 2022 parlano chiaro: al Sud turismo e cultura non generano ricchezza né posti di lavoro. Non si riesce a far rendere economicamente nemmeno il patrimonio Unesco. Il fallimento di una politica regionale clientelare: lo scandalo dei finanziamenti a pioggia. Confermati i numeri record nel turismo. Incremento “boom” del 40% nella vendita dei biglietti dei concerti rispetto al 2019, l’ultimo anno pre-Covid

Gli anni bui della pandemia sembrano archiviati, secondo il rapporto “Io sono cultura 2022” dedicato al mondo della cultura e della creatività preparato da Symbola con Unioncamere presentato ieri al Maxxi di Roma. Un rapporto che misura lo stato di salute del Paese, attraverso il suo Dna, ovvero la cultura, la bellezza e l’impresa. E i dati sono positivi. La voglia di uscire dall’incubo della pandemia, di socializzare nuovamente, ha fatto sì che il settore turistico e quello aeroportuale raggiungessero numeri che erano previsti per il 2024. Non solo. Per gli stessi motivi, gli spettacoli musicali hanno avuto un incremento nella vendita dei biglietti del 40% rispetto al 2019, ovvero all’ultimo anno pre-Covid.

Se, però, turismo e cultura diventano dimensione economica nelle regioni del nord Italia, fonte di ricerca, sperimentazione e internazionalizzazione, nel Mezzogiorno non assistiamo agli stessi processi virtuosi. Se in Settentrione i siti Unesco generano molte attività, al Sud non c’è questa correlazione, non si riesce a capitalizzare, non nascono imprese culturali.

Le mappe: le zone bianche sono quelle dove il settore culturale non produce ricchezza né lavoro

«Se il Mezzogiorno è “zona bianca”, la parte negativa della mappa, è perché non ha imprese manufatturiere», commenta Antonio Calabrò, giornalista che ha lavorato per le maggiori testate nazionali e presidente di Museo Impresa e del Forum Imprese di Symbola. «Il destino del Sud non è quello di puntare sul turismo. Si deve invece fondare su basi solide, creando un sistema sofisticato tra manifattura, ricerca, formazione, logistica e tecnologia che rientri nel bacino mediterraneo». Secondo Calabrò, un Paese vive se riesce a creare una contaminazione tra il fare cultura, impresa, tecnologia e umanesimo. 

Il destino del Sud non è quello di puntare sul turismo. Si deve invece fondare su basi solide, creando un sistema sofisticato tra manifattura, ricerca, formazione, logistica e tecnologia 

Antonio Calabrò

Insomma, in Sicilia manca la cultura d’impresa. E non si riescono ad ottenere tutti i vantaggi dai tanti tesori culturali che l’Isola possiede, né dalle varie manifestazioni culturali, spesso limitate al periodo estivo. Come nel caso del Festival “Manifesta” citato dall’ex ministro Giovanna Melandri, oggi presidente della Fondazione Maxxi. «Due o tre anni fa a Palermo è stata ospitata “Manifesta”, un Festival dell’arte contemporanea molto importante che gira e che circola in Europa e che è un’occasione effimera e temporanea ma che di solito innesta nel tessuto civile locale, territoriale, dei processi di crescita. A Palermo non mi sembra che sia successo. Invece sta succedendo a Pristina, perché adesso “Manifesta” è a Pristina, dove hanno fatto un investimento sulle strutture, sulle capacità produttive che deve lasciare un’esperienza simile».

Il festival Manifesta è stata un’occasione persa a Palermo, invece a Pristina, dove si sta svolgendo adesso, sta ottenendo altri risultati, innestandosi nel processo di crescita

Giovanna Melandri

I dati parlano chiaro. Dal punto di vista territoriale le regioni più importanti sono la Lombardia (24 miliardi di euro di valore aggiunto e 343mila lavoratori) e il Lazio (13,4 miliardi di euro e 190mila lavoratori). Il Nord è superiore più del doppio in termini di valore aggiunto e di occupazione rispetto al Sud: al Nord il valore aggiunto è pari a euro 53 miliardi e l’occupazione a 827mila unità contro rispettivamente 13,6 miliardi e un’occupazione a 283mila unità al Sud. Nel particolare, il sistema produttivo culturale e creativo in Lombardia genera 23758,6 milioni di euro (6,8% dell’economia regionale), mentre in Sicilia, regione con più siti Unesco, 3046,8 milioni di euro (3,7% dell’economia totale). Analizzando poi la percentuale di organizzazioni non profit operanti nel settore culturale e ricreativo sul totale delle imprese for profit attive in tale settore, emerge un risultato importante, ossia le percentuali più elevate sono osservabili nel Sud Italia (17,2%) e nelle Isole (23,2%), rispetto al Nord Est (16,7%), Nord Ovest (11,3%) e alla media italiana (15,1%).

Insomma, se al Nord la cultura alimenta l’economia, al Sud non produce ricchezza né posti di lavoro. Le cause? Basta vedere quello che è successo appena sono state indette le elezioni regionali in Sicilia: pioggia di finanziamenti pubblici dal Cous cous fest di San Vito Lo Capo alla rassegna estiva di Scaletta Zanclea, nel Messinese. Un voto di scambio camuffato. Una politica culturale clientelare che non lascia tracce, figuriamoci occupazione o strutture e imprese. 

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