Disco

Iggy Pop, la resurrezione del punk primordiale

Il 6 gennaio esce “Every Loser”, diciannovesima prova da solista dell’ex frontman degli Stooges. È un album potente, feroce e furioso, nel quale l’“iguana del rock” torna alle origini, guardando il passato e il presente attraverso il filtro del punk, quello vero e non “neo”. “Dio mi ha fatto diventare un drogato / ma me l’ha detto Satana” canta nel brano “Strung Out Johnny”
James Newell Osterberg Jr., alias Iggy Pop, 75 anni

La vita e la carriera di Iggy Pop costituiscono una delle storie di sopravvivenza più straordinarie della musica. Il putiferio selvaggio da far rizzare i capelli che ha scatenato con gli Stooges a cavallo tra gli anni Sessanta ed i Settanta è stato uno dei più elettrizzanti e influenti nella storia del rock’n’roll, ma è stato sostanzialmente ignorato o deriso dal mainstream durante la breve ed originale avventura della band. Il suo lavoro solista è stato quasi altrettanto significativo dal punto di vista artistico – ed ha avuto anche un po’ di successo commerciale – con album come The Idiot e Lust for Life (1977) e New Values (1979) che trovano continuamente ascoltatori entusiasti tra ondate successive di giovani musicisti. 

Iggy Pop in concerto

James Newell Osterberg Jr., alias Iggy Pop, oggi è un amato statista anziano del rock sopravvissuto perfino a quegli artisti che aveva influenzato con la sua esperienza negli Stooges. David Bowie, Lou Reed, il “Sacred Triangle”… Incredibile per i racconti di automutilazione e le storie di abuso di sostanze che Iggy stia ancora in piedi. Non è né superficiale né insensibile dire che una morte prematura probabilmente non avrebbe scioccato coloro che lo conoscevano. Eppure, eccolo qui, con 75 anni alle spalle e un nuovo album, Every Loser, potente, feroce e furioso come non lo sentivamo da anni. 

«Mi sono rotto un piede. Mi sono slogato una spalla. C’è l’artrosi all’anca destra e al corpo in generale. C’è la scoliosi nella spina dorsale. Ma posso centrare una canzone meglio di quanto avrei mai potuto», sfida in una intervista al New York Times. «Non devo ubriacarmi e drogarmi per far suonare bene la musica. L’ho fatto per molti anni. Ma in cinquant’anni forse ho fatto due brutti spettacoli». Ed Every Loser non lo è. Tutt’altro.

La copertina dell’album

Il disco prende il nome dal brano Comments in cui il “padrino del punk” snocciola: “Ogni perdente ha bisogno di un po’ di gioia”. È uno dei tanti momenti di Every Loser che vedono l’“iguana del rock” guardare il mondo moderno attraverso un filtro punk saggio e sfacciato. Lui ha visto e vissuto tutto, adesso è pronto a parlarne fintanto che sei disposto ad ascoltarlo nel modo più rumoroso e tumultuoso possibile. Non ha alcuna intenzione di passare la spugna sul suo passato, tutt’altro. Lo rivendica e lo butta in faccia a quanti oggi giocano spaccando chitarre sul palco.

Le undici tracce della diciannovesima prova da solista dell’ex frontman degli Stooges sono un viaggio ad alta velocità pieno di deliziose dosi di arguzia e grinta. Ben oltre il tempo in cui la maggior parte dei punk ha scambiato i propri personaggi da palcoscenico con riflessi rallentati di giorni ormai lontani, l’inventore del tuffo dal palco ci trascina nel presente con la stessa energia rock con cui ha dato il via alla sua carriera negli anni Sessanta. Altro che canto del cigno. Questo è un urlo primordiale. Non sentivamo Iggy così da un bel po’ di tempo, dopo un decennio di jazz sussurrato.

I musicisti dell’album sono una formazione stellare di leggende del rock: Chad Smith dei Red Hot Chili Peppers , il bassista Duff McKagan dei Guns N’Roses, Travis Barker dei Blink 182 , il chitarrista Stone Gossard, l’ex chitarrista dei Chili Peppers Josh Klinghoffer, Dave Navarro ed Eric Avery dei Jane’s Addiction , e il defunto batterista dei Foo Fighter Taylor Hawkins. 

Nella lenta e commovente Morning Show Iggy Pop si appoggia al rantolo del suo registro mentre canta di truccarsi la faccia prima di un’apparizione pubblica. In Strung Out Johnny, usa il suo vibrato per affermare: “Dio mi ha fatto diventare un drogato / ma me l’ha detto Satana”. Nella divertente e feroce Neo Punk, sottolinea quanto sia cambiata la cosiddetta scena punk tra il Pop squattrinato con i suoi compagni Stooges e le celebrità e le star del punk di lusso di cui godono oggi.

Every Loser termina con The Regency, un brano che inizia come una ballata prima di trasformarsi in una rivolta a tutto campo. Presenta Hawkins che suona la batteria in un modo che Pop descrive come «percolante» e «gorgogliante» prima che la canzone ricada ordinatamente in un ritmo doo-wop, chiudendo l’album. È una conclusione perfetta per un album liricamente sincero, autoironico e autobiografico. Every Loser è una resurrezione punk primordiale dei giorni nostri dall’unico musicista qualificato per farlo.

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