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I Depeche Mode danzano con la morte

Il nuovo album “Memento mori”, in uscita il 24 marzo, è ossessionato dal tema della scomparsa. Testi pieni di fantasmi, angeli e fiori funebri. Ma per un disco preoccupato dall’addio alla vita, il suo grande cuore esplode di vita. Sono attesi in Italia il 12 luglio all’Olimpico di Roma, il 14 luglio al Meazza di Milano ed il 16 luglio al Dall’Ara di Bologna

Venerdì 24 marzo i Depeche Mode pubblicheranno il loro quindicesimo album, in gran parte registrato con una squadra ridotta all’era della pandemia: Dave Gahan, Martin Gore, il produttore James Ford (Florence + the Machine, Arctic Monkeys) e un ingegnere/co- produttore, Marta Salogni. Come sempre, il suono è inquietante ed elegante, ma pieno di sentimento. Il titolo è Memento Mori e il tema dominante è la mortalità, che non è, di per sé, una partenza. «La morte è ovunque», ha scritto Gore anni fa, in una canzone intitolata Fly on the Windscreen, in cui il cantante continua a ripetere: «Vieni qui, baciami, ora».

Memento Mori è ossessionato dalla morte anche per gli standard dei Depeche, con testi pieni di fantasmi, angeli e fiori funebri. Gore ha detto che aveva in mente la sua stessa mortalità, insieme al Covid-19, quando ancora stava falciando una fascia nella popolazione mondiale. Ma Gore sa che l’album e il suo titolo sono destinati a essere letti attraverso una lente diversa. Nel maggio 2022, Andy Fletcher, noto come “Fletch”, è morto a 60 anni, improvvisamente e rapidamente, per una dissezione aortica. Fletcher è stato uno dei membri fondatori dei Depeche Mode; lui e Gore erano amici dai tempi delle elementari.

«Senza Andy, non ci sarebbero i Depeche Mode», ha detto in una videointervista Richard Blade, conduttore radiofonico di lunga data e fan dei Depeche. «Non è stato lui a comporre la musica, ma è stato lui a metterli insieme».

Gore aveva visto Fletcher di persona per l’ultima volta nel 2019, a un matrimonio in Inghilterra. È morto poche settimane prima che la band iniziasse a registrare Memento Mori.

Dave Gahan e Martin Gore

I due Depeche superstiti confessano che entrambi si sono chiesti se potessero o dovessero continuare senza di lui. Ma i Depeche Mode sono già sopravvissuti a eventi potenzialmente tragici per una band, a cominciare dalla partenza di Vince Clarke, uno dei membri fondatori che ha lasciato il gruppo nel 1981 dopo l’uscita del loro album di debutto, Speak & Spell, di cui era stato l’autore principale. Negli anni Novanta la band ha resistito all’ascesa del grunge – che aveva reso temporaneamente tabù sintetizzatori e drum machine – così come ha reagito all’abbandono del tastierista Alan Wilder e alla lotta di Gahan con la dipendenza da eroina. Tecnicamente, Gahan è il primo membro dei Depeche Mode a morire; nel 1996, dopo un’overdose: ha detto di essere andato nell’Aldilà per due minuti prima che i paramedici lo rianimassero. Da allora è pulito e sobrio. Ed ha superato anche un tumore alla vescica che lo aveva colpito otto anni fa.

Derisi agli inizi dalla stampa rock britannica, i Depeche Mode si trasferirono in America, nel sud della California. La svolta arrivò con l’album di platino Some Great Reward nel 1984 e il singolo People Are People, un lamento anti-pregiudizi insolitamente stridente che divenne un successo radiofonico pop oltre che un inno gay. La comunità lgbt era solo una delle tante sottoculture disparate sulle quali i Depeche Mode hanno costruito una base di fan. Secondo Gore, la band è diventata un punto di incontro per tutti coloro che non si sentivano di appartenere a qualcosa o qualcuno.

Nel 1988, il gruppo era abbastanza grande da riempire il Rose Bowl di Pasadena, uno spettacolo documentato nel film Depeche Mode 101; l’album triplo platino Violator, pubblicato due anni dopo, ha prodotto singoli di successo come Personal Jesus e Enjoy the Silence, che pulsavano come la techno ma portavano le chitarre in primo piano per la prima volta. Quell’album fu l’apice commerciale della band in America: fatta eccezione per una raccolta di singoli del 2005, nessun altro album dei Depeche Mode è stato certificato disco d’oro negli Stati Uniti. 

La band rimane ancora oggi un’attrazione potente: il loro ultimo tour mondiale nelle arene inizia giovedì. In Italia sono attesi il 12 luglio all’Olimpico di Roma, il 14 luglio al Meazza di Milano ed il 16 luglio al Dall’Ara di Bologna. Contro ogni previsione, il gruppo di Gore e Gahan è diventato una leggenda e un punto di riferimento per molti musicisti.

Hanno deciso di andare avanti con Memento Mori e, secondo Gore e Gahan, la morte di Fletcher ha favorito un’intimità che non avevano mai sperimentato in quarant’anni come compagni di band. «Ogni decisione deve essere presa da noi due ora», ha detto Gore. «Quindi dobbiamo parlare delle cose quando non siamo d’accordo. Non credo di aver mai avuto un FaceTime con Dave prima d’ora. Adesso ci sentiamo attraverso FaceTime».

L’atmosfera durante le sessioni di registrazione dell’album «era molto cupa», ha detto il produttore Ford. Ma c’erano anche molti ricordi: storie di Fletcher raccontate durante lunghi pranzi. «Onestamente è stata un’esperienza davvero bella», ha aggiunto.

I Depeche Mode, ha sottolineato Dave Gahan, sono sempre sopravvissuti evolvendosi. «A volte siamo cambiati naturalmente, e a volte il cambiamento ci è stato imposto. E penso che sia quello che sta accadendo ora. Abbiamo perso una parte integrante dei Depeche Mode, che è insostituibile. Le circostanze ci hanno costretto a essere diversi, a pensarci l’un l’altro in modo diverso. Abbiamo bisogno l’uno dell’altro in modo diverso».

C’è calore nella fusione dell’album fra suoni industriale e melodie delicate, e il produttore James Ford accende una stranezza ravvivante in canzoni come My Cosmos Is Mine. Per un disco preoccupato dalla morte, il suo grande cuore esplode di vita.

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