Disco

Groove addicted: best of 2022/3

Un anno di musica funk, hip hop, jazzy, soul, vintage soul & funk. I miei 60 album preferiti per poter dire c’è ancora speranza in questo pianeta. Una “non classifica” ma solo una lista in ordine sparso – [Terza parte – fine]

Siamo giunti, così, all’ultimo appuntamento con questa “TOP 60 – I Migliori album secondo il mio giudizio”. Esaustivo? Forse no, sono solamente gli album che ho potuto ascoltare. Infallibile? Forse sì e forse no, sono valutazioni che seguono i miei parametri, le mie esperienze complessive d’ascolto ma tengono conto di un dato assoluto, quello della “oggettività qualitativa”: perché è indiscutibile che la musica, come tutte le arti in genere, può essere bella, mediocre e brutta, con tutti gli annessi e connessi che si possono inserire. In questo contesto parlo di musica “bella” e tra questa, quella che ritengo ancora “+ bella“. Album che mi hanno suscitato qualche interesse, magari una emozione o anche lavori che stilisticamente e per contenuti s’impongono nel mare magnum della discografia internazionale. Per chi vuole restare sintonizzato con le nuove correnti, alle novità più recenti della nostra musica black, jazz e di tutto quanto suona… groove. Ricordiamo che non vuole essere una classifica, piuttosto, una selezione tra le uscite del trascorso 2022.

JULIUS RODRIGUEZ – LET SOUND TELL ALL (Verve)

Arriva da NYC con origini Haitiane, questo giovane (1998) e talentuoso pianista e polistrumentista. La sua musica è una mistura di jazz, r&b, elettronica, hip-hop e gospel che ci ricorda Robert Glasper ma che ha comunque affascinato il pubblico e la critica. Sessionman molto richiesto (Meshell Ndegeocello, Macy Gray e Brasstracks). Nel 2022 debutta con l’importante etichetta Verve con questo album, ispiratissimo, che già nel titolo parla chiaro “Lascia che il suono dica tutto“. Parola alla musica, dunque. Che già dalle prime note vi coinvolgerà attraverso trame swinganti, funkeggianti, hip-hop condotte dal piano ipnotico di Rodriguez tra improvvisazioni e belle linee melodiche ben supportato da eccellenti musicisti che lo accompagnano in questo nuovo disco con una major. Pregevole esempio di jazz postmoderno.

TOM SKINNER – VOICES OF BISHARA (Brownswood Recordings)

Da Londra, il batterista dei Sons of Kemet, ma anche di The Smile e dei Floating Points. Esploratore di nuove sonorità che sfidano i generi convenzionali, compreso il jazz più eclettico. Questo album, inciso alla corte del maestro cerimoniere Gilles Peterson, sua l’etichetta, rappresenta l’esordio discografico per T. Skinner. Con una superband che presenta il bassista Tom Herbert, il violoncellista Kareem Dayes, il sax tenore e flauto della splendida Nubya Garcia, e Shabaka Hutchings al sax tenore e clarinetto, mette in scena la migliore rappresentazione della contemporaneità musicale in sei brani che lasciano senza fiato. Anche l’editing dell’album diventa uno strumento con suoni ripresi grezzi e poi riprodotti in loop, aggiungendo reverberi o delay in un sabba sonico senza precedenti che scorre fluido, ipnotico, serrato. L’idea dell’album è ispirata da un evento Londinese al “Brilliant Corners” chiamato “Played Twice“ al quale Skinner partecipa insieme a dei musicisti da lui assemblati. L’idea, divertente e molto creativa, è quella di lasciar suonare un classico LP (fu scelto un album Blue Note del 1964 del batterista Tony Williams Life Time) con la band dal vivo che improvvisava in parallelo. Questo album è inciso live, in studio e poi ri-manipolato come in un processo alchemico. Avendo in mente i moderni dj produttori, come Theo Parrish che prendono parti di classiche incisioni disco e funk dei Settanta, melodie o frasi ritmiche, rimettendole in loop in nuove sezioni. «Siamo voci individuali, che si uniscono insieme. L’idea è che potessimo portare collettivamente qualcosa di positivo sul tavolo. È l’inizio di qualcosa», afferma Tom Skinner. P.s.: “Bishara” significa portatore di buone notizie e… caspita se ne abbiamo necessità!

SARATHY KORWAR – KALAK (The Leaf Label)

Ancora un batterista, percussionista e produttore, questa volta di origini indiane ma nativo negli Stati Uniti. Anche lui mette al centro il jazz modale immergendolo in un bagno di contemporaneità con gli stili dell’elettronica, del post-bop e della tradizione classica folk dell’India. Questo è il suo quarto album, prodotto ed arrangiato da Nyc Photay e registrato ai famosi Real World Studios (non potevano esserci studi migliori per questa musica). La musica è una fusione di jazz contemporaneo, urbano con i suoni indo-futuristi (così li definisce l’autore) tra rap di Mumbai e suoni dal sud dell’India. Il tema di fondo è la “circolarità” del tempo, esplicito sin dalla cover. Le undici tracce scorrono a meraviglia, regalando emozioni e facilitando meditazioni ma anche trasmettendo impulsi ritmici che ci aprono alla danza. Contaminazioni perfettamente riuscite.

LITTLE SIMZ – NO THANK YOU (AWAL)

Lei è una delle icone dell’hip-hop, nominata ai Grammy. Dal 2019 è in sodalizio artistico con Inflo musicista e produttore tra i più visionari e in voga sulla scena londinese ed i due lavori Grey Area (2019) e Sometimes I Might Be Introvert (2021) hanno raggiunto la vetta della classifica r&b del Regno Unito, con due premi vinti. Questo nuovo capitolo, a distanza di un anno dall’ottimo precedente lp, ne riprende le fila sempre con risultati eccellenti. Ancora Inflo alla produzione (squadra che vince non si cambia); qui il sound si fa più asciutto, grezzo, c’è volutamente meno post produzione ma il tutto resta in un perfetto equilibrio tra strumentazione classica ed elettronica. I brani sono più lunghi ed articolati del normale (spesso siamo oltre i 5 minuti). «L’emozione è energia in movimento. Onora la tua verità ed i tuoi sentimenti. Sradica le paura e riconosci i tuoi limiti», dice L. Simz nelle note che accompagnano il disco e continua. «Il mio successo non sta andando come avrei invece voluto, quindi NO THANK YOU!». Il tema portante, nei testi, è la spiritualità ma c’è spazio anche per le pene d’amore, per il sessismo ed il razzismo. Il carisma è integro, sa creare emozioni nonostante una tecnica perfetta che potrebbe renderla algida. Little Simz è da annoverare tra le grandi voci neo-soul del nostro tempo.

SAMPA THE GREAT – AS ABOVE, SO BELOW (Loma Vista)

Cantautrice e performer visiva, di origine africane (nata in Zambia ma cresciuta in Botswana). Musicalmente nuota nel vasto mare del hip-hop, dell’alternative r&b e del soul-jazz ma lo fa con molta personalità, profondità ed originalità. Questo è il suo secondo album e arriva dopo il debutto strepitoso con The Return (2019). Tanto da vincere per la seconda volta in Australia (dove l’artista si è trasferita) l’Australian Music Price. Nel periodo della pandemia, sospende un suo tour mondiale e si ritira presso la sua famiglia in Zambia. Qui ha il tempo di meditare il nuovo album e lo registra in due settimane, lavorando con produttori e musicisti locali. Sarà, ancora una volta un disco potente. Ricco di sonorità afro, in particolare dei paesi che hanno avuto a che fare con Sampa (Zambia con lo zamrock, Botswana e Sud Africa) ma che s’impastano con i suoni della musica contemporanea. Angelique Kidjo, pioniera dell’afro-pop è un cameo perfetto per chiudere un disco altrettanto perfetto, seppur meno ridondante del precedente.

THE NEW MASTERSOUNDS – THE DEPLAR EFFECT (Color Red Record)

Dalla prolifica terra di Albione (Leeds – Gran Bretagna), in pista dal 1990, questa band rappresenta quanto di meglio possa esprimere la jazz-fusion contemporanea (negli anni Novanta si definiva acid jazz). Con un consolidato e cospicuo numero di registrazioni in studio e live ed anche numerosi tour, anche fuori dall’Europa e poi collaborazioni varie di alto profilo. In questo nuovo lavoro restano sempre aperti alla collaborazioni come nel loro stile, così ritroviamo: Lamar Williams Jr.,valente cantante soul, figlio del bassista dei mitici Allman Brothers Band, presente in sette delle tracce dell’album, che a mio avviso diviene “l’atout” di questo disco, registrato nei nuovissimi Floki Studios, situati lungo la valle della Deplar Farm, di Eleven Experiences, nella penisola di Troll, in Islanda. Il titolo dell’album fa riferimento a quella località islandese, così come alcune tracce che risentono in modo diretto della ambientazione e fino alla splendida cover, compreso il packaging con il vinile in ice blue. Un lavoro davvero ben prodotto e suonato e che si pone tra i vertici del suo genere. Non è un caso d’altronde, se, come annunciato su loro profilo di Facebook, il disco è entrato nel round finale dei Grammy 2022 per le categorie “Miglior Album” e “Migliore performance r&b” con High on the Mountain feat. Lamar Williams Jr. The Meters, la famosa funk-jazz band di New Orleans degli anni Sessanta e Settanta si staglia sullo sfondo, d’altronde Simon Allen (Dr) e Eddie Roberts (Gt) & Co. affermano che essi rappresentano la loro fonte d’ispirazione primaria. Lamar Williams jr. con la sua vocalità porta al gruppo una ventata di southern rock che li mette in scia degli Allman Brothers Band. Sì, anche loro stanno sul fondo in questo ottimo album, certamente tra i migliori della storia musicale dei TNM.

EZRA COLLECTIVE – WHERE I’M MEANT TO BE (Partisan)

Stilosissimo combo che arriva dall’Inghilterra con un blend speziato di nu-jazz, afrobeat, r&b e grime. Capaci di un live act ad alta energia che ha catturato platee di estimatori in patria ed anche all’estero. Al netto dei tanti ep e singoli, questo dovrebbe essere il loro terzo disco che racchiude in 14 tracce il loro consueto stile musicale, forse più accentuato verso sonorità afro e caraibiche e molto più dance oriented dei precedenti lavori. Ospiti di gran pregio sono Sampa The Great, Kojey Radical, Sandé e Nao; poi alcuni siparietti con il regista Steve McQueen e con il batterista-icona dell’afrobeat Tony Allen. Non si fanno mancare una chicca: il brano classico Smile di Charlie Chaplin, reinterpretato in maniera davvero gustosa. Un album di 68 minuti che vi intratterrà con gusto e piacevolezza, facendovi venire anche voglia di  ballare.

IBIBIO SOUND MACHINE – ELECTRICITY (Merge)

Collettivo di base a Londra, ma internazionale nei suoi componenti di dj e musicisti e guidati dalla carismatica Eno Williams. Propongono un funk-disco di derivazione afro che s’ispira all’era classica dei Settanta che incontra l’elettronica moderna con una certa attitudine post-punk. Questo è il loro quarto lp, registrato a Londra ed appare come il loro disco migliore. Sotto la direzione artistica dei nuovi produttori Hot Chip (Al Doyle e Joe Goddard – un duo che dagli inizi del nuovo millennio propone una alternative dance, indie rock, con diversi lavori alle spalle) la musica si fa più electro-pop stile anni Ottanta. Il titolo del disco è un indizio forte. Sono tanti i riferimenti: i Kraftwerk ma anche LCD Soundsystem, i Talking Heads di Remain in Light o la Grace Jones di Nightclubbing, la Euro-Disco di Giorgio Moroder fino ad Afrika Bambata. Tutto ciò senza dimenticare le loro radici afroamericane e tenendo alta la barra di un sound fortemente orientato alla pista da ballo. Magnifica come sempre è la vocalità della cantante. Un viaggio nelle piste da ballo degli anni Ottanta ma partendo dall’Africa capace di emozionare e divertire.

STR4TA – Str4tasfear (Brownswood)

Una sigla che nasconde due fuoriclasse assoluti: Gilles Peterson (dj, produttore) e Jean-Paul “Bluey” Maunick (cantante e chitarrista degli Incognito ). Due amici di lunga data che si divertono a far rivivere il suono del brit-funk degli anni Ottanta. Questo è il loro secondo album (a distanza di un anno dal primo) in mezzo tanti Ep e singoli, dove i due si divertono a remixare la loro musica. «Stra4tasfear prosegue sulle orme del nostro primo album» dice Peterson celebrando il movimento dell’acid jazz e electro-funk’n’soul britannico della fine dei Settanta e dei primi anni Ottanta che risiede alla base della club culture e del jazz contemporaneo. Così mettendolo sul piatto sarete invasi da potenti linee di basso, droni elettronici, beat a go go e voci futuristiche. Un cenno agli ospiti, insigni, che vi partecipano: le voci di Omar, Valentine Etienne, Emma-Jean Thackray, Theo Croker ed il duo degli Anushka. E poi ancora i musicisti Mo Hausler (produzione e master ), Peter Hinds (Keys) e Rob Gallagher (Galliano) che partecipa anche  co-scrivendo una traccia (Find your Bounce). Pperazione nostalgica? Io non direi, potrebbe essere questo il tempo che il brit-funk si riprenda i suoi spazi. D’altronde, spiega Peterson, «il climax sociale e politico di quel tempo e quello odierno sono vicini ed il momento di cambiamento generale che stiamo vivendo si riflette in questo disco».

ZEITGEIST FREEDOM ENERGY EXCHANGE – SCI-FI JAZZ DIRECTIONS (Kryptox)

“Direzioni Jazz Fantascientifiche”, questa la traduzione del nome di questo combo di base a Berlino. Non è un caso che arrivino da quella città, fino a pochissimi anni fa capitale della techno, oggi vivacissima fucina di nuovi generi e sottogeneri: dal nu-jazz alla psichedelia, alla dance alternativa e tanto altro ancora che allignano nei molti club, nelle radio locali, spazi culturali underground che si aprono nella capitale tedesca. La label Kryptox, per la quale esce questo disco, è il motore di questa vitalità artistico-musicale. La band, che ha acquisito un grande seguito in Germania, ha il suo leader nel batterista di origine australiane Ziggy Zeitgeist e si muove su coordinate stilistiche che abbracciano il nuovo funk-jazz che arriva da Londra (Kamaal Williams, Shabaka, Ezra Collective ecc.) con le bordate elettroniche della dj culture berlinese. Un mix travolgente di vibe jazz con vampe elettroniche tribali pronto ad infuocare i dancefloor più all’avanguardia. Le radici sono nel sound degli anni d’oro del jazz funk anni Settanta ma l’energia elettrizzante è quella contemporanea. Il risultato è un sound che guarda al futuro. Potremmo definirlo “future funk jazz”, coniando un nuovo termine che descrive appieno la musica del ZFEE. Questo quarto album rappresenta l’album della maturità artistica per questo combo.

SAUL – MUTUALISM (Rhythm Section International)

Dall’Inghilterra, due musicisti e produttori: Jack Stephenson-Oliver e Barney Whittaker. Dopo un interessante Ep nel 2019, arriva il loro primo album (sei tracce) che esce anche in formato vinile. Il sound che propongono è un nu-jazz incrociato con un broken beat, dal mood downtempo. Tre vocalist Natty Wylah, Allysha Joy ed il rapper Lex Amor collaborano a un impasto sonoro di un ibrido jazz ed alternative r&b molto raffinato. Se amate le atmosfere di metà anni Novanta, questo è un album che vi piacerà tantissimo.

KAIDI TATHAM – DON’T RUSH THE PROCESS (First word Records)

Polistrumentista, cantautore e produttore britannico, di origine ghanese, anche remixatore (Mulatu Astatke; Marcos Valle ecc. ). Mente dei Bugz in The Attic, soprannominato l’“Herbie Hancock del Regno Unito”, per le sue doti di abilità con tastiere e synth. Considerato tra i più influenti della scena broken beat (genere di elettronica dance caratterizzato da ritmi sincopati e spezzati e molto influenzato dal jazz-funk e r&b/hip hop). La sua musica è un blend di jazz fusion con house, hip-hop, nu soul e tanto altro ancora. Questo è il suo ottavo disco, ancora una volta di altissimo livello musicale (come tutti i suoi precedenti ) ma è anche l’album più maturo, più ricco dove l’artista inglese supera il broken beat per inglobare più attitudine jazz, più funk, c’è la bossa nova, ci sono ancora tappeti di archi ed arpe, cori. Il titolo è esplicativo: ”Non fermare il processo creativo”, e dunque il sound fluisce coerentemente con il massimo apporto di libertà creativa. Un album innovativo, sofisticato, estremamente funky nella sua essenza. Non sorprende che tra i suoi fan puoi trovare personaggi del calibro di Madlib o Gilles Peterson, K15 e Kyle Hall.

ALLYSHA JOY – TORN: TONIC (First Word Records)

Cantante, tastierista ma anche poetessa e produttrice. Arriva dall’Australia, ben accolta in GB grazie a Gilles Peterson, Ezra Collective, Children of Zeus ecc. Questo è il suo secondo album, dieci tracce che nelle intenzioni dell’autrice dovrebbero rappresentare una sorta di musicoterapia per combattere il dolore passando attraverso i suoni e le parole verso una guarigione completa per rimettersi in piedi e lasciarsi andare con gioia. Filosofia ambiziosa? Forse. Però la musica è una certezza! Una tavolozza sonora dove scorrono groove spezzati e bellissime melodie su di un neo-soul moderno e caldo, esaltato dalla tipica voce roca di Allysha e dai suoi tocchi magici al Fender Rhodes. Disco interamente scritto e prodotto dalla stessa Allysha, ma con tanti ospiti femminili: Ego Ella May, Bina, Rara Zulu, Belle Bangard e Dancing Water . «Torn: Tonic  è come descrive il titolo esattamente, guardare direttamente nell’ombra del dolore e superarlo con gioia. Niente canzoni d’amore! Solo inni sociali, politici, emotivi, per il cambiamento», spiega l’autrice.

DOOM CANNON – RENAISSANCE (Brownwood)

Pianista e tastierista e pluristrumentista e produttore (la cantante Celeste ) e band-leader (Steam Down) molto influente e di tendenza, tra i più ricercati sessionman della nuova scena jazz Londinese. La sua musica fonde il jazz modale, neo-bop, con trame elettroniche e cascami di stili dall’Africa Occidentale e dai Caraibi. Nel 2021 esce un singolo Amalgamation. Nel febbraio 2022 viene ri-registrato in una versione in ottetto che ottiene un successo immediato in radio e nei club, poi seguita da altri successi. Nel luglio 2022 arriva questo suo primo lp, sull’etichetta di Gilles Peterson. Contiene tutti i singoli editi nel 2022 più sei tracce nuove. Il sound generale dell’album si rifà a Donald Byrd, Herbie Hancock dei Sessanta e Settanta ma il set è tutt’altro che retrò: l’elettronica non è mai soverchiante e si integra con le linee del sax, le battute ritmiche secche e funk, gli intrecci delle corde e del contrabbasso con le armonie vocali  che ne fanno un jazz contemporaneo davvero stimolante, tra i migliori nel suo genere. In più c’è anche un substrato d’impegno civile legato al ruolo che i musicisti di colore dovrebbero avere nella musica contemporanea. «Ho scritto della mia esperienza di nero inglese cresciuto intorno a Londra», dichiara Cannon. «Renaissance è la mia lettera a Londra, racconto il modo in cui sono cresciuto e in cui la città mi ha plasmato, della corruzione politica, della brutalità delle polizie e del mio punto di vista». Consigliatissimo.

EBI SODA – Honk if you’re sad (Tru Thoughts)

Da Brighton, Inghilterra. Un altro quintetto jazz contemporaneo che incorpora dub, funk e attitudini post-punk. Groove serrati, assoli roventi. Nel 2020 un Ep e poi questo primo album. Ancora una volta il tratto saliente che caratterizza questa band, cioè, la continua voglia di ricercare, sperimentare viene fatta salva in questo lavoro, un divenire continuo di idee in 12 tracce con quella grinta schizoide, di derivazione post-punk. Trombone, tastiere, basso, chitarra, batteria, tutti analogici che flirtano con l’elettronica di fine anni Novanta. Si dichiarano debitori dei Can, della drum’n’bass fino ai più contemporanei Badbadnotgood, dei quali sono parenti stretti per attitudini e suoni caleidoscopici. Gli stessi titoli dell’album e delle tracce rimandano ad una attitudine un po’ anarcoide e anche giocosa. In questo lavoro c’è spazio anche per una certa idea di world music con l’apporto di due ospiti Yazz Ahmed, Deji Jjishakin e di Dan Gray che invece dà un tocco dance oriented. Amici, siamo al cospetto di una delle migliori incisioni del trascorso 2022, siamo potremmo dire,ai confini della musica. Oltre c’è solo un divenire del quale ancora non ne conosciamo le forme.

CHICKEN GRASS – CHICKEN GRASS (Cattrack Records)

Arrivano dalla fredda Finlandia, ma la loro musica è invece, per contrappasso Bollente. Album di debutto per questo combo di cinque elementi che suona già da 25 anni insieme e che nel tempo hanno maturato un loro sound identificativo, che loro stessi chiamano “swamp soul“. La loro musica e un insieme di funk, hip-hop, soul e jazz. L’album è stato registrato a Berlino, utilizzando attrezzature vintage che ne conferiscono una sensazione retrò (modalità molto in voga in questi tempi) con il produttore premiato ai Grammy, Max Weissenfeldt. Inoltre, per rafforzare un certo climax di groove made in Louisiana hanno chiamato, per questo Lp, la cantante di New Orleans Princess Shaw. La band aveva in mente di realizzare un progetto che suonasse come un album di soul-funk dei Sessanta e Settanta, quindi niente uso di Loop e campionamenti…solo “Fakin The Funk”! Se volete farvi coinvolgere dal puro suono del funk, caldo, senza sovrastrutture elettroniche ma solo affidato agli strumenti analogici ed alla maestria degli esecutori, questo è l’album che fa per voi.

SHIRLEY DAVIS & THE SILVERBACKS – KEEP ON KEEPIN ON (Lovemonk)

Cantante di punta del nu-soul europeo, nata a Londra da genitori giamaicani. Il suo stile si rifà alle grandi voci del Soul storiche, ma aggiungendovi un tocco di modernità. Vocalist per Wilson Pickett, Osaka Monaurail ed altri ancora. Ha avuto un supporto dalla compianta Sharon Jones, con la quale ha condiviso il palco nei suoi spettacoli e dalla quale ha ricevuto un incoraggiamento per le sue doti artistiche. Notata dai manager della Tucxone Records, viene invitata ad unirsi in studio con la band The Silverbacks. Con questa registrerà due album. Nel 2022 arriva questo nuovo lavoro di retro-soul e funk, con attitudini anche dance, che mette in mostra le qualità della Davis. Naturalmente il suo mentore Sharon Jones è richiamata sia nello stile ma anche in pratica, poiché il nome dell’album sono le ultime parole che la famosa cantante dedicò alla Davis, per incoraggiarla ad andare avanti. L’album ha delle radici autobiografiche nei testi. L’ascolto dell’album ci fa comprendere perché Shirley Davis è considerata la nuova regina europea del soul.

THE SMILE – A LIGHT FOR ATTRACTING ATTENTION (XL)

Super Trio, questo, pensato e formato da Thom Yorke (cantante e chitarrista ) e Jonny Greenwood (chitarra solista  ed altri strumenti), praticamente i 2/3 dei Radiohead, con l’aggiunta del batterista Tom Skinner (Sons of Kemet) già secondo batterista dei Radiohead. La produzione è affidata a Nigel Godrich, da tempo, produttore degli stessi Radiohead. Insomma, a ben vedere un progetto collaterale della famosa band inglese, e ne riprende appieno i connotati stilistici. Dagli inizi dei Novanta i Radiohead hanno rappresentato l’unica band che ha rivoluzionato il rock , aprendo a nuovi mondi sonori. Il balance qui si sposta verso il jazz, grazie a Skinner, ma la visionarietà e l’alchimia sonora dei Radiohead si mantengono intatte ed alla fine non può non essere un album magnifico. Meritevole del successo di critica e pubblico. Nel progetto anche la Greenwood London Contemporary Orchestra e qualche altro musicista del giro del nuovo Jazz londinese, frequentato da Skinner. Anche qui non mancano, come da tradizione di casa Radiohead, le sferzate acide verso la società odierna, le atmosfere si fanno plumbee, psichedeliche, il tutto sotto un martellamento ritmico che non lascia scampo agli ascoltatori. Roba forte e per palati fini.

CALIBRO 35 – SCACCO AL MAESTRO VOL.1 / VOL.2  (Virgin)

In scena dal 2008, arrivano da Milano, sono cinque musicisti di diversa estrazione artistica che intendono dar vita ad un progetto musicale che guarda alle musiche delle colonne sonore dei film italiani di serie B, soprattutto, polizieschi. Il nome ne esplicita bene il fine. Dopo otto album, arrivano  questi  due album (editi entrambi nel 2022) legati da un unico fil rouge, quello delle musiche di Ennio Morricone, al quale la band vuole rendere omaggio, rileggendone con cura e personalità ma nell’assoluto rispetto delle partiture originali dei brani del Maestro, chiudendo così quel “cerchio”- come affermano – tracciato nel 2007, quando iniziarono, in studio, a provare proprio su di un brano di Morricone, poco conosciuto, Trafelato, spesso suonato live ma mai su disco, fino a questo Vol.1. Un progetto ambizioso e delicato, che vuole essere il punto più alto della loro maturità artistica. Tantissimi gli ospiti di pregio che prendono parte alle session di registrazione. Il repertorio varia da brani più celebri ad altri più oscuri del songbook del maestro indiscusso delle colonne sonore cinematografiche internazionali, attraverso gli stili caleidoscopici della band meneghina, passando dal rock strumentale al jazz con spruzzate di funk. Un’operazione discografica che merita, dunque, tutto il rispetto dovuto, restando tra le migliori proposte discografiche dell’anno.

BRENT FAIYAZ – WASTELAND (Lost Kids)

Dagli States (Maryland) un cantante r&b nominato nel 2016 ai Grammy. Predilige le atmosfere slow. In repertorio, qualche Ep e questo che è il suo terzo Lp. Album dai toni surreali, con utilizzo di voci trattate e tantissimo “talking” che sono dei siparietti di vita a tratti melodrammatica. La musica invece è un flusso sonoro di r&b a marce ridotte (slow), onirico. Tanti gli ospiti, tra i quali Timbaland. Un disco atipico, che non segue le tendenze ma si fa rispettare per onestà ed ispirazione.

Avvertenza per l’uso :

Nella trasmissione speciale di GROOVEBAG ON THE MIX in onda su http://www.radioregione100.it/ il 4 febbraio, dalle 16,30 potrete seguirne le tracce estratte, in questo stesso ordine di scaletta.

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