Disco

Groove addicted: best of 2022/2

Un anno di musica funk, hip hop, jazzy, soul, vintage soul & funk. I miei sessanta album preferiti per poter dire c’è ancora speranza in questo pianeta. Una “non classifica” ma solo una lista in ordine sparso – [seconda parte]

Continuiamo a soddisfare il nostro lato ludico e dunque via alla seconda parte dei miei “album preferiti” per l’appena trascorso 2022. Per chi vuole restare sintonizzato con le nuove correnti, alle novità più recenti della nostra musica black, jazz e di tutto quanto suona… groove. Ricordiamo, però che non vuole essere una classifica, piuttosto, una selezione “scelta” tra le uscite del 2022. Album che mi hanno suscitato qualche interesse, magari una emozione o anche lavori che stilisticamente e per contenuti s’impongono nel mare magnum della discografia Internazionale. Su il sipario, dunque, e si accendano le luci sul nostro palco virtuale, ecco la seconda “ventina”. La prossima settimana per scoprire gli ultimi – ma non per importanza – venti.

MAYLEE TODD – MALOO (Stones Throw)

Cantante ed anche performer artistica canadese ma di residenza a Los Angeles. Musicalmente camaleontica, è passata con disinvoltura dalla disco music alla bossa nova ma anche elettro-pop e moderno r&b. Secondo album per lei e nuova sterzata stilistica con testi visionari, fantascientifici che ci parlano di Avatar e realtà virtuale (lo è anche sulla cover che ci presenta il suo di Avatar). Ne viene fuori una sorta di ibrido a metà tra Marina Abramovich (per le installazioni artistiche) e una sensualissima Grace Jones ma con una voce di bimba sopra un tappeto di suoni elettronici e sequencer. Attraenti ballad elettroniche intrise di space age pop ma anche sound onirico e morbido alla Sade, non manca anche un pizzico di follia creativa alla Björk. Le battute restano volutamente costanti ed il vocale di Todd è quasi sempre un sussurro. Un album che suona come un sogno immersivo nel quale adagiarsi e lasciarsi andare. Supercool!

JIMETTA ROSE – HOW GOOD IT IS (Day Dreamer)

Figura ormai centrale della scena alternative r&b di Los Angeles. La sua voce calda, ricca di spiritualità si presta al gospel, al jazz, al soul ed al hip-hop. Un 2022 molto prolifico per lei che ha ha prodotto due album diversi stilisticamente. Il primo era hip-hop, molto roots, oscuro. Questo secondo album invece l’avvicina al gospel; c’è un coro (Le voci della creazione) da lei assemblato e la musica è un blend di spiritual jazz e funk. I brani sono per lo più cover ma rilette con cura e personalità dall’artista. Anche la ripresa live in studio contribuisce a farne un album a presa rapida.

GLORIA SCOTT – SO WONDERFUL (Acid Jazz Rec.)

Cantante texana, che nel lontano 74’ fu autrice dell’album soul di successo What am i gonna do  prodotto da Barry White. Poi più nulla discograficamente parlando fino al 2022, quando arriva il suo secondo ed al momento ultimo lavoro. Supportata dal 2008 da Eddie Piller (boss dell’etichetta Acid Jazz) che l’ha voluta ogni anno sul palco del festival Baltic Soul Weekender. Presenta questo nuovo lavoro che sembra una logica sequenza di quello del 74’. Elegante r&b, con ritmi trascinanti, volute di archi, chitarre setose con un raffinato mix di piano acustico, rhodes ed organo. Insomma il suono scintillante e pajettato che era della Love Unlimited Orchestra e di Barry White. L’artista questa volta firma i testi dei brani e rende più personale l’intera opera. Resta la grinta e la qualità dell’artista . Per chi ricerca i suoni della tradizione.

GABRIELS – ANGELS & QUEENS, Pt.1 (Atlas Artists)

Da Los Angeles, un trio, con la voce solista raffinatissima di Jacob Lusk, che intreccia nella sua musica la tradizione ma guarda anche al futuro tra gospel, doo woop, soul, funk e disco. Questo è il loro debutto ufficiale che ha subito ottenuto le attenzioni entusiastiche dei dj della BBC e della KCRW. Un successone all’ultimo festival di Glastonbury e nel settembre del 2022 arriva questo  loro lavoro. Nel set anche Sounwave, produttore di Kendrick Lamar che ne impreziosisce le trame sonore. Pare che sia solo la prima parte di una session che contiene altre canzoni, promesse in uscita nel corso del 2023. Ma per essere chiari, queste prime sette suoneranno tanto nei vostri impianti audio.

CHARLOTTE DOS SANTOS – MORFO (Because Music)

Cantante di origine brasiliane ma nata ad Oslo, al suo secondo album, quello della maturità artistica. Il suo sound è una mistura colorita di progressive r&b, soul e funk e naturalmente anche bossa nova e samba, non disdegnando in alcune canzoni tratti di folk. Già collaboratrice con l’altra grande star del nu-soul contemporaneo Cleo con la quale ha vinto anche un premio in Norvegia. Morfo, scritto durante il periodo del Covid-19, dal nome rende omaggio ad una farfalla amazzonica che diventa metafora dei cambiamenti che lei stessa e la sua musica hanno subito negli ultimi tempi. Un album dove le avvolgenti linee melodiche sono coccolate dalla magnifica vocalità dell’artista. Con una band di validi strumentisti che la supporta alla perfezione. Un lavoro dove il legame con il Brasile è molto spiccato; dal songbook su 13 tracce 11 sono ascrivibili al cantante e compositore di Rio de Janeiro Edù Lobo, uno dei maggiori artisti del suono MBP (Musica Popular Brasileira o Bossanova). Davvero una bella avventura discografica che non stanca mai anzi alla fine ti vien voglia di ripartire daccapo, non capita spesso, tutt’altro.

VIEUX FARKA TOURE’ & KHRUANGBIN – Ali (Dead Oceans Rec.)

È il figlio del mitico chitarrista e cantante del Mali, Ali Farka Touré, il cantore del blues del deserto e questo lavoro è dedicato a lui. Così ne reinterpreta otto brani, presenti nel disco, insieme al trio rock psichedelico ed eclettico dei sulfurei texani Khruangbin. Due entità musicali che entrano subito in perfetta sintonia, assorbendo a dovere il materiale musicale per poi reinventarlo con fantasia e maestria. Una produzione profonda, calda che scorre appassionata. Registrato a Houston, in presa diretta suona come una “jam session” travolgente. Una musica che parla all’anima d’altronde è il blues del deserto che incontra quello texano. Superlativo.

LEYLA MC ALLA – BREAKING THE THERMOMETER (Anti)

Siamo al cospetto di una singolare artista di New York, di origine haitiane, ma trasferita poi a New Orleans, che è al contempo cantante, violoncellista polistrumentista e arrangiatrice. Nella sua musica convivono elementi di folk, jazz, classica con le tradizioni della sua terra adottiva, la Louisana. Questo è il suo quarto lavoro ed ancora una volta si poggia su composizioni originali che giocano con arie della tradizione Folk Haitiana. «I ricordi di Haiti mi arrivano ad ondate», racconta l’artista. L’album è anche arricchito da registrazioni d’epoca, tratte dall’archivio di Radio Haiti-Inter, emittente in lingua creola dalla storia tormentata dal regime dittatoriale negli anni Ottanta dell’isola Caraibica. Poi riaperta al ripristino della democrazia nel ‘94. C’è spazio anche per un omaggio tropicalista riprendendo una composizione di Caetano Veloso del 1972. Un omaggio sentito al Paese dei suoi avi tormentato nel passato dalla politica ma anche nel presente da tragedie tettonico-climatiche. «Lotteremo per vedere la luce attraverso l’oscurita», conclude l’artista.

MOOR MOTHER – JAZZ CODES (Anti)

Camae Ayewa questo il vero nome di quest’artista a 360 gradi che tocca, oltre la musica, la drammaturgia e le arti audiovisive. Di base a Philadelphia. La sua cifra stilistica è fatta di elettronica hardcore, un’attitudine post-punk in un bagno di hip-hop, soul, afrocentrismo e jazz, ed altro ancora che entra nella sua musica dalle finestre libere e spalancate. Notevole è anche il suo essere fortemente impegnata nell’attivismo sociale. È cofondatrice del movimento “Black Quantum Futurism“ che utilizza il suono per evocare ricordi come un ideale macchina del tempo. Quest’ultimo lavoro, parecchio ambizioso, ha qualcosa di antropologico, nel tentativo di percorrere la storia della musica classica black (jazz) sia verso il passato che incontro al futuro. Composto da molti brani strumentali inframezzati a versi poetici sussurrati dall’artista stessa. Ci sono menzioni per Billie Holiday, Albert Ayler, Nina Simone , Rahsaan Roland Kirk, Mary Lou Williams. Tanti gli ospiti che prendono parte al progetto, su tutti Jason Moran al piano. La sintesi finale la fa nell’Outro Thomas Stanley che afferma che il jazz resta legato al sesso, nel suo significato più antico, perché il jazz è sempre una musica viva. Visionario.

SAULT – EARTH (Forever Living Originals)

Collettivo inglese che vorrebbe presentarsi come anonimo (si fa per dire). Si conoscono invece certamente: la cantante Cleo Sol insieme a Kid Sister e Inflo, si aggiungono spesso anche Little Simz e Michael Kiwanuca. Praticamente le menti più creative ed all’avanguardia della scena musicale inglese. Il loro linguaggio musicale mescola soul psichedelico, funk, afrobeat, post-punk e alternative r&b e jazz. Straordinariamente prolifici, 11 album dal 2019, distribuiti con una logica editoriale che rivoluziona i canoni tradizionali. Tutti accomunati da un linguaggio grafico comune, che ne fa come un marchio di fabbrica e poi suddivisi stilisticamente, secondo un’idea di omogeneità sonora e senza alcun supporto promozionale. Indipendenti fin quasi all’anarchia. Questo capitolo erge sugli altri, editi quasi contemporaneamente nel 2022: Air , (Untitled) God, Today and Tomorrow , Aiir e 11. Dentro troviamo brandelli di gospel, ritmi brasil, trip-hop, blues e alternative r&b. Si potrebbe dire che siamo al cospetto di un album di word music, ma è un termine che calza stretto e ciò è quanto dire. Moderni alchimisti.

FKA twigs – CAPRISONGS (Atlantic)

Talia Barnett il suo nome all’anagrafe. Arriva dall’Inghilterra ed è la nuova musa del trip hop quello vicino a Tricky, Massive Attack, Björk, Bow Wow Wow e The XX. Dotata di una vocalità delicata e potente al contempo che si erge su di un sound elettronico e a tratti sperimentale, anche industrial ed intessendo melodie futuristiche che sembrano  arrivare da altri pianeti. Stranianti anche le cover che però ben presentano il contenuto artistico. Questo è il suo terzo lavoro che esce a distanza di tre anni da un album che fece gridare al capolavoro Magdalene. Anche Caprisongs, ufficialmente presentato come un “mixtape”, fa centro pieno, segno che siamo al cospetto di una grande cantante e performer. Più spontaneo più solare più carico di gioia, più pop si potrebbe dire, questo nuovo capitolo. FKA afferma di essere in un momento molto intenso e felice, donato da un positivo e persistente transito astrale, come recita nel finale del disco. Un album che apparentemente suona più facile (non è un caso il passaggio ad una Major), ma viaggia a quote elevatissime di creatività e gusto. Un accenno alle guest: The Weeknd, Jorja Smith su tutti. Giù il cappello, per favore.

MAKAYA McCRAVEN – IN THESE TIMES (Nonesuch)

Nativo parigino e figlio d’arte (padre anch’esso batterista jazz e madre cantante ungherese ). Si trasferisce da bambino nell’area di Chicago. Ad oggi è un batterista tra i più moderni sulla scena internazionale, anche produttore raffinato. Il suo linguaggio musicale è una fusione tra jazz, hip-hop, rock e ricerche timbriche worldwide, sempre alla ricerca costante di nuove direzioni musicali. I suoi album si distinguono sempre, come anche questo ottavo lavoro che rappresenta ancora una evoluzione del suo linguaggio con 11 tracce originali. Particolare è anche il suo approccio alla registrazione ove ne riprende dal vivo il set e poi lo campiona, lo posiziona in sequencer, ne cambia l’ambiente audio, lo manipola e lo rende uniforme ed omogeneo sulle tracce finali. Siamo al cospetto di una dozzina di musicisti che lavorano su cinque diversi studi/set e quattro esibizioni live, più il lavoro di post-produzione finale. Un crogiolo di trovate musicali, abbondanza d’idee difficili da trovare altrove. Un album che certamente sedimentato com’è necessita di più ascolti per raggiungerne la pienezza dei contenuti. Imprescindibile.

SLY JOHNSON – 55.4 (Heavenly Swewtness)

Nato a Parigi il cantante e rapper, beatboxer e produttore, è una figura centrale della scena hip-hop, soul e jazz Francese. Ex membro della Saian Supa Crew per oltre un decennio dalla metà dei Novanta. Successivamente ha pubblicato anche un album anche con la prestigiosa etichetta jazz Blue Note inciso con Erik Truffaz. Il titolo dell’album, 55.4,  marca la sua passione per la numerologia (nel 2010 l’album 74). L’attuale titolo allude al fatto che ci son voluti 55 giorni di lavoro in studio per realizzare il suo quarto album da solista. Dieci tracce che viaggiano tra soul-funk, hip-hop e tracce di jazz. i testi mischiano impegno militante, spiritualità ma anche romanticismo. Ascoltando questo lavoro ci rimbalza alla mente spesso D’Angelo. Incisiva la presenza della cantante Jona Oak che duetta con Johnson in un brano dalle nuances gospel. Una cover di rilievo da segnalare What’s going On di Marvin Gaye. Album davvero pregevole.

TANK AND THE BANGAS – RED BALLON (Verve Forecast)

Una band che nel giro di pochi anni è salita alla ribalta, vincendo il concorso musicale americano NPR e ottenendo una candidatura ai Grammy, che le hanno valso l’ingresso nella prestigiosa etichetta Verve per incidere questo nuovo lavoro. Arrivano da New Orleans, e si sente. La loro musica passa dal soul più roots al funk con sbandate decise verso l’hip-hop ma anche il reggae ed il rock. Testi impregnati di realismo made in USA che cantano dei mali di questa società ma al contempo esaltano la condizione di essere afromericani. La loro leader è la cantante e poetessa Tarriona Ball (alias Tank) che afferma: «Questo album viene diretto dal cuore, e non solo. Ti vuol fare  commuovere, pensare, amare». Il disco contiene anche alcune killertracks che ti fanno ballare, allontanandoti i problemi della vita di tutti i giorni. Importanti gli ospiti che vi partecipano: Trombone Shorty, Lalah Hathaway, Jacob Collier su tutti. Caleidoscopici con impegno.

TROMBONE SHORTY – LIFTED (Blue Note)

Ancora un artista dal fantastico mondo musicale di New Orleans. Un trombonista e trombettista, bandleader e personaggio centrale nella vita culturale della Crescent City; nonché musicista prodigio (a 13 anni in tour con Lenny Kravitz ) ma anche figlio d’arte. Dopo cinque anni dal pur pregevole lavoro del 2017 (Parking Lot Symphony) arriva questo nuovo album decisamente più orientato al funk, più danzereccio, che ricorda più da vicino le famigerate bollenti, energiche esibizioni live di Troy Andrews (il vero nome). Album, sin dalla cover, dedicato alla sua mamma defunta e personaggio di spicco della comunità artistica della città, come del resto la sua famiglia. Registrato nel suo studio e circondato da amici di lunga data che permeano l’umore di fondo dell’album con tanta serenità e passione. Com’è ovvio che sia tanta è l’influenza delle marching band delle “second line“ nelle parate del carnevale creolo, ma non mancano cascami di gospel, jazz e sfumature caraibiche. Possiamo dirlo un album che è puro piacere d’ascolto per gli amanti del genere ma non soltanto.

LETTUCE – UNIFAY (Round Hill Records)

Da New York, un ensemble funk nato nel 1992 tra le mura della Berklee College of Music che miscela nel suo sound anche hip-hop, jazz, r&b di New Orleans su strati di rock e blues. Considerati degli “innovatori” del genere funk classico dei Settanta, nel loro dna troviamo infatti EW&F, TOP e Headhunters. Nel 2020 l’album Unity è stato nominato ai Grammy. Due anni dopo, arriva per il sestetto quest’ultimo lavoro Unifay, disco ancora superiore al precedente, che fa dell’interplay strumentale il suo tratto peculiare e che riflette la loro voglia di suonare live (il loro punto di forza), dopo due anni di stop forzato causa Covid-19. Settanta minuti per sedici tracce di ribollente pozione musicale a base di moderno e vibrante funk a go-go. Ospitate di lusso come l’iconico William “Bootsy” Collins e del cantante Laneesha Randolph ne esaltano e definiscono la messa a fuoco totale. Per gli amanti dell’Hammond prezioso è il lavoro di Nigel Hall che toccando anche i synth e le tastiere dona quella patina sulfurea un pochino psichedelica all’insieme. Insomma se il mondo attorno a te ti sembra perdere giri, se ti senti giù di corda, non ti resta altro che mettere sul giradischi i Lettuce con Unifay e la vita ti sorriderà. Tu però dovrai tenere ben saldi gambe e fianchi. Trascinante.

THE BAMBOOS with MELBOURNE SYMPHONY ORCHESTRA – LIVE AT HAMMER HALL (BMG/PACIFIC)

Dall’Australia da qualche anno a questa parte arriva musica funk di grande qualità ed è un chitarrista e cantante neozelandese all’alba del millennio ad infiammarne la scena Lance Ferguson, che mette su un Hammond 4tet The Bamboos, destinati a divenire band culto per il soul jazz ed il funk. Particolarmente effervescenti nella loro dimensione live, dove suonano praticamente in modalità non-stop. Anche le loro produzioni ne riprendono il mood. Ma è quest’ultimo lavoro ad impressionare in positivo capace di catturare le sonorità tipiche cariche di groove e funk dei Bamboos miscelate alle architetture sinfoniche della prestigiosa Orchestra di Melbourne e dei suoi cinquanta elementi, nel tempio musicale della Hammer Hall, in due magiche notti del marzo 2021. La band esegue le canzoni più iconiche ed amate della loro ultradecennale carriera riarrangiate, per l’occasione, dal trombettista della band Ross Irwin insieme all’orchestra. Il risultato è notevole perché il repertorio si arricchisce di un mantello cinematico che dona spessore e suggestioni immaginifiche con cromatismi cangianti brano dopo brano. Facile cadere nel kitsch con queste operazioni discografiche spericolate, ma Lance Ferguson & C. saltano il fossato alla grande.

NATHAN JOHNSTON & THE ANGEL OF LIBRA – OMONIMO (Broken Silence)

Un album che arriva da Amburgo ad opera di dieci talentuosi musicisti che con l’ausilio vintage di un registratore 8 tracce e l’amore per il soul britannico degli anni Ottanta danno vita al progetto che ci giunge come una vera sorpresa. Ma è il cantante irlandese, che si aggiunge al combo di base, Nathan Johnston a donare la marcia in più al disco, con la sua voce catartica ed una vocalità calda da navigato soul man bianco. La sezione ritmica robusta e quella cromaticamente cangiante dei fiati fà tutto il resto insieme agli arrangiamenti sospesi tra tradizione e modernità di Dennix Rux & Co. che si spingono anche verso territori della blaxploitation tra citazioni di Ennio Morricone e Isaac Hayes. Particolare attenzione anche alle tecniche di registrazione per un album di debutto come solo i grandi della musica sanno fare.

THE MIGHTY MOCAMBOS – SCENARIOS (Mocambo Records)

Ancora da Amburgo, l’altra band iconica tedesca di deep-funk. Anche per loro è la dimensione live che li esalta ed infatti nelle session in studio per gli album cercano di riprenderne il mood. Ma è particolarmente con questo album che l’operazione riesce al meglio. Il titolo Scenarios esplicita la dimensione live di magiche serate in più luoghi e situazioni diverse, catturate su nastro a 8 tracce dal sapore vintage. Così vanno in scena alcuni loro successi, qualche cover e del nuovo materiale composto per l’occasione. Insomma, un disco che mette in primo piano la dimensione live della band ed i suoi risvolti in un percorso attraverso insolite situazioni di registrazioni. Il funk è come si conviene il denominatore comune dell’album di ma c’è spazio per alcune disgressioni cinematiche e per un siparietto in acustico in chiusura di un brano originariamente inciso  con Lee Fields.

RENEGADES OF JAZZ – SONIC VERVE (Bathurst)

Dietro questo pseudonimo, un produttore che arriva dalla Germania, David Hanke, un precursore di quell’ambito musicale, più esplicativamente chiamato nu-jazz e che fonde elementi di jazz con i Breakbeat ed elementi di elettronica dance. Notato da un altro produttore lungimirante Smove e messo sotto contratto per la sua label Wass Records arrivò subito il successo immediato con il 12 pollici Cascades  ed il successivo Ep Karabine del 2010; nel 2011 arrivò l’album che lo porto sulla ribalta internazionale, Hip to the jive. Poi altri Lp, fino ad arrivare a questo quinto capitolo, a distanza di tre anni dal precedente. Un lavoro che si dipana su 12 tracce originali che ti catturano per le sonorità elettroniche raffinate di nu jazz, swingante e boogie a tratti ma anche dando spazio al breakbeat (marchio di fabbrica), all’afrofunk ed alle aperture tropicali. Tanti gli ospiti: Teis Ortved, Diesler, Laura Vane, Mcmani Draper, Chelsea Monet, Andy Sells. Probabilmente il miglior lavoro per David Hanke, che apre così nuovi scenari sonori seducenti, ricchi di groove e profondità armoniche.

YORK – THE VINTAGE FUNK VOL.1 (Upper Level)

Pseudonimo del Polistrumentista e compositore tedesco, Heiner Schmitz (già membro del combo di successo The Bahama Soul Club ma anche Sideman con Randy Crawford, Phil Collins, Mousse T). Questo è il suo secondo lavoro solista a distanza di un anno dal superbo The Soul Jazz Experience Vol.1. Evidentemente due percorsi che il musicista tedesco intende perseguire nel futuro, guardando ai due generi esplicitati nei titoli degli album. In questo lavoro affiorano i ricordi di James Brown, i Maze, ma anche gli Chic. Dicevamo polistrumentista, sì, perché oltre ai suoi strumenti d’adozione (flauto e sax) suona ed anche con maestria l’organo Hammond, il piano Fender, ed altre tastiere e di recente anche il basso elettrico; tutti ben presenti in questo disco che contiene un’intelligente intuizione, cioè affidare le parti vocali a più vocalist, in tal modo accrescendo la qualità del lavoro ed arricchendolo di coloriture e personalità con vocalità sempre diverse. Un viaggio nelle piste da ballo più funky degli anni Settanta, con una musicalità impeccabile e composizioni ispirate! Consigliatissimo.

Avvertenza per l’uso :

Nella trasmissione speciale di GROOVEBAG ON THE MIX in onda su http://www.radioregione100.it/ il 28 gennaio (29 In replica) 2023, dalle ore 16:30 potrete seguirne le tracce estratte in questo stesso ordine di scaletta.

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