Secondo quanto riporta Billboard, Bono & soci pronti a trasformarsi in jukebox vivente per una serie di spettacoli nella nuova arena dell’hotel The Venetian di Las Vegas. La parabola si chiude: in piena crisi creativa, la band di Dublino si concentra sulla musica che l’ha resa famosa con l’obiettivo di fare enormi guadagni
Las Vegas è stato il punto di partenza del Pop-Mart tour, nel 1997. Gli U2 si precipitarono in quelle date senza una scaletta ben definita e con la strana idea di parodiare il capitalismo mentre sfrecciavano su jet privati e guadagnavano milioni. Un mastodontico allestimento per grandi stadi che cercava di prendersi gioco della società dei consumi senza rendersi conto che, in realtà, la glorificava. Introdussero un gigantesco limone meccanico che non funzionava molto bene: la band rimase intrappolata all’interno in più di un’occasione. Per la prima volta da anni, alcuni concerti non si riempirono. Fu uno dei punti più bassi della loro carriera, ma il successivo recupero ci ricorda che avevano superato difficoltà scoraggianti in precedenza.
Sin City, la “città del vizio”, potrebbe adesso essere il punto di arrivo di una carriera sfolgorante e l’esilio dorato per quei quattro irlandesi che ebbero l’ardire di sfidarla e che, da quella battaglia di luci ed effetti speciali, uscirono con le ossa un po’ rotte. Come accadde per Elvis Presley, Las Vegas potrebbe diventare la residenza degli U2, un’opportunità per reinventarsi come icone viventi sullo stile dei Rolling Stones. Nel momento in cui la loro carriera sembra aver raggiunto la parola fine, è forse il modo migliore per salutare i propri fan.
Gli U2, secondo quanto riporta Billboard, dovrebbero essere il primo gruppo ad esibirsi, inaugurandola, alla MSG Sphere del The Venetian di Las Vegas, un’arena costata 1,8 miliardi di dollari e con 17.500 posti, che aprirà nel 2023, fatta costruire da James Dolan, il boss di Madison Square Garden Entertainment. Bono & company pianteranno le loro tende allo Sphere per una residenza “multishow” che sarà «distribuita su diversi mesi anche se con esibizioni non a cadenza quotidiana».
Vegas potrebbe sembrare uno strano scenario per gli U2. Con il suo vulcano in eruzione, i canali veneziani, la Torre Eiffel e un gran numero di hotel a tema, tra cui uno a forma di piramide, la località turistica è sinonimo di artificio e di un particolare tipo di glamour: l’obiettivo è il divertimento, non la serietà o l’autenticità. Le luci di Las Vegas abbagliarono e trasformarono in lunghe ombre quelle del Pop Mart Tour, come ammise in camera caritatis lo stesso Bono. E sarebbe un controsenso suonare in questo contesto delizie postpunk senza tempo come I Will Follow, Sunday Bloody Sunday e Bad.
D’altro canto, molto è cambiato da quando Bono, Edge, Adam Clayton e Larry Mullen jr erano quattro ragazzi sbarazzini del nord di Dublino. Oggi sono milionari e i loro album più recenti confermano che, quando si raggiunge un certo livello di successo, è quasi impossibile attingere alle emozioni che ti hanno guidato negli anni formativi della tua carriera. L’ultimo album davvero decente degli U2 risale a quasi vent’anni fa: How to Dismantle an Atomic Bomb. Mentre No Line on the Horizon, del 2009, ed i successivi Songs of Innocence e Songs of Experience, rispettivamente del 2014 e 2017, sono passati senza lasciare grandi tracce, semmai un po’ di amaro in bocca ai fan.
Con la loro creatività apparentemente svuotata, artisti dello status degli U2 hanno due scelte. Possono seguire l’esempio dei R. E. M. di Michael Stipe e farla finita, per evitare di infliggere ulteriori danni alla loro reputazione, oppure possono guardare ai Rolling Stones e diventare un jukebox vivente. Gli U2 hanno già fatto un passo in quella direzione costruendo un intero tour attorno a The Joshua Tree, il loro capolavoro del 1987. Quindi una residenza a Las Vegas in cui i fan si accalcheranno per ascoltare gli equivalenti degli U2 di Jumpin’ Jack Flash, Gimme Shelter e Start Me Up è forse solo il logico passo successivo. I nuovi U2 non saranno mai bravi come i vecchi U2, quindi perché insistere con la finzione? Molto meglio, allora, concentrarsi sulla musica che li ha resi famosi, anche se dietro l’angolo c’è il rischio di diventare caricature di sé stessi.
Las Vegas è, inoltre, garanzia di enormi guadagni. Celine Dion ha battuto i record con le sue due residenze a Las Vegas, vendendo più di 4,5 milioni di biglietti e incassando 681 milioni di dollari (665 milioni di euro) nella vendita dei biglietti tra il 2003 e il 2019. Elton John, con il suo Red Piano e gli show-residency di Million Dollar Piano (dal nome appropriato) ha incassato 330 milioni di dollari. Ci sono artisti che si sono esibiti a Las Vegas centinaia di volte (Celine Dion ha tenuto 1.141 spettacoli), ma per gli U2 non dovrebbe essere così, almeno non ancora.
Il management della band non ha confermato né smentito la notizia.
Secondo il sito u2songs, gli U2 starebbero lavorando a due progetti: uno, con il nome provvisorio di Songs of Surrender, sarebbe un set di vecchie canzoni rivisitate; l’altro prevede canzoni inedite che gli U2 avrebbero registrato in varie location.