Disco

Gli anni Ottanta non vogliono andare via

Anche il 2023 si apre nel segno di quel decennio. Nella moda invernale ispirata allo stile Brooke Shields. In televisione riappaiono i Puffi, mentre in musica registriamo il ritorno sul palco di Siouxsie and the Banshees e dei riformati Pulp. In giugno sono annunciati in Italia Simply Red e Pet Shop Boys. Ed esce oggi il singolo con cui gli Everything But The Girl anticipano la pubblicazione di Fuse, il loro primo nuovo album in studio dopo oltre 24 anni di separazione. «La nostra musica è penetrata nella colonna sonora delle generazioni più giovani»
La copertina dell’album “Fuse”

Nessuna epoca della storia è stata tanto ossessionata dal passato quanto gli anni Duemila. Lo ricorda anche il critico musicale britannico Simon Reynolds che nel suo Retromania scrive: «I Duemila sembrano irrimediabilmente malati di passato». E il periodo che più volte ritorna a galla è quello legato agli anni Ottanta. Anzi, potremmo quasi dire che non siamo mai usciti da quell’epoca. Forse perché la più creativa, la più divertente, piena di eccessi e di ambizioni. L’ultima senza internet, smartphone e computer, ma già proiettata nel futuristico mondo tecnologico. In quegli anni furono gettati i semi di molte tendenze che si sarebbero sviluppate e perfezionate in seguito.

Anche il 2023 si apre nel segno di quel decennio. Nella moda invernale ispirata allo stile Brooke Shields anni Ottanta. In televisione riappaiono i Puffi, mentre in musica registriamo il ritorno sul palco di Siouxsie and the Banshees e dei riformati Pulp, attesi il prossimo luglio al britannico Latitude Festival. In giugno sono annunciati in Italia le rentrée dei Simply Red e dei Pet Shop Boys, la cui musica è stata la colonna sonora degli anni trascorsi all’insegna dell’effimero. E oggi è uscito il singolo con cui gli Everything But The Girl anticipano la pubblicazione di Fuse, il loro primo nuovo album in studio dopo oltre ventiquattro anni di separazione. Uscirà il 21 aprile per Virgin Music, nel frattempo si può ascoltare Nothing Left To Lose, brano di apertura dell’album contenente dieci tracce.

Scritto e prodotto da Ben Watt e Tracey Thorn, Fuse è una rivisitazione moderna della brillante anima elettronica di cui la band è stata pioniera. La voce di Thorn, ricca di effetti e sfumature, è ancora una volta in primo piano nello scintillante paesaggio di Watt fatto di bassi, beat taglienti, synth e di spazi vuoti, e, come in precedenza, il risultato è il suono di una band a suo agio nell’essere contemporanea, dal punto di vista sonoro, ma allo stesso tempo senza età. Come gli anni Ottanta, appunto.

Non siamo mai stati una band particolarmente nostalgica: siamo sempre stati conosciuti per aver fatto un disco diverso ogni volta. A volte questo significa andare controcorrente, ma cerchiamo solo restare al passo con i tempi. Volevamo tornare con qualcosa di moderno. Non siamo tornati per ripercorre il sentiero tracciato o per fare tour “best of” nelle arene

Ben Watt

«Non siamo mai stati una band particolarmente nostalgica: siamo sempre stati conosciuti per aver fatto un disco diverso ogni volta», ha detto Watt al magazine NME. «A volte questo significa andare controcorrente, ma cerchiamo solo restare al passo con i tempi. Volevamo tornare con qualcosa di moderno. Non siamo tornati per ripercorre il sentiero tracciato o per fare tour “best of” nelle arene. Volevamo realizzare un lavoro che suonasse alla grande ora nel 2023. Questo è stato il driver».

«Ironia della sorte, il suono del nuovo album era l’ultima cosa a cui pensavamo quando abbiamo iniziato il progetto a marzo del 2021», racconta Tracey Thorn. «Naturalmente eravamo consapevoli delle pressioni che un ritorno così atteso avrebbe comportato, così abbiamo cercato di cominciare con uno spirito aperto e giocoso, incerto sulla direzione da prendere e aperto all’invenzione».

La coppia ha registrato in segreto a casa e in un piccolo studio sul fiume fuori Bath con l’amico e ingegnere Bruno Ellingham. Per i primi due mesi, il nome dell’artista sui file dell’album era semplicemente TREN (Tracey e Ben), e le prime registrazioni si concentravano su montaggi di suoni ambientali e loop improvvisati di pianoforte registrati da Ben Watt sul suo iPhone a casa durante l’isolamento forzato dalla pandemia. Idee che in seguito sono sbocciate in brani d’atmosfera come When You Mess Up e Interior Space.

Man mano che la fiducia cresceva, aumentavano anche l’impulso e il ritmo dell’album, fino alla creazione dei brani successivi, come il singolo Nothing Left To Lose e Caution To The Wind. Attraversati da un’alternanza di speranza, disperazione e vividi flashback, i testi dell’album, a volte allusivi, a volte riccamente dettagliati, catturano ciò che si prova a ricominciare. 

Tracey Thorn e Ben Watt negli anni Ottanta

«È stato emozionante», spiega Ben Watt. «Si è sviluppato un dinamismo naturale. Parlavamo con parole brevi e piccoli sguardi, e abbiamo scritto insieme istintivamente. È diventato più della somma dei nostri due io. È diventato Everything But The Girl da solo».

«Dopo tanto tempo di lontananza professionale, quando abbiamo iniziato c’era contemporaneamente un attrito e una scintilla naturale in studio», aggiunge Tracey. «Per quanto avessimo minimizzato all’inizio, era come se si fosse accesa una miccia. Ed è finita in una sorta di unione, una fusione emotiva». Da qui il titolo, Fuse.

Il video di Nothing Left To Lose  è del regista Charlie Di Placido, famoso per il suo lavoro con artisti del calibro di Kojey Radical e Jungle. «Non volevamo essere nel video o fare una performance diretta», commenta Thorn. «Volevamo davvero qualcosa che drammatizzasse l’energia e l’emozione della traccia. La coreografia sembrava la via più ovvia. Ho detto che i Jungle fanno sempre ottimi video, li abbiamo cercati su Google e abbiamo contattato Charlie. È stato subito molto entusiasta. Volevamo che la danza catturasse l’atmosfera della canzone e lui l’ha subito capito, quindi li abbiamo lasciati andare avanti. Ha avuto questa brillante idea di filmare tutto in una sola ripresa».

Alla domanda se sentono l’influenza del loro suono su gran parte della musica odierna, Thorn risponde: «La nostra musica è penetrata nella colonna sonora delle generazioni più giovani, e probabilmente perché ha ispirato molte altre cose più moderne che ascoltano. Si trova abbastanza felicemente accanto alla musica contemporanea. È bello sentire i barlumi della tua influenza nel corso degli anni».

Gli Everything But The Girl hanno conquistato la scena indie britannica nel 1982 con una cruda cover jazz-folk di Night and Day di Cole Porter. In seguito, hanno pubblicato una serie di album certificati oro nel Regno Unito per tutti gli anni Ottanta, sperimentando con il jazz, il pop chitarristico, il wall-of-sound orchestrale e l’anima della drum-machine. Dopo che Watt rischiò la morte a causa di una rara malattia autoimmune nel 1992, la coppia era tornata con l’ardente folktronica di Amplified Heart, che ha venduto milioni di copie nel 1994. Il disco include il loro più grande successo, Missing. Nel 1996 seguì il frizzante Walking Wounded. Dopo il loro ultimo concerto al Montreux Jazz Festival nel 2000, i due hanno scelto di abbandonare gli Everything But The Girl.

Gli anni successivi non sono stati comunque vuoti. Ben è diventato un DJ e remixer internazionale e ha gestito la sua etichetta elettronica Buzzin’ Fly per dieci anni prima di tornare alle sue radici di cantautore con una trilogia di album solisti dal 2014 al 2020. Tracey ha pubblicato quattro album da solista, la colonna sonora del film The Falling di Carol Morley, quattro libri di saggistica e ha scritto a lungo per The New Statesman. Lo scorso anno ha dato alle stampe il libro La mia amica rock’n’roll, uscito in italiano per Jimenez Edizioni: un memoir atipico, in cui la cantante degli Everything But The Girl, ripercorre l’amicizia che negli anni Ottanta e Novanta l’ha legata a Lindy Morrison, la batterista dei Go-Betweens, una delle realtà più interessanti del panorama indie rock. Il tutto a partire non solo dall’ammirazione per quella collega musicista spuntata nella sua vita nel 1983 e, data la differenza di età (Thorn è del 1962, Morrison del 1951), assurta per lei a mentore, ma anche con un’ambizione ben precisa: ribaltare il modo in cui la storia dei Go-Betweens è stata narrata in più occasioni e in particolare nel libro Grant & I del 2016, in cui Robert Forster, frontman del gruppo australiano, descrive quest’ultimo come una creatura sua e di Grant McLennan (come si evince dal titolo), e nel documentario del 2017 The Go Betweens: Right Here, pubblicizzato con una locandina che recitava “Tre decenni. Due amici. Una band”.

Partendo, quindi, dal rifiuto di uno storytelling culturale che troppo spesso ha ridotto le donne a comparse o muse passive e, con un’operazione simile a quella condotta dalla giornalista Vivien Goldman in La vendetta delle punk, Tracey Thorn tenta di ristabilire un equilibrio tra punto di vista maschile e punto di vista femminile tratteggiando un ritratto di Lindy Morrison che riconosca alla batterista di Brisbane il giusto talento e merito. La mia amica rock’n’roll ha il merito di mostrare quanto sia dura per le donne perseguire i propri obiettivi senza dover continuamente mettere in discussione le aspettative della società rispetto al loro ruolo e senza tradire una parte di sé. E di evidenziare che non esistono super-eroine.

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