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FOOD, “eccellenze” a rischio

– Quest’anno non c’è stata produzione di miele di timo degli Iblei e sono in sofferenza anche le capre di razza girgentana. Non solo per colpa dei cambiamenti climatici. Slow Food apre la strada a un nuovo presidio: l’oliva zaituna che viene coltivata senza irrigazione

In Italia si assiste al tripudio delle “eccellenze” enogastronomiche del territorio. Convegni, tavole rotonde, degustazioni. Tutti a esaltarle ed a riempirsi la bocca (in tutti i sensi), pochi però si preoccupano della loro conservazione e della loro protezione. Così accade che gran parte della frutta secca che troviamo sugli scaffali dei supermercati proviene dalla Turchia o da Paesi del Medioriente (altro che pistacchio di Bronte!). O può succedere che la capra di razza Girgentana, tutelata da un Presidio Slow Food nato quando gli esemplari sopravvissuti erano qualche centinaio appena, dopo una fase di ripresa sia nuovamente a rischio estinzione. «La produzione di quest’anno? Saremo al 50% rispetto al solito, ma la verità è che di conti non se ne fanno. In questa situazione, non stiamo più facendo impresa: quello che ci interessa è mantenere in vita il patrimonio zootecnico, frutto dei sacrifici di generazioni di pastori prima di noi». Luca Cammarata, nell’azienda di San Cataldo.

Ma c’è chi sta peggio. Quest’anno, ad esempio, non c’è stata produzione di miele di timo degli Iblei, uno dei 392 presìdi di Slow Food, l’associazione che dal 1986 si occupa di difendere e rilanciare le “eccellenze” nostrane. L’allarme per la scomparsa del miele di timo degli Iblei è stato lanciato dalla condotta Slow Food nel corso di una tavola rotonda svoltasi a Siracusa sul valore della biodiversità nell’ambito della manifestazione “da Madre Terra alla Tavola”, tenutasi all’Urban Center di Siracusa. «Quest’anno non siamo riusciti a produrre neanche un barattolo», ha detto Rosa Sutera dell’azienda Xiridia, referente dei produttori del Presidio. «Non esistono più piante di timo sugli Iblei a causa di uno sbancamento scriteriato».

Miele di timo degli Iblei, sesamo di Ispica e mandorla romana di Noto fra i presidi di Slow Food in provincia di Siracusa

Non bastavano il cambiamento climatico, il caldo afoso, la siccità a creare problemi alla produzione di miele. A queste emergenze si è aggiunta la mano dell’uomo: dagli incendi all’uso di pesticidi, alla conversione dei terreni rocciosi in terreni agricoli attraverso lo sbancamento di molte zone di gariga, la particolare forma di vegetazione, tipica delle zone aride, costituita da cespugli bassi, arbusti ed erbe. In Sicilia, sui monti Iblei, a cavallo tra le province di Ragusa e Siracusa, rappresenta da sempre l’habitat ideale di timo e rosmarino, nonché pascolo ideale per le api. Così il prelibato nettare siracusano decantato da Ovidio, Plinio il Vecchio, Strabone e Virgilio rischia di sparire per sempre dalle nostre tavole.

Un’altra “eccellenza” che rischia di scomparire e che presto potrebbe rientrare fra i presidi di Slow Food è l’oliva zaituna. Una varietà di oliva antichissima il cui nome deriverebbe dall’arabo zaytūna (oliva, ulivo). Secondo alcuni, potrebbe essere la prima oliva coltivata in Sicilia. Si coltiva solo sulle colline che si affacciano sul golfo di Siracusa, fino a circa 400 metri di altitudine e per questa ragione è detta anche “siracusana”. In questa zona non è difficile trovare nei siti archeologici frantoi scavati nella roccia risalenti addirittura alla tarda età del bronzo (1550-2000 a.C.) e anfore di epoca ellenistica, oltre ad ulivi ultrasecolari e millenari.

La tavola rotonda che si è svolta a Siracusa

È un’oliva di grossa pezzatura, cuoriforme, di colore verde intenso con una puntinatura più tenue. L’extravergine che se ne ottiene è di grande qualità e di buona resa (17%), dal sapore fruttato medio, tendente all’intenso, con un contenuto in polifenoli superiore a 400 mg/kg (un buon olio ne deve avere almeno 200 mg/kg). Al naso si sviluppa note di carciofo e di erba verde. È un olio equilibrato, tra l’amaro e il piccante, che lascia il palato pulito e un retrogusto di mandorla amara. Adatto a tutti gli usi gastronomici, è ottimo anche su piatti delicati che non copre ma esalta.

Una delle caratteristiche importante di questa cultivar è il basso consumo irriguo necessario per la coltivazione: un elemento particolarmente importante in considerazione della crisi idrica che la Sicilia attraversa. La maggior parte degli uliveti sono coltivati senza irrigazione con ulivi a chioma a vaso rovesciato. Si sta introducendo un sistema di potatura simile al policonico per favorire il flusso linfatico e quindi la produttività.

Al momento del raccolto le olive sono brucate a mano o raccolte con gli agevolatori elettromeccanici. Successivamente sono molite in impianti a ciclo continuo a due fasi con scambiatore di calore.

Nonostante si tratti di un prodotto d’eccellenza, con qualità organolettiche di rilievo, l’oliva zaituna rischia progressivamente di sparire, sostituita sempre più spesso da coltivazioni di grano. Gli ulivi vengono espiantati e senza un’inversione di tendenza o un provvedimento a tutela dell’oliva siracusana, si rischia, negli anni, di perderla. Un rischio che Slow Food Siracusa, presieduta da Sabina Zuccaro, non vuole correre. Per questo è stato avviato un percorso che mira alla creazione di un presidio Slow Food con il coinvolgimento dei comuni di Siracusa, Canicattini, Noto, Floridia e Solarino. 

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