– A causa del cambiamento climatico e della siccità i più importanti impollinatori non trovano cibo. Previsioni catastrofiche: a rischio l’oro degli Iblei
– In una azienda di Floridia tengono in attività l’alveare somministrando fruttosio e zucchero a velo. «Senza le api, avremmo solo pane e pasta»
– Il settore minacciato anche dall’import di miele extra Ue. L’iniziativa Mielerie Aperte per far conoscere l’importanza della “bee economy”
«Tranquilli, tranquilli, non fanno niente», ripete Raimondo Vincenzo, apicoltore di lunga data, alle persone che domenica hanno partecipato alla giornata delle mielerie aperte. «Tranquilli, tranquilli, non fanno male se non le fate paura», spiega ai bambini mentre con l’affumicatore apre le arnie per fare entrare i visitatori nel laborioso e ferreo mondo delle api. «Ieri erano un po’ più aggressive, oggi lo sono di meno, probabilmente hanno trovato un modo per tornare a produrre».
Già, perché, il cambiamento climatico, il caldo afoso cominciato già in aprile, la siccità, senza dimenticare l’uso di pesticidi da parte di molti agricoltori, stanno creando problemi alla produzione di miele. Lo scorso anno in Sicilia si è registrato un calo di produzione in media tra il 70 e l’80%. E quest’anno le previsioni sono catastrofiche. L’Osservatorio nazionale conferma che «al Sud i forti sbalzi termici del mese di maggio si sono aggiunti alla siccità che dura ormai da molti mesi e che ha drasticamente ridotto la disponibilità di nettare delle piante, azzerando o limitando fortemente i raccolti di miele di agrumi, millefiori, e con ogni probabilità anche del miele di sulla». È a rischio l’oro degli Iblei: il miele.
Le api trovano sempre meno cibo, «e questo significa ridurre i consumi e ridurre anche le famiglie», spiega il signor Raimondo che ha il suo centro di produzione nelle campagne di Floridia ai piedi dei Monti Iblei presìdio Slow Food del Miele di Timo Ibleo. «Lo sa, ormai siamo costretti noi a dare da mangiare alle api. Diamo fruttosio e zucchero a velo per evitare il collasso dell’allevamento».
Raimondo Vincenzo e sua moglie Rosa Sutera portano avanti l’azienda Xiridia producendo miele d’ogni tipo. Oltre al nucleo centrale di Contrada Monasteri, a Floridia, hanno arnie sparse un po’ in tutta la Sicilia. A Vizzini per l’eucalipto, sui Nebrodi per il castagno, sugli Iblei per il timo. «S’inizia a produrre in primavera con il Millefiori e l’arancio, per finire in autunno con il carrubo (ma non sempre) e il castagno». Sono anche produttori e allevatori di api regine, un lavoro meticoloso e difficilissimo, che in pochi sanno fare, tant’è che le loro “queen” si trovano nelle arnie dalla Sicilia al Nord d’Italia.
«Lei lo sa che senza le api, avremmo solo pane e pasta», ammonisce la signora Sutera. «Non ci sarebbero frutta né verdura, gli animali non avrebbero da pascolare». Anche volessimo ignorare l’importanza delle api per gli equilibri ambientali e la biodiversità, ed essere egoisti come al solito, basti pensare che senza api e impollinatori dovremmo pensare a un mondo in bianco e nero e senza tantissime varietà di frutta e verdura che mangiamo ogni giorno. Non ci sarebbe neppure il caffè. Secondo la Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), ben 71 delle circa 100 specie di colture che forniscono il 90% del cibo nel mondo sono impollinate dalle api. Senza gli insetti impollinatori la nostra dieta sarebbe limitata, basata su riso, grano, mais e pochissima frutta e verdura.
L’iniziativa Mielerie Aperte è un modo per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza degli impollinatori, sulle minacce che affrontano e sul loro contributo allo sviluppo sostenibile. «L’obiettivo è far conoscere ai cittadini l’importanza della “bee economy”, un settore del made in Italy fondamentale per la difesa della biodiversità oggi messo a rischio da clima e concorrenza sleale», sottolinea Coldiretti.
«Da alcuni decenni numerosissime ricerche hanno messo in luce un declino diffuso e generalizzato dell’ape domestica (Apis mellifera) ed hanno individuato le cause in primo luogo nella diffusione dell’acaro parassita Varroa destructor e in secondo luogo in specifiche pressioni di origine antropica quali l’uso sconsiderato di pesticidi (agrofarmaci)», spiega Franco Ferroni di WWF Italia in una intervista al sito Interris. «Una ulteriore causa sono i cambiamenti climatici che stanno sconvolgendo il ciclo biologico di questi insetti, con degli inverni molto caldi (come quello appena passato) che determinano delle fioriture anticipate delle piante che però non trovano gli insetti pronti per l’impollinazione. A morire però non sono solo le api, ma tutti i tipi di insetti: la perdita della biomassa, cioè della quantità di insetti che noi abbiamo nei nostri ambienti e habitat, è calata negli ultimi 30 anni del 70%. Non stiamo parlando solo delle specie più rare, ma anche di quelle più comuni che stiamo perdendo in modo irrimediabile se la Politica, europea e italiana, non si muovono per la loro salvaguardia in modo efficace e rapido. I decisori politici, europei e italiani, devono agire rapidamente per la loro salvaguardia in modo efficace e rapido».
In Sicilia sono tredici le mielerie: cinque sugli Iblei e altrettante sulle Madonie, due sui Nebrodi e una sull’Etna. E, come avverte Coldiretti, non sono soltanto le api da salvaguardare, ma anche gli apicoltori. «Nel 2024 sono aumentate del 23% le importazioni di miele straniero, mentre le anomalie climatiche, con l’alternarsi di caldo, siccità e maltempo, hanno causato problemi alle fioriture costringendo gli apicoltori a ricorrere alle alimentazioni di soccorso per salvare gli alveari».
Nei primi due mesi dell’anno sono arrivati quasi 4,8 milioni di chili di prodotto straniero, di cui oltre 1/4 di provenienza extra Ue, spesso di bassa qualità e a prezzi stracciati, che esercita una pressione al ribasso sulle quotazioni di quello italiano, mettendo in difficoltà i produttori nazionali. Secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat, l’Ungheria ha praticamente raddoppiato le vendite nel nostro Paese.
«Alla concorrenza sleale dall’estero si aggiungono i problemi legati ai cambiamenti climatici che anche in questo inizio 2024 colpiscono l’alveare Italia». Secondo l’analisi dell’Osservatorio Miele, «l’abbassamento delle temperature ad aprile durante la fioritura dell’acacia, con pioggia e neve dopo un inizio anno bollente, ha danneggiato le produzioni nelle regioni centro-settentrionali e in parte anche in quelle del versante tirrenico e della Sardegna».