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“Festacrante” a Chiaramonte per lo scrittore “inalfabeto”

Domenica 16 ottobre nel paese del Ragusano una serie di iniziative per ricordare Vincenzo Rabito, l’autore di “Terra matta”, in occasione della pubblicazione postuma del secondo libro “Il romanzo della vita passata”. Le memorie di un semianalfabeta nato poverissimo nel 1899 che si esprimeva solo in dialetto siciliano e, per iscritto, in un italiano “ad orecchio”, sono state un caso letterario. La storia del Novecento raccontata da un “ultimo”

«Questa è la bella vita che ho fatto il sotto scritto Rabito Vincenzo, nato in via Corsica a Chiaramonte Qulfe, d’allora provincia di Siraqusa, figlio di fu Salvatore e di Qurriere Salvatrice, chilassa 31 marzo 1899, e per sventura domiciliato nella via Tommaso Chiavola. La sua vita fu molto maletratata e molto travagliata e molto desprezata». Comincia così il libro Terra matta. È la voce e la scrittura “ad orecchio” di Vincenzo Rabito, un uomo arrivato ai settant’anni e semianalfabeta che decide di raccontare la propria vita e impiega tredici anni a scrivere, chiuso a chiave in una stanza, affannandosi su una vecchia Olivetti per più di mille pagine fitte e senza margini. 

In Terra matta è la storia del Novecento raccontata da un “ultimo”. Incrociando molti passaggi della storia d’Italia, Rabito racconta la sua vita “desprezata”, le sue continue lotte per sopravvivere alla povertà, prima, e alla guerra, dopo. Il padre gli muore di polmonite appena quarantenne, la madre resta sola con sette figli, «quattro maschele e tre femmine». E siccome il figlio maggiore, «il più crante», che si chiama «Ciovanni» non ne vuol sapere di sostenere la famiglia perché il poco che guadagna basta appena a lui, tocca a Vincenzo farsi carico del problema perché non voleva che la madre si lamentasse «perché non aveva niente per darece ammanciare ai suoi figlie». Oltre sessant’anni dopo, quando la battaglia della vita può dire di averla vinta, Vincenzo scrive e ricorda: «Io era picolo ma era pieno di coraggio, con pure che invece di antare alla scuola sono antato allavorare da 7 anne, che restaie completamente inalfabeto».

Vincenzo fa i lavori che trova, va a vendemmiare nei paesi vicini alzandosi alle due del mattino e rubando un po’ d’uva per calmare la fame. Ragazzo del ‘99, come si disse poi con molta retorica per indicare l’ultima classe mandata al fronte, Rabito diventa militare. È l’inferno. Vista dalle trincee e con gli occhi dello zappatore Rabito, che alcune di quelle trincee è stato costretto a scavare, la guerra appare come un incredibile evento che semina morte. «Così, socesse un vero macello. E così, come dice la Storia, si hanno destinto li ragazzi del 99, che ci hanno portato tutte nel Piave cridanto: “Di qui non zi passa!”». Non sarà l’unica per il contadino di Chiaramonte. Quando arrivano i fascisti, indossa anche lui la camicia nera per un intervallo lungo ventidue anni. Poi si ritrova di nuovo in divisa: la guerra d’Africa, la Seconda guerra mondiale.

Gli episodi narrati sono infiniti e accenneremo solo allo sbocco finale: i figli di Rabito Vincenzo, che intanto è diventato per raccomandazione politica cantoniere, studiano e faranno il salto sociale che al padre “inalfabeto” era stato precluso. E proprio a uno dei suoi figli, Giovanni, che vive in Australia, si deve il ritrovamento del libro Il romanzo della vita passata, pubblicato recentemente da Einaudi e che verrà presentato con una “Festacrante” (come l’avrebbe chiamata lui) il 16 ottobre a Chiaramonte Gulfi. «Fu solo in seguito al successo di Terra matta che mi ricordai dell’esistenza di un secondo plico di dattiloscritti conservati a casa di mio fratello Turi, a Ragusa», racconta Giovanni Rabito. «Dopo la morte di mio padre ero stato proprio io a consegnare quel malloppo a mia cognata Lucia per preservarlo dalla distruzione. Temevo che mia madre avesse intenzione di buttarlo via, come fece d’altronde con tutto ciò che c’era nella stanzetta dove mio padre, quasi in segreto, per tredici anni aveva lavorato alla sua storia di scrittore “inafabeto”». Il malloppo sopravvissuto alla catastrofe è «un’Amazzonia espressiva» di liane aggrovigliate, sabbie mobili e piante lussureggianti. Una giungla di quindici quadernoni per un totale di 1.486 pagine: il secondo memoriale. Che in questa versione, ridotta e adattata proprio da Giovanni, si apre con la parola «romanzo». Perché Vincenzo Rabito, giunto alla seconda, titanica prova, forse sapeva bene ciò che stava costruendo.

Vincenzo Rabito, Chiaramonte Gulfi 1899-1981

Terra matta, pubblicato nel 2008, in anni in cui sono prevalentemente premiati la letteratura intimista e i prodotti tendenzialmente standard sfornati dalle scuole di scrittura creativa, è diventato un caso letterario, ottenendo un successo clamoroso nonostante i tanti elementi ostici: la lettura, anche nella sapiente versione di Evelina Santangelo e Luca Ricci, può risultare per molti versi difficile e faticosa; i temi trattati poco hanno a che fare con la sensibilità contemporanea, tanto è ossessiva e prevaricante su tutto la risoluzione del problema del “manciare” e del “dare ammanciare”; infine, elemento non del tutto da trascurare, Rabito era già morto da tempo, e non poteva dunque in alcun modo tornare utile alla macchina del marketing, che, da vivente, l’avrebbe magari potuto trasformare in un pittoresco personaggio da talk show televisivi, assicurando al volume visibilità sui banchi delle librerie e nelle vetrine.

Anche in assenza degli ingredienti di successo più facilmente riconoscibili, la casa editrice torinese decise di correre il rischio imprenditoriale e la prima edizione nel 2007 fu stampata nella prestigiosa collana Supercoralli. Ne sono seguite altre, per ultima anche l’edizione economica. E nel 2012 è stato adattato al cinema con il documentario Terramatta – Il Novecento italiano di Vincenzo Rabito analfabeta siciliano diretto da Costanza Quatriglio, vincitore di diversi premi, fra i quali il Nastro d’argento.

Domenica studiosi e traduttori si ritroveranno in vari luoghi simboli della cittadina montana iblea: la sala Sciascia, le due società di mutuo soccorso di piazza Duomo, il circolo di conversazione, l’ex chiesa di Santa Teresa. In collegamento con tutti i siti saranno proposte letture di brani tratti dai due libri di Rabito, proiezioni cinematografiche, performance teatrali e composizioni musicali.

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