Dieci anni fa la morte del cantautore: un libro, uno show, un disco e un docufilm ricordano questo grande artista del quale troppo spesso ci si dimentica. Il figlio Paolo: «Con Enzo Gentile abbiamo dato una veste più organizzata e chiara alla storia di papà in un libro diviso per decadi, con tante interviste». «Papà mi ha insegnato a lavorare in un certo modo ed è una cosa che mi tengo stretta, mi coccola pensare di poter interpretare o creare brani con un linguaggio che conoscevamo solo noi due»
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Cabarettista, cantautore in milanese e italiano, attore (da La vita agra a La bellezza del somaro). Con uno stile surreale, frutto dello stress della metropoli ma lucidissimo. Come lucidamente – da medico chirurgo sapeva benissimo del male che lo aveva colpito – è morto a 78 anni non ancora compiuti il 29 marzo 2013. Jannacci Vincenzo detto Enzo è stato una figura fondamentale per il mondo dello spettacolo italiano. Basta un elenco forzatamente incompleto dei personaggi con cui ha collaborato: Dario Fo e Giorgio Gaber, l’amico Beppe Viola (con cui ha scritto pezzi fondamentali come Quelli che… e Vincenzina e la fabbrica e il libro L’incompiuter), Cochi e Renato, Adriano Celentano, Luigi Tenco, Jerry Mulligan, Chet Baker, Mina, Paolo Conte. Dieci anni dopo un libro, un vinile con inediti, uno spettacolo teatrale e un docufilm ricordano questo grande artista del quale troppo spesso ci si dimentica.
Ecco tutto qui è il titolo del libro scritto a quattro mani da Paolo Jannacci e dal giornalista Enzo Gentile per i tipi della Hoepli. Già nel 2011, il figlio Paolo aveva pubblicato la biografia Aspettando al semaforo: l’unica biografia di Enzo Jannacci che racconti qualcosa di vero, ma «quello era un libro che voleva spiegare il reale del papà, che ho fatto parlare con le sue parole e storie», sottolinea Paolo. «Per i dieci anni dalla morte, invece, Hoepli mi ha proposto di celebrare papà, una cosa che non avrei fatto senza Enzo Gentile, che è un grande conoscitore di mio padre, che ha frequentato a lungo. Insieme abbiamo dato una veste più organizzata e chiara alla storia di papà in un libro diviso per decadi, con tante interviste».
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Diviso per decenni, dai primi coraggiosi esperimenti degli anni Cinquanta, fino al passo d’addio del 2013, il testo ritrae Jannacci come testimone del suo tempo, capace di dividersi tra musica e medicina, tra concerti, dischi e produzioni, tra teatro e televisione, pubblicità, regie e arti marziali, cinema e cabaret, sempre seguendo una traiettoria di umorismo, nonsense e amare riflessioni sui più sfortunati, sui derelitti, sui dimenticati dalla società. Una parabola raccontata da amici e colleghi come Renzo Arbore, Massimo Boldi, Sergio Castellitto, Romano Frassa, Dalia Gaberscik, Ricky Gianco, Gino e Michele, Gino Paoli, Gianni Rivera, Paolo Rossi, Vasco Rossi.
Oltre al libro, che porta il titolo di una canzone contenuta in Foto Ricordo, album del 1979, è prevista anche l’uscita di un vinile con alcuni inediti, dopo quelli regalati da un ignoto al giornale di strada Scarp de’ tenis’.
«Sapevo da due anni di quegli inediti, i nastri non sono miei ma della RCA e finché non si definiscono bene le cose devono rimanere nel cassetto, poi vedremo cosa farne», chiarisce Paolo. Ci sono invece «altri inediti di papà che usciranno prossimamente e sono di mia proprietà, fatti da lui e trovati negli archivi. Stiamo curando una pubblicazione come si deve. Stiamo valutando i pezzi, faremo un vinile, un disco di documenti, di primi provini degli anni Sessanta, le primissime cose».
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A settembre, poi, uscirà anche un docufilm di Giorgio Verdelli, «un bellissimo film con tante testimonianze e interviste», al quale ha collaborato lo stesso Paolo, che il 3 giugno salirà sul palco degli Arcimboldi di Milano per Jannacciami, uno spettacolo «dove ho chiamato amici, colleghi musicisti e un’orchestra d’archi per celebrare al meglio il compleanno di papà».
A Enzo Jannacci Milano ha già intitolato una casa d’accoglienza, ma per il decennale «l’assessore alla cultura di Milano Tommaso Sacchi mi ha contattato per organizzare qualcosa. Chiunque è contento di poter aver conosciuto o sentito mio padre, c’è un’attenzione bella e il desiderio di ricordarlo, e sono attento a farlo anche io: mi ha insegnato a lavorare in un certo modo ed è una cosa che mi tengo stretta, mi coccola pensare di poter interpretare o creare brani con un linguaggio che conoscevamo solo noi due. L’elemento geniale ce l’aveva lui. Quando capisci i tuoi limiti, ci convivi e riesci a creare qualcosa di meraviglioso. Il rapporto era così bello perché entrambi conoscevamo i nostri limiti. Lui non aveva tante sfumature, era tutto o bianco o nero».