Interviste

Giovanni Santese “Forever vecchio”

Lo spettacolo del cantautore pugliese fa scalo a Taranto sabato 1 aprile. Porta il titolo del nuovo album in uscita il 21 aprile. Ironia, divertimento, giochi di parole, ma anche momenti di riflessione. «Dobbiamo fare bellezza, dobbiamo urlare di gioia, combattere in scioltezza contro il brutto e la noia» canta in un brano, mentre in “Algoritmo” parla dei rischi dell’intelligenza artificiale. «Il videoclip realizzato utilizzando l’A.I.»

Da non giovanni, rigorosamente tutto minuscolo, a sì Giovanni, per giocare con le parole come fa lui. Ovvero Giovanni Santese, classe 1983, pugliese di Grottaglie, alla sua seconda opera prima con Forever vecchio, titolo dell’album che uscirà il prossimo 21 aprile e dello spettacolo che sta portando in giro per l’Italia, segnale di quella vena ironica e un po’ surreale che scorre nelle sue canzoni. 

«È un disco più maturo sia per l’età sia per la produzione, con il quale voglio mettere la parola “fine” nella divisione fra il Giovanni che suona e l’altro che fa altri lavori. Per quanto continui a restare affezionato al personaggio, ma voglio fare pace con il mio cognome».

Il Giovanni che suona era il “non giovanni”. Invece l’altro che lavori faceva?

«Io insegno filosofia alle Superiori, ma a quel tempo mi auto-battezzai non giovanni perché facevo un lavoro d’ufficio noioso che non mi piaceva. Non giovanni rappresentava una ribellione a quella vita, una sorta di alter ego, un supereroe che la notte si trasformava e andava a suonare nei locali. Oggi che ho un rapporto più sereno con il mio lavoro non ho più bisogno di una maschera».

Se non giovanni assomigliava a Caparezza e Cocciante, come cantava in Sarò Famoso, Giovanni Santese chi ricorda?

«Lì parlavo di somiglianze fisiche. Certo, Giovanni Santese non può dire di non somigliare a nessuno. Resto nel solco del cantautorato. C’è una maggiore ricerca di una mia identità, non che non ci fosse prima, ma adesso è più spiccata. In tal senso è stato di grande aiuto Taketo Gohara, che ha già lavorato con Brunori Sas e Vinicio Capossela. Quando sono andato da lui ho portato le canzoni destinate al nuovo disco. Alcune sono state tenute, altre no. Con Taketo ho scritto tantissimo per arrivare a distillare quelle dell’album».

Algoritmo, uno dei brani del nuovo album, ha una cadenza che ricorda Jovanotti, ma è più jazzy, soffuso.  

«Sì, è vero, c’è una parte parlata, hip hop. Ha l’andamento delle musiche di Mac Miller, che ho ascoltato molto prima della sua scomparsa prematura. Io volevo una musica ipnotica come quella sua. Quattro accordi sui quali girare all’infinito».

Algoritmo prospetta una visione distopica del futuro: un destino che sarà determinato da una intelligenza artificiale.

«È una esasperazione di una cosa che esiste e con la quale dobbiamo fare i conti. Io ho esagerato un poco. L’idea è quella di avvertire che stiamo perdendo il controllo della nostra vita, che si potrà giustificare qualsiasi azione perché non responsabili, perché suggerita da un algoritmo. Non sono pessimista. Però, se non ci distacchiamo un po’, corriamo il rischio di non controllare le nostre azioni. L’algoritmo è ormai ovunque, nel gps, in Spotify, nei driver che ci portano la pizza. Non è un male, comporta dei vantaggi, il problema è il controllo».

Noi non sappiamo se l’opera d’ingegno che può produrre una intelligenza artificiale potrà piacerci o meno. L’algoritmo, tuttavia, è stato creato dall’uomo, è una estensione del nostro modo di essere. Non so se una canzone creata dall’intelligenza artificiale mi emozionerà

Giovanni Santese

Peter Gabriel, parlando di recente di intelligenza artificiale, ha detto che bisogna «conviverci e includerla nella nostra vita quotidiana per poterla comprendere meglio. Faremo meglio a catturare gli algoritmi e ballare con loro, piuttosto che combatterli».

«Sostanzialmente concordo con Peter Gabriel. Noi non sappiamo se l’opera d’ingegno che può produrre una intelligenza artificiale potrà piacerci o meno. L’algoritmo, tuttavia, è stato creato dall’uomo, è una estensione del nostro modo di essere. Non so se una canzone creata dall’intelligenza artificiale mi emozionerà. È da vedere».

Il videoclip di Algoritmo è stato realizzato utilizzando l’intelligenza artificiale.

«È venuto fuori un video divertente, a tratti surreale. Mi è piaciuto. Devo tutto al lampo di genio di Pierfrancesco Annicchiarico, il grafico con cui collaboro da sempre, che ha lanciato l’idea di lasciar lavorare l’intelligenza artificiale nel progetto grafico di questo singolo. Il nostro intervento è stato quello di fornire le istruzioni per la creazione delle immagini, partendo da frasi estrapolate dal testo della canzone. L’intelligenza artificiale non ha fatto altro che rubare illustrazioni create da qualche parte da un uomo».

Nel suo spettacolo ci sono momenti teatrali.

«È stato messo su con la complicità di Lorenzo Kuger dei Nobraino che è un ottimo regista e performer. Lo avevo contattato per la realizzazione del video di Questo amore, un’altra delle canzoni del nuovo album, e gli ho chiesto di aiutarmi a costruire il “live” che ha il titolo del disco Forever vecchio. È uno show molto curato, abbiamo scritto alcuni monologhi che vengono intervallati alle canzoni. Sono collegati ai brani in scaletta, sono aneddoti della mia vita. Il concerto è pensato come un trasloco: ci sono lenzuola sugli strumenti e tante scatole di cartone, a ciascuna delle quali, quando le apro, corrisponde una canzone. In una trovo multe e bollette e introduco Questo amore, una canzone sulla quotidianità di una relazione come l’ho vissuta io. Io sono sul palco insieme a tre musicisti. È uno spettacolo leggero che ha avuto il 18 marzo a Pesaro la data zero e sabato 1 aprile debutterà allo Spazio Porto di Taranto».

È uno spettacolo con cui Giovanni Santese vuole volare alto come dice in Dobbiamo fare bellezza, altro brano inserito in Forever vecchio, tenera ballata dedicata al figlio in cui canta: «ti diranno di volare basso, ti servirà a volare ancora un po’ più in alto» («riguarda me ed è una cosa che mi è stata detta, che ho vissuto e che ho voluto riportare a mio figlio»), e poi «dobbiamo fare bellezza, dobbiamo urlare di gioia, combattere in scioltezza contro il brutto e la noia» («è un atteggiamento, uno stile di vita, un’intenzione che vorrei ricordare sempre»). Perché se non sappiamo ancora se un’opera prodotta da un algoritmo riuscirà mai a emozionarci, la bellezza di canzoni come queste invece continua a sorprenderci.

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