Disco

È nata una nuova stella, si chiama Olivia Dean

“Messy” è il titolo dell’album pubblicato dopo una serie di singoli  e due milioni di follower su Spotify. Un album vintage con richiami al soul della Motown ma che guarda avanti, mettendo insieme Amy Winehouse, Lauryn Hill e Carole King

Olivia Dean, 24 anni, pubblica canzoni dal 2018, abbastanza a lungo da far sembrare il suo primo album un punto di svolta invece che un’introduzione. Con una serie di uscite EP e due milioni di follower su Spotify, Dean ha accumulato abbastanza fan – tra cui Elton John – per essersi esibita al festival di Glastonbury del 2023. Adesso con l’album Messy, uscito il 30 giugno, riafferma ciò che ha fatto bene, rivendicando anche nuove possibilità.

È nata a Londra — da madre guianese-giamaicana e padre inglese — e ha assorbito la musica dalla collezione di album di suo padre (il suo secondo nome è Lauryn, in omaggio a Lauryn Hill). Ha cantato in un coro gospel e ha preso lezioni di teatro musicale. E come Amy Winehouse, Adele, Leona Lewis, Raye, Jessie J e Imogen Heap, ha mostrato abbastanza talento giovanile per frequentare la BRIT School of Performing Arts. 

Olivia Dean è la classica bellezza acqua e sapone. Non si trucca, una cascata di capelli ricci spesso raccolti in due trecce, una figura minuta. Unico vezzo due orecchini d’oro che penzolano dalle sue orecchie. È una di quelle persone che non deve fare alcun minimo sforzo per sembrare bella. Così è la sua musica, semplice, pura, senza trucchi, come si faceva una volta: batteria, basso, tastiere e una voce, limpida, calda, colloquiale. Conquista senza ricorrere a effetti speciali, trasgressioni, urla, provocazioni, puntando sulla bellezza e il talento. È una cantante dai toni cremosi, con sfumature jazz e testi doloranti ma resilienti, radicata nella classica scrittura di strofe, ritornelli e bridge.

L’album Messy chiarisce l’esperienza pop-soul di Olivia Dean. Dà al soul vintage di Memphis un’elegante lucentezza elettronica in The Hardest Part, una canzone che ha pubblicato nel 2020 e che è stata trasmessa in streaming decine di milioni di volte. La canzone parla di capire – con rammarico e sollievo – che ha superato una storia d’amore giovanile. 

Messy ostenta anche la maestria del soul con Dive, una ballata morbida e piena di archi sul cedere all’infatuazione. La melodia push-and-pull mostra l’influenza di Winehouse, uno dei modelli evidenti di Olivia Dean, anche l’umorismo nero di Amy qui si trasforma in pensiero positivo e cura di sé.

Un’altra canzone soul retrò, Ladies Room, offre un’idea decisamente post-Motown: canta una donna abbia diritto all’indipendenza e al tempo da sola anche come parte di una coppia. “Adoro stare nel tuo spazio / Ma a volte ho bisogno di un po’ di spazio”, spiega.

Mentre non abbandona il pop-soul, Messy testa con determinazione altre possibilità. La canzone del titolo – che ammette che una piccola imperfezione va bene – si avvicina al folk psichedelico, con chitarra e pianoforte low-fi che richiama Carole King. No Man lamenta un partner emotivamente distante in una ballata lunatica e deformata dal tempo, che sovrappone percussioni elettroniche e archi tristi. Apre l’album con UFO, che fonde strimpellate folk con armonie vocali elaborate da vocoder, mentre lei, alla David Bowie, interpreta un alieno: “Ho bisogno di un posto dove atterrare/potrei anche cadere nelle tue mani terrene”.

La scrittura delle canzoni rimane vecchia scuola: melodie e testi diretti, strutture chiare, nessuna transizione saltellante, nemmeno un rapper ospite. E mentre le canzoni di Olivia Dean si concentrano su questioni di cuore facilmente riconoscibili, lei conclude l’album con una dichiarazione della propria distinta identità. Carmen è un tributo alla nonna, arrivata in Inghilterra dalla Guyana durante l’ondata di immigrazione caraibica che ora è chiamata generazione Windrush. È una marcia allegra, con tamburi d’acciaio e corni di carnevale. “Non c’è modo di sapere come costruire una casa/Nella patria di qualcun altro”, canta Dean. “Hai trapiantato un albero genealogico / E una parte di esso è cresciuta in me”. La canzone è raffinata come tutto il resto dell’album. 

La musica “live” rimane comunque la priorità. «Amo così tanto cantare per le persone, mi dà così tanta gioia», confessa, paragonando l’andare in tournée alla preparazione dei pancake. «Il primo è probabilmente un po’ losco, ma non l’hai davvero azzeccato. Adoro quando le cose vanno male: quelli sono stati i miei programmi preferiti, è il disordine che lo rende divertente».

Sono queste imperfezioni che hanno ispirato e rendono grande il suo primo album.

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